Firenze

Madonna di Loreto: mons. Gambelli, “siamo chiamati a volare verso la casa di Dio”

Nell'omelia a Santa Croce in occasione della solenne celebrazione per la Madonna di Loreto, patrona dell'Aeronautica Militare e degli aviatori, l'arcivescovo di Firenze ha ricordato questa mattina le vittime e i feriti dell'esplosione avvenuta nell'impianto di Calenzano

Mons. Gherardo Gambelli, arcivescovo di Firenze

“In questa celebrazione desidero rivolgere un pensiero particolare alle famiglie delle vittime dell’esplosione avvenuta ieri nel deposito Eni di Calenzano, esprimere le mie condoglianze per i defunti, la mia vicinanza ai feriti, la mia riconoscenza ai soccorritori. Li ricordiamo tutti nella preghiera affidandoli all’intercessione della Beata Vergine Maria”.

Con un pensiero alla tragedia a Calenzano, mons. Gherardo Gambelli, arcivescovo di Firenze, ha iniziato l’omelia della messa presieduta stamattina nella basilica di Santa Croce per la festa della Madonna di Loreto, patrona dell’Aeronautica militare e degli aviatori.

La pubblichiamo integralmente.

Fin dal 1920, voi Aviatori, siete stati affidati a questa potente Patrona. Fu il papa Benedetto XV che, accogliendo il desiderio dei piloti reduci della prima guerra mondiale, proclamò la Madonna di Loreto “Patrona di tutti gli Aeronaviganti”, in ricordo di quel miracoloso “volo” che la tradizione vuole sia stato effettuato dagli angeli che trasportarono la Santa Casa di Nazareth fino alla cittadina marchigiana di Loreto. Da allora ogni anno, in questo 10 dicembre, l’aeronautica militare e l’aviazione civile celebrano la loro patrona.

Una festa che ci invita a confrontarci con l’esperienza di Maria, la donna Vergine e Madre, pensata da Dio fin dall’eternità, segno luminoso di speranza dopo la caduta dei nostri primogenitori nel paradiso terrestre. Come in ogni festa di Maria, è lei che ci guida e ci conduce a Cristo. La prima lettura, tratta dal profeta Isaia ci dice che “Il Signore vi darà un segno: “Ecco la Vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emanuele, che significa Dio con noi”. Sarà l’Arcangelo Gabriele, molto tempo dopo, a mostrarci l’esaudimento di quella antica profezia: “Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù”.

Il segno di cui parla Isaia profeta è lo stesso segno di cui parla san Paolo nella seconda lettura, dalla lettera ai Galati: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna.”

In quella casa di Nazareth, alle parole dell’Annunciazione, che abbiamo ascoltato proclamate nel Vangelo, Maria risponde, “Avvenga per me secondo la sua Parola, sia fatta la sua volontà”; FIAT . . è la decisione ferma e definitiva di Maria alle parole rivelatrici dell’arcangelo Gabriele. Il suo fiat (sia fatta la sua volontà) è un fiat non sciocco, non superficiale, ma motivato, consapevole e profondo a Dio, l’Amico e lo Sposo fedele, l’unico Salvatore e Signore del mondo e della storia. Fare la volontà di Dio, è lo stile del cristiano consapevole, come ci dice Gesù, che, richiesto dagli apostoli di insegnare loro a pregare, ci consegna il Padre nostro che ha questa invocazione centrale “sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.

Ancor prima che il suo Figlio Gesù prenda carne nel suo corpo, e venga alla luce, Maria è già la sua perfetta discepola, e già lo segue nella via di una libertà che diventa dono e disponibilità piena e libera della sua vita per Dio e per gli uomini, come ci ha ricordato il racconto dell’Annunciazione.

In quella casa di Nazareth si decise del destino dell’umanità, si posero le basi della Redenzione degli uomini, della nostra salvezza.

La Vergine della Santa Casa di Nazaret, la Vergine di Loreto, patrona degli aviatori, è la Vergine di quella casa, che è la casa del sì; del sì di Maria, ma anche – e ancora di più – del sì che il suo stesso Figlio, Gesù, continuamente ha detto a Dio suo Padre, vivendo la comunione con gli uomini; e del sì che ognuno di noi è chiamato a pronunciare nelle scelte essenziali della nostra vita.

