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Ma per accendersi interiormente ci sono pur sempre mille occasioni

di Mario MeiniVescovo di Pitigliano-Sovana-OrbetelloSull’impegno della Chiesa nell’annuncio del Vangelo è stato detto un po’ di tutto. È la sfida di sempre, che continua a presentarsi sotto nuove forme, è l’impulso gioioso e semplicissimo di chi è rimasto affascinato e non può fare a meno di raccontare la sua esperienza.

La prima considerazione riguarda «Chi» annunciamo. «Chi», non «che cosa», o quale dottrina, quali norme morali… Annunciare il Vangelo è essenzialmente annunciare Gesù Figlio di Dio; il resto è conseguenza. Del resto non possiamo ignorare che certe scollature e anche i relativi scoraggiamenti sono da attribuire non tanto al rifiuto della persona di Gesù Figlio di Dio, quanto piuttosto alla incomprensione e alla difficile accettazione di norme e sistemi offerti e imposti prima ancora di aver effettivamente incontrato Lui e la forza liberante del suo Vangelo. È giusto e doveroso che la Chiesa dica chiaramente i suoi «no» su vari argomenti, specialmente di ordine morale; ma prima ancora la Chiesa è chiamata a presentarsi come la comunità di coloro che gioiosamente dicono «sì» a Gesù Figlio di Dio.

La seconda considerazione riguarda i destinatari dell’annuncio. Certo non mancano coloro che hanno scelto di chiudersi al vangelo, anche se forse si tratta di una specie più rara di quanto si voglia mostrare. A dire il vero non mancano neppure certi assidui praticanti che si sentono già talmente «praticanti» da non pensare neppure lontanamente che per credere al vangelo ci si debba convertire di continuo. Ma c’è soprattutto tanta gente, che, in diversi modi e a diversi livelli, quando si parla con semplicità e serietà di Gesù e del suo vangelo, si sente ardere il cuore dentro il petto: una liturgia ben celebrata, una esperienza forte, un colloquio sincero, un momento di crisi, un incontro eccezionale, una lettura o uno spettacolo inquietanti… Mille e diverse occasioni per accendersi interiormente per una esperienza e una avventura di fede che solo Dio conosce.

La terza considerazione riguarda i «luoghi» dell’annuncio. Pensa prima di tutto alla famiglia, spesso imputata di disattenzione nel trasmettere la fede. Molto è cambiata oggi la famiglia, ma rimane pur sempre il luogo fondamentale per coltivare (o non coltivare) la fede: la fede dei bambini ancora ingenua, quella degli anziani forse un po’ ferita, l’una e l’altra comunque non distante da quella smarrita o magari appena riscoperta degli adulti.

Accanto alla famiglia, l’altro punto insostituibile di incontro e di missione è la parrocchia. Le grandi parrocchie di periferia e le parrocchie ormai disabitate, ma pur affollate, dei centri storici; le anonime parrocchie di città dove soltanto pochi si conoscono fra loro e le piccole comunità rurali dove si sa tutto di tutti. In ogni modo punti di riferimento per chi cerca la fede nell’ordinarietà e nella semplicità della vita quotidiana. L’importante è che la parrocchia non si trasformi in una agenzia più o meno efficiente di servizi e si presenti sempre e comunque come luogo privilegiato per l’incontro col Signore. Penso ancora alla testimonianza diretta nella scuola e negli ambienti di lavoro. Penso ai luoghi di riposo e di turismo. Tante iniziative sono in corso e tante altre sono ipotizzabili. Al di là di tutto resta quella percezione interiore di chi si rivolge all’amico o al compagno dicendo: «Almeno se avessi la tua fede!». E non sono percezioni rare, specialmente nei momenti più delicati della vita. L’annuncio del Vangelo passa non di rado attraverso queste testimonianze.

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