Cultura & Società
Ma che volto avevano gli antichi?
Ma erano proprio così, nella realtà, i personaggi antichi che noi adesso vediamo immortalati nei monumenti di marmo o di bronzo? Le loro facce erano proprio quelle tramandateci dall’arte e dalla storia? Chissà. Per saperne di più abbiamo girato la domanda a Francesco Mallegni, uno che di volti se ne intende davvero, visto che ne fa e ne disfa per mestiere. Docente di Paleontologia umana e di Antropologia all’Università di Pisa, dopo aver ultimamente rifatto i «connotati» a Giotto (restituendogli quelli originali), lo studioso toscano sta attendendo gli esiti dell’esame del Dna per far definitivamente luce sulla vicenda del Conte Ugolino.
«La prima considerazione da fare spiega Mallegni per rispondere alla nostra curiosità è sapere se siamo dinanzi ad un’opera greca classica oppure a un’opera romana. Bisogna fare dei distinguo. Le opere greche del periodo classico sono tutte idealizzate secondo un canone di bellezza inventato dagli stessi greci. Prassitele, Fidia, Polignoto facevano volti molto belli, anche se nella realtà certe facce non le troveremo mai. Certi nasi sono inesistenti, per non parlare di quelle bocche così piccole. Quando andiamo sulle opere romane oppure sulle greche del periodo alessandrino, le cose cambiano.».
In che senso?
«Nel senso che in questi casi troviamo una corrispondenza di fattezze che possiamo considerare proprio dell’uomo che voleva essere rappresentato. Se ci imbattiamo in statue di Giulio Cesare, anche se fatte da mani diverse noi possiamo, confrontandole, rivedere sempre la stessa fisionomia; dunque sono opere reali; il che vuol dire o che gli artisti avevano avuto Cesare come modello o quantomeno avevano potuto vedere opere precedenti fatte su di lui. Ogni viso è caratterizzato, diverso da quello degli altri personaggi. Mentre nelle statue greche del periodo classico noi vediamo rappresentati sempre gli stessi visi, durante l’epoca alessandrina, subito dopo Alessandro Magno, i ritratti ricopiavano il personaggio. Anche Alessandro Magno ha un viso classico ma già con qualche caratterizzazione particolare. Nella latinità c’è proprio questa tendenza a voler rappresentare proprio il personaggio reale».
E questa caratteristica era propria anche degli etruschi, vero?
«Esattamente. Quelle che gli etruschi facevano sui coperchi dei sarcofagi erano facce l’una diversa dall’altra, magari molto primitive ma tese a rappresentare un popolo reale; tanto è vero che sembrano tanti contadini come anche ora si trovano nelle campagne della Toscana».
Passando ai nostri giorni e alla sua attività, qual è la tecnica che usa per ricostruire i volti?
«Nel mio lavoro ho solo il cranio a disposizione, non ho una figura da copiare. La tecnica da me usata è quella della medicina legale americana impegnata a ricostruire il volto di persone scomparse attraverso resti cranici rinvenuti. Il metodo consiste nel fare un calco del cranio del soggetto, per evitare che un intervento diretto sull’originale possa recargli danno. Al calco vengono applicati dei piccoli pioli di spessore diverso a seconda dei punti del viso: sulla fronte avrò poca carne, nelle gote ne avrò parecchia. Ogni piolo viene collegato con gli altri da strisce di plastilina. Si crea così una serie di triangoli che vengono riempiti di plastilina tenendo conto della muscolatura, del soggetto e via dicendo. Si passa poi ad inserire i globi oculari, a tracciare il naso e la bocca».
A questo punto è fatta?
«A questo punto si fa il confronto con eventuali ritratti esistenti del personaggio. Per quanto riguarda Giotto, per esempio, il confronto è stato fatto con quello del Giudizio Universale della Cappella degli Scrovegni a Padova. Il volto è venuto molto simile anche se noi lo abbiamo fatto più vecchio. Qualche anno fa anche il volto del musicista Luigi Boccherini è venuto uguale a quello del dipinto fatto da Goya».
Attualmente a cosa sta lavorando?
«Al volto di Santa Mustiola. Lo scheletro si trova a Chiusi. Noi abbiamo fatto un calco del cranio e ci stiamo lavorando a Pisa. Il lavoro procede bene. È molto bella ed ha un viso regolare, farà piacere ai suoi devoti. In seguito monteremo il volto sopra il suo scheletro, la vestiremo con un peplo dell’epoca del II secolo d. C. e poi sarà custodita dentro un’urna e affidata alla devozione dei suoi fedeli».
Professor Mallegni, è contento del suo volto?
«Direi di sì. Sono un misto fra i miei genitori. Assomiglio alla mamma negli occhi, nel naso e nella bocca, a mio padre nel faccettone che mi ritrovo, nelle rughe che mi stanno venendo perché purtroppo a 62 anni è naturale…».
Un consiglio: prima che aumentino, sarebbe opportuno cercare qualche buon scultore per un bel ritratto. Perché anche l’uomo che ricostruisce i volti, in fondo, ha un po’ il diritto di essere immortalato per i posteri.
L. P.