Pisa

L’UOMO DA INGRANAGGIO A PROTAGONISTA DEL LAVORO

di Dario Gherardi*

Il prossimo 1 maggio la Chiesa Cattolica ricorda san Giuseppe lavoratore, presentandolo come esempio di uomo che attraverso il suo lavoro di artigiano collabora alla realizzazione del disegno del Padre di «soggiogare la terra».Nella ricorrenza di questa festa, la sera di venerdì 30 aprile alle ore 21, nella basilica San Piero a Grado, si terrà una veglia di preghiera dal titolo «Ho lavorato con queste mie mani», riflessioni sull’importanza del lavoro nella vita dell’uomo. L’espressione «soggiogare la terra», ripresa e approfondita all’interno dell’enciclica «Laborem exercens» di Giovanni Paolo II, indica due dimensioni importanti del lavoro. La prima: l’uomo è soggetto e non solo oggetto del lavoro; la seconda: l’uomo utilizza la tecnica per migliorare la propria condizione di vita e quella dell’intera società umana. Insomma, l’opera prestata dall’uomo diviene «segno» attraverso il quale collabora alla realizzazione del piano divino, e nello stesso tempo diviene fonte di benessere per se, per la sua famiglia e per l’intera società civile. Se visto in tale prospettiva, il lavoro potrebbe rientrare nella categoria del «dono» offerto a Dio e agli altri uomini, il contributo dei singoli lavoratori alla realizzazione del bene comune. Dico potrebbe, perché il più delle volte è pensato come «dovere da compiere quotidianamente» per il sostentamento di se stessi e della propria famiglia. Ieri era l’industrializzazione ad aver ridotto l’uomo a semplice «macchina» e il lavoro a semplice strumento di sopravvivenza. Oggi è la richiesta di professionalizzazione a porre alcuni problemi. Il primo: gli uomini meno «qualificati» non rischiano di restare troppo in «seconda linea»? E poi: quali lavori sono più importanti rispetto ad altri?. Nella società del passato si operava una divisione del lavoro tra dimensione intellettuale e manuale. Ed oggi? Certamente vi sono diversità tra un medico e un falegname, o tra un professionista e un semplice muratore. Ma nella visione della Chiesa non esiste un lavoro migliore di un altro: tutti sono chiamati a custodire e governare la terra, rendendola un giardino dove possano ricrearsi. Tornano in mente le parole di papa Leone XIII, che nell’enciclica «Rerum Novarum» sosteneva: «non può esistere capitale senza lavoro e lavoro senza capitale». L’uno non si dà senza l’altro. Sì, riportiamo l’uomo, la sua creatività, il suo ingegno, i suoi talenti al centro del lavoro.

* assistente spirituale di Coldiretti e Confcooperative e parroco di Orciano e Lorenzana