Uno dei quadri più suggestivi della festa della Madonna del Conforto ci è offerto dall’incessante scorrere dei fedeli davanti alla balaustra della Cappella, nella Cattedrale di Arezzo. Un impercettibile referente inchino, un segno di croce, uno sguardo in alto ad incrociare l’immagine della Vergine riprodotta nella terracotta invetriata. Un sacerdote incessantemente benedice i fedeli, i giovani scout e i volontari che fanno servizio in Duomo distribuiscono i santini con l’immagine della Madonna. Ogni visitatore la porta con sé. Qualcuno si sofferma un momento e prega con il testo riprodotto sul retro. Quel minuscolo e modesto foglietto si perderà poi in un cassetto o fra la tanta carta delle nostre case, ma talvolta può anche finire in una borsetta, in un portafogli, in un angolo dell’abitazione come segno benedicente e come auspicio di protezione.È questo uno degli ultimi segni che legano il nostro tempo al passato. Fino a pochi decenni addietro in ogni abitazione, specie quelle rurali, era ben in vista una immagine devozionale simile a quella che riceviamo visitando la Madonna del Conforto. Un’iconografia elementare e piena di elementi simbolici raffigurava i santi protettori, la Vergine Maria, scene della vita di Gesù dalla nascita alla crocifissione, alla risurrezione. Piccole e modeste immagini che fedeli, religiosi, sacerdoti erano soliti inserire fra le pagine dei libri di preghiere, nel Messale, nel Breviario. Modeste riproduzioni sacre, accompagnate nel risvolto da inni orazioni e dediche, che i soldati ponevano nella loro bisaccia per sentirsi protetti; e quando tornavano vivi dal fronte la ponevano ben in vista nella casa come segno di ringraziamento.Ma la tradizione di tener vicino una di queste immagini non è tramontata con l’arrivo delle fabbriche e delle officine. Il santino o la riproduzione sacra era facile trovarli sopra i banchi di lavoro, vicino ad una catena di montaggio, sul cruscotto di una macchina operatrice.Se gli affreschi e i dipinti di ispirazione religiosa dei grandi maestri del Rinascimento proponevano ai fedeli vere lezioni visive di catechismo e di teologia, la semplice iconografia devozionale ha rappresentato per secoli la pietà e la cultura popolare; ha narrato le passioni, le tradizioni, l’identità di un popolo e di una terra, come ci testimoniano le molte raffigurazioni della Madonna del Conforto fin da quando gli aretini la venerano dopo l’evento miracoloso del 1796 quando la terracotta si illuminò liberando la città dalla piaga del terremoto.Anonimi artisti la raffigurarono dopo il miracolo con il suo velo azzurro e la sua veste dorata. Da subito venne modificata la scritta «valgare» di «Santa Maria» della modesta terracotta originale in quella più «formale» di «Sancta Maria». Pochi anni dopo con i moti del Viva Maria la sua immagine trovò infinite rappresentazioni. In un quadro domina il campo di battaglia sopra un angelo giustiziere che recita il salmo «siano come pula al vento e l’Angelo del Signore li disperda». In un altro accompagna dal cielo con serafini in festa le truppe aretine al suo ingresso trionfale a Firenze; in altri ancora protegge gli insorgenti aretini nelle loro battaglie contro i giacobini e o li assiste quando costituiscono il governo provvisorio. Poi la sua immagine domina bandiere e gagliardetti, stendardi e cerimonie. Ma oltre questo drammatico periodo storico la Vergine degli aretini è stata raffigurata in molteplici riproduzioni realizzate con diverse tecniche e secondo gli stili grafici del tempo: dalle rappresentazioni arricchire da motivi floreali ad altre accompagnate da altri simboli sacri come in occasione del Congresso eucaristico del 1921, ad altre ancora modeste e in bianco e nero come il minuscolo foglietto stampato per il terzo cinquantenario nel 1946. Dal 1814, data della sua incoronazione, l’immagine cominciò ad essere riprodotta con la corona dorata. Due raffigurazioni furono particolarmente curate: quella per l’Anno mariano del 1954 in cui veniva venerata dal vescovo Donato e dal beato Gregorio X e l’altra che ricorda il Congresso mariano del 1931 quando la troviamo all’interno di un tabernacolo disegnato in un indistinto stile fra il barocco e il tardo liberty.Anche ai nostri giorni, oltre che attraverso immagini fotografiche, la Madonna del Conforto ha ispirato artisti locali, come nel moderno manifesto per la mostra di pittura contemporanea «Salve Regina» che si tenne ad Arezzo nella chiesa di Santa Caterina nel febbraio 2005.Così, anche attraverso l’iconografia, riusciamo a capire il profondo legame che esiste fra la gente di Arezzo e la Vergine del Conforto: un’arte povera al servizio di una fede ricca e diffusa.di Alessandro Gambassi