Cultura & Società
Lucca e il Volto Santo
Questa reliquia, scolpita almeno nel volto per diretto intervento divino, e perciò verace simulacro dei lineamenti di Cristo, ha avuto nel Medioevo una fama e una tradizione di culto paragonabili solo al richiamo della Terra Santa. In essa Lucca si è a lungo identificata, eleggendola a suo emblema e simbolo, divenendo a tutti gli effetti «la città del Volto Santo». E il simulacro si compenetrò con la città a tal punto che vi assunse il ruolo di re, tanto da comparire sulla moneta cittadina; non a caso la devozione a lui tributata diveniva intanto la misura dell’obbedienza e del rispetto tributati al governo.
La tradizione fa risalire l’opera dell’immagine del Volto Santo all’epoca apostolica. Due sarebbero gli autori: la mano di Dio e la mano umana. In quasi tutti i libri che raccolgono le tradizioni, le leggende e la storia del Volto Santo di Lucca, si parla di un certo Nicodemo, fedele amico e discepolo di Gesù. La Leggenda leobiniana parla appunto dell’ «ebreo della notte», che, desideroso di scolpire il Volto del Signore, si trovò sgomento perché tale opera gli rimaneva impossibile. Per poter eseguire plasticamente il dolce volto del Divin Maestro, l’umile e pio Nicodemo pregò affinché il Signore gli desse l’aiuto per compiere una bella opera. Così, mentre meditava sulla Passione e Morte del Redentore, il discepolo Nicodemo si assopì in un profondo sonno; al mattino, quando si svegliò, si accorse che era accaduto un grande prodigio: il Volto del Signore come lo aveva veduto e desiderato era apparso per incanto sul legno. La mano di Dio aveva prodotto perfettamente ciò che la mano umana non avrebbe mai potuto realizzare.
Ripercorriamo alcune pagine di libri che narrano l’origine di questa stupenda Croce. Il Simulacro del Volto Santo fu scolpito in Ramla, tra Ioppe e Gerusalemme, da Nicodemo, il quale, dopo la morte del Salvatore, riconosciuto per discepolo di Gesù Cristo e privato perciò di tutti i suoi beni, si era ritirato in quella città. È fama che Nicodemo, dopo aver scolpito in cedro del Libano il corpo del Redentore, meno la testa, trovò quest’ultima fatta da mano angelica. L’antichissimo scrittore Leobino dice che Nicodemo scolpì il Volto Santo non con l’arte propria, ma con arte divina, volendo forse alludere alla rara perfezione con cui fu compiuta quest’opera. Sappiamo che prima di morire, Nicodemo affidò il Simulacro della Croce ad un suo amico di nome Isaccar affinché tale opera non venisse distrutta dai nemici della religione cristiana e dai barbari iconoclasti. A sua volta il fedele amico di Nicodemo affidò la Croce ad altri buoni cristiani che la posero in un luogo segreto e ben custodito.
Così il Volto Santo rimase per qualche secolo nascosto e conservato, almeno stando alla storia del ritrovamento, fino all’anno 742, epoca in cui un vescovo piemontese di nome Gualfredo, trovandosi pellegrino in Terra Santa, ebbe una visione celeste: gli fu chiesto da un angelo di cercare nella casa o nei pressi dell’abitazione di un certo Seleuco un simulacro del Redentore.
L’impresa non fu facile, ma fu risolta. Il Vescovo Gualfredo decise di mettere il Volto Santo sopra una nave senza vele e senza nocchiero, affinché il Signore la guidasse in un luogo sicuro. Il Simulacro fu portato segretamente a Ioppe e collocato sopra una nave, la quale si diresse verso l’occidente e giunse dinanzi al porto di Luni. Gli abitanti di questa città, meravigliati di vedere una nave senza equipaggio, si dettero ad inseguirla, ma non poterono mai raggiungerla, perché essa «sempre si allontanava da loro». L’approdo misterioso di quella nave autorizzò gli abitanti di Luni a prendere il possesso sia della nave che del contenuto. In quel tempo il famoso vescovo di Lucca ebbe per voce di un angelo l’avviso a recarsi a Luni.
Secondo il pio diacono Leobino, l’arrivo del Volto Santo nella terra di Lucca avvenne nell’anno 742; secondo altri scrittori la data non è certa.
Da queste notizie appare certo che l’origine della processione e della luminara abbia avuto luogo quando la Croce fu trainata dai buoi a Lucca. La luminara risalirebbe al secolo ottavo o per lo meno agli inizi del secolo nono.
La presenza alla processione e la oblazione del cero erano considerate come una dimostrazione di obbedienza e di sudditanza del popolo lucchese a Cristo Re. La Repubblica di Lucca non mancò di dare il suo fervoroso apporto affinché processione e luminara ogni anno avessero il loro religioso effetto. Da questo deduciamo che Lucca divenne «Città Sacra» perché consacrata al «Santo dei Santi», che è il suo «Rex Dominantium et Protector Divinus». Ogni processionante, passando, deponeva il suo cero ai piedi del Volto Santo. Un piccolo cartello, detto «breve» (imposto dalla legge), era appeso al cero, diceva il nome del comune (o della persona o parrocchia) offerente e il peso del cero. Il cumulo dei candeli era enorme… da tre a quattromila libbre di cera!
Dire processione o luminara per i lucchesi è la medesima cosa. In essa venivano portati i rispettivi labari comunali o degli enti ecclesiastici. Vi partecipavano con gaudio le bande di molti comuni. I valletti dei Comuni, vestiti nei costumi medioevali, portavano pifferi, tamburi, ceri, fiori. Un tempo si partecipava alla solenne processione, facendo quasi a gara a chi faceva più chiasso con gli strumenti musicali o chi portava il cero più grosso al Volto Santo. Alcuni ceri erano così pesanti che dovevano essere portati a spalla. Più tardi venne la consuetudine, che esiste anche oggi, di impegnare tutte le parrocchie della Diocesi a portare un cero votivo alla processione per poi porlo davanti alla Cappella del Civitali.
Il calice famoso, posto ai piedi del Volto Santo, anticamente era usato per raccogliere le varie offerte che cadevano nel forziere dietro l’altare. Era usanza medioevale porre ai piedi del Cristo Crocifisso un calice per ricordare il sangue versato nella sua passione.