Toscana
L’università competitiva per la ripresa economica. Ma le Toscane sono in ritardo
“50 prestigiose università, il tour delle grandi scuole mondiali”: una pubblicità che rimbalza in questi giorni su tutti i siti Internet, con la testimonianza di studenti entusiasti. Tutte straniere le università in testa a queste classifiche.
Lorenzo Bini Smaghi, economista che a Firenze presiede la Fondazione Palazzo Strozzi, è intervenuto dalle pagine del Corriere Fiorentino per ribadire l’importanza del ruolo dell’università nello sviluppo locale. Ha anche puntato il dito sugli scarsi risultati dell’Università fiorentina nelle graduatorie internazionali, con l’intento di stimolare il dibattito tra i candidati a rettore le cui elezioni si terranno nel giugno 2015.
Le principali organizzazioni che stilano le graduatorie internazionali sono tre e si basano sulle pubblicazioni scientifiche in lingua inglese: le britanniche QS e Times che utilizzano anche il parere di un campione di docenti, e l’Università di Shanghai.
Il panorama delle università italiane è abbastanza desolante, comparato con altre nazioni europee. Bologna è l’università italiana che meglio si piazza, essendo al 182esimo posto nella graduatoria QS del 2014, dove però ci sono quattro università inglesi nei primi dieci posti. Tra le toscane, Pisa è quella che si posiziona ai livelli più alti: 245esimo posto secondo QS, tra il 301esimo e 350esimo secondo Times, e tra il 151esimo e il 200esimo secondo Shanghai. Firenze sta al 352esimo posto secondo QS, tra il 351esimo e il 400esimo secondo Times e tra il 201esimo e il 300esimo secondo Shanghai. Siena si trova tra il 471esimo e il 480esimo posto nella graduatoria QS.
Nonostante le dichiarazioni di eccellenza del sistema universitario toscano, la realtà appare da queste graduatorie, criticabili quanto si vuole ma influenti sulla reputazione di una università, che si concretizza poi nella capacità di attrarre docenti, studenti e finanziamenti.
I candidati a Rettore di Firenze, rispondendo alle sollecitazioni di Bini Smaghi hanno posto l’accento sui fattori esterni: mancanza di finanziamenti e burocrazia troppo assillante. Tutto vero. Come ha ricordato la senatrice Pd Rosa Maria Di Giorgi, i governi hanno dimenticato il ruolo dell’alta formazione nello sviluppo del Paese.
Ma occorre guardare anche all’interno dell’università. Questi risultati dipendono in larga parte dal metodo di reclutamento basato sulla cooptazione. Spesso il docente forma degli allievi ai quali paternamente cerca di aprire la strada della carriera universitaria. Sarebbe come se il ricambio in una squadra di calcio avvenisse solo attraverso l’inserimento dei giocatori del vivaio, indipendentemente dal loro valore. In questo modo nel Pisa non giocherebbe Rachid Arma e nella Fiorentina Mario Gomez. E’ positivo che docenti e ricercatori si muovano, il problema non è la fuga dei cervelli, quanto piuttosto che nell’università italiana non arrivano in generale docenti e ricercatori dall’esterno, come invece avviene nelle squadre di calcio.
D’altra parte pensare all’università italiana come ad una squadra o azienda, come sembra suggerire Bini Smaghi, è fuorviante. L’università è una specie di condominio. Il rettore, ha certamente possibilità di indirizzo generale, ma molto limitate nella gestione dei singoli settori disciplinari che rimangono autonomi nella loro organizzazione interna e nel reclutamento. Inoltre l’esposizione alla competizione internazionale è diversa. In settori come fisica o chimica è impensabile di svolgere ricerche al di fuori di un contesto internazionale. In altri settori la ricerca avviene in modo locale, fioriscono riviste e case editrici domestiche e le pubblicazioni sono in lingua italiana col risultato che non vengono lette dal 95% della comunità scientifica mondiale. Cosicché esistono punte di eccellenza, e ne sono testimonianza i vari laboratori (LENS e CERM a Firenze, EGO a Pisa, SIRSLab a Siena), ma queste divengono in qualche modo accessorie e non hanno il peso politico che ad esse dovrebbe competere. L’immagine complessiva delle varie università dipende da una media che colloca le toscane nelle posizioni che abbiamo visto.
Per finire un semplice esercizio. Il sito Internet scholar.google.com può essere usato per conoscere la produzione scientifica dei docenti. Inserendo il nome di una persona, si possono vedere i libri e gli articoli scritti, e il numero di citazioni che è una misura dell’interesse suscitato. Nessuno chiede di trovare come nel caso del premio Nobel per l’economia Paul Krugman libri e articoli citati 10mila volte, ma neppure, come nel caso di un ex-rettore dell’Università di Firenze, che l’articolo più citato, in italiano e scritto con altri due, abbia 19 citazioni prevalentemente di autori italiani. Sperare in una proiezione internazionale dell’università, utile per la ripresa economica, in situazioni simili è tempo sprecato.