Lucca
Lucca, l’arcivescovo Paolo Giulietti: “E’ Pasqua, coraggio!”
Quella dell’anno scorso è stata una Pasqua tutta virtuale, con i riti della Settimana Santa fruibili solo attraverso uno schermo, nel pieno del “lockdown duro” che caratterizzò i primi mesi della pandemia. La situazione è cambiata: le chiese sono aperte, pur con diverse limitazioni e precauzioni, per cui chi vorrà partecipare lo potrà senz’altro fare. Però non ne siamo ancora fuori. Abbiamo sicuramente buone prospettive, legate ai vaccini e alle nuove terapie, ma questi ultimi sei mesi ci hanno messo a dura prova, per certi versi in misura maggiore di quanto sia accaduto nel marzo scorso. L’ottimismo un po’ ingenuo che – in fondo – sosteneva le privazioni di qui giorni, ha poco alla volta ceduto il passo a una diffusa preoccupazione per il futuro. Sono diverse, infatti, le cose che non fanno ben sperare, sul versante sociale, economico ed educativo. Sappiamo che, superata l’emergenza sanitaria, le conseguenze saranno importanti e durature, soprattutto quelle collegate con le ferite profonde impresse nello spirito delle persone, in primis delle nuove generazioni. Non è evidentemente solo questione di soldi. Ci saranno importanti risorse finanziarie, ma soprattutto occorrerà impiegare bene tutte le energie a nostra disposizione, individuando i giusti obiettivi, superando le visioni ristrette, facendosi carico coraggiosamente di quei vistosi limiti che la pandemia ha contribuito a mettere impietosamente in evidenza.
Ecco, è soprattutto questione di coraggio; avere la forza di cambiare, sostituendo quanto si è dimostrato inadeguato con qualcosa di migliore. Compito che riguarda tutti: le persone con i loro stili di vita insostenibili, le amministrazioni con le loro regole infinite, le generazioni con la loro chiusura in se stesse, i tribunali con le loro lentezze, le corporazioni con il loro protezionismo, le Chiese con il loro immobilismo, i governi con le loro visioni miopi ed egoistiche, le aziende con la loro idolatria del profitto ad ogni costo. Ci vuole coraggio, perché le riconversioni sono quasi sempre operazioni costose, impopolari, rischiose… non alla portata di persone e collettività che abbiano tirato i remi in barca e siano interessate alla mera sopravvivenza o alla semplice conservazione di quanto acquisito. Diceva il buon don Abbondio: “Il coraggio, se uno non ce l’ha, mica se lo può dare”.
Perciò abbiamo anche quest’anno bisogno di celebrare la Pasqua, cioè di rivivere l’evento sorprendente e illuminante della risurrezione del Crocifisso, fino a ricevere da lui quella “potenza dall’alto” che ha trasformato un manipolo di Galilei vigliacchi e ignoranti negli intrepidi evangelizzatori del mondo, ai confini della terra. I riti della Grande Settimana, ma soprattutto i potenti simboli della Veglia della Notte Santa, ci consentono di accostarci a una vita nuova che nasce dalla morte, a una luce piena di speranza che vince le tenebre deprimenti della sfiducia, a un fuoco che nuovamente divampa dove il peccato ha ridotto in cenere la bellezza del creato e la dignità delle persone, a un’acqua da cui emerge un’umanità rinnovata, fatta di figli di Dio, capaci finalmente di amare. La paura, grande protagonista di ogni egoismo e chiusura, cede il passo al coraggio: “Sono io, non temete!” dice il Vivente.
Il dono del coraggio, allora, potrebbe essere la gradita sorpresa da accogliere in questa Pasqua. Scrive San Paolo: “Ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione; ho imparato ad essere povero e ho imparato ad essere ricco; sono iniziato a tutto, in ogni maniera: alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Fil 4, 11-13). Evidentemente il coraggio non ce lo possiamo dare da soli – ha ragione don Abbondio! -, ma c’è Uno che non vede l’ora di regalarcene un po’, per metterci in grado di fronteggiare senza paura ogni situazione. E scoprire che ce la possiamo fare.
Buona Pasqua, dunque, e coraggio!