Il sì di Maria, il sì di ogni cristiano è un vero e proprio “volo” che siamo chiamati a fare, per elevarci al livello di Dio e poter fare la sua volontà, come si ricorda anche nella preghiera dell’aviatore “Noi siamo uomini ma saliamo verso di Te dimentichi del peso della nostra carne purificati dei nostri peccati”.

Non a caso nello stemma dell’Aviazione è rappresentata l’aquila in volo. Non è un caso che la Bibbia usi varie volte questa immagine del «volo d’aquila», per raccontare l’esperienza della salvezza e della libertà.

Nella Sacra Scrittura troviamo varie immagini del volo dell’aquila a significare il volo discendente di Dio verso gli uomini e il volo ascendente degli uomini verso Dio. Nel libro dell’Esodo ad esempio c’è una autentica immagine “aerea” come sintesi dell’azione di Dio nei confronti del suo popolo, si legge al cap. 19, dove Dio si rivolge al suo popolo, Israele, da poco uscito dalla schiavitù dell’Egitto, e gli dice: «Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli”. Israele ha vissuto la libertà, ricevuta come dono inaspettato e gratuito di Dio; una libertà che lo ha sottratto dalla schiavitù dell’Egitto e lo ha fatto arrivare alla presenza di Dio. Anche il libro del Deuteronomio riprende la bella immagine del volo «su ali d’aquila»: «Come un’aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, Dio spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali. Il Signore, lui solo lo ha guidato, non c’era con lui alcun dio straniero».

Il volo dell’aquila rappresenta l’umanità che è in viaggio verso quel desiderio di pienezza di vita, che è presente nel cuore di ogni persona. Siamo chiamati a volare in alto. Il volo dell’aquila diviene come la metafora della vita. Noi siamo chiamati a volare verso la casa di Dio, dove si trova il compimento di tutto. Quando siamo stati battezzati, noi cristiani in qualche modo abbiamo spiccato il volo.

Maria non ha esitato a spiccare il volo quel giorno nella santa casa di Nazareth. È lei che oggi ci richiama, quindi, la vocazione a volare alto con il nostro spirito e la nostra vita, con le ali della fede, della carità e della speranza.

Guardando la terra dall’alto vediamo che la terra è bella, tutta verde e azzurra, pulita e innocente, dall’alto non si vede la miseria della guerra, della povertà, della fame, della violenza, dall’alto non si vede il male. Ma sappiamo che sono realtà concrete purtroppo. Per questo volare alto significa anche essere capaci di sollevare il capo e guardare al luogo dove sta la salvezza, dove sta la risposta: la dimora di Dio

Non dobbiamo aver paura di stare in alta quota. Solo così possiamo guardare meglio alla nostra esistenza, al mondo che ci circonda, perché ci si solleva sino allo sguardo di Cristo sulla vita e sulla storia.

Mi è caro citare papa Francesco, che parlando proprio a voi aviatori, ha detto: Per voi “volare alto” significa essere operatori di pace, servire la pace sia nelle missioni in volo sia nei servizi a terra, sia in patria sia fuori, in zone di conflitto. La Santa Casa di Loreto ci ricorda che, dovunque siamo, abbiamo una casa che custodisce le nostre radici cristiane; e abbiamo una Madre che veglia su di noi. La casa è la Chiesa e la Madre è Maria. Da lei impariamo soprattutto l’umiltà, che è la via che conduce al Cielo”.

Auspico che si realizzi per ognuno di voi, cari aviatori, quello che chiedete nella preghiera dell’aviatore: Tu, Dio, dacci le ali delle aquile, lo sguardo delle aquile, l’artiglio delle aquile.

La Vergine di Loreto custodisca tutti gli aviatori, e custodisca tutti coloro che solcano i cieli; e aiuti loro, e tutti noi, a essere riconoscenti a Dio per il dono di volare liberi verso di Lui; e ci aiuti a fare di questa libertà, come dice Paolo, non un pretesto per vivere secondo il nostro egoismo, ma la radice di una carità sempre più forte e piena, riflesso dell’amore senza riserve del Dio che ci ama, ci libera e, sollevandoci su ali di aquila, ci fa giungere fino a Sé.