Italia
LUCCA, DILAGA LA RICHIESTA D’AIUTO NEI CENTRI D’ASCOLTO CARITAS
Chi si rivolge ai Centri d’Ascolto. La maggioranza di coloro che si presentano è donna, il 62%, anche se la presenza maschile è in crescita e questo dimostra un aumento dell’irruenza dei fenomeni di fragilizzazione che colpiscono anche sempre di più gli uomini. Giovane donna con figli e uomo adulto in età lavorativa è comunque il profilo di chi più spesso chiede aiuto ai Centri Caritas. Circa la metà del totale ha un’età compresa fra i 25 e i 44 anni, periodo della vita maggiormente significativo per lo sviluppo dei legami affettivi della persona e per la costruzione della stabilità materiale. Un malessere così diffuso in questa fascia di età è indicativo della permanenza di forti difficoltà soprattutto da parte delle giovani famiglie, che spesso contengono al loro interno figli piccoli: in questi casi la disoccupazione è il problema principale. Ma è in crescita anche la popolazione con più di 45 anni e addirittura di 55 anni: quasi il 4% in più rispetto al 2009 (quasi l’8% in confronto al 2008). L’attuale congiuntura economica colpisce duramente le famiglie: il 62,53% degli uomini e il 46,70% delle donne che ha chiesto aiuto ai Centri nel 2010 è coniugato e la forte presenza dei maschi dimostra le crescenti difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro.
Molti gli italiani agli sportelli. La presenza italiana è incrementata lo scorso anno e sembra confermarsi a livelli simili nel 2010, seppur registrando una lieve flessione. Nel 2009 gli italiani che si erano presentati ai Centri erano aumentati del 22,25% rispetto al 2008. Nel 2010 sono il 36,5%: chiedono buoni per l’acquisto di alimenti, vestiario e aiuto per avere accesso a cure mediche. I 473 italiani che si sono rivolti agli sportelli dimostrano che stanno progressivamente abbandonando la difficoltà, data dal senso di vergogna, a chiedere aiuto viste le condizioni sempre più difficili. Quella italiana è la prima nazionalità per numero di accessi. Il 23,4% è di origine nordafricana, mentre oltre il 27% è da ricondurre a nazionalità del continente europeo, prima di tutto rumeni, ma in crescita sono anche coloro che provengono dall’Ucraina e dalla Polonia. In generale la mappatura delle persone straniere che si rivolgono ai Centri sembra rispettare una certa proporzionalità con le dimensioni dell’impatto migratorio presente sul territorio.
Casa e lavoro i maggiori problemi. La ricerca di un’abitazione idonea alle proprie esigenze è una delle problematiche più grandi vissute sul territorio e il dato sulla condizione abitativa di chi chiede aiuto ai centri lo dimostra. A soffrire di più sono, ancora una volta, le persone che si trovano costrette a pagare un affitto (il 48%), ma allo stesso tempo rimane molto elevato il numero di persone che hanno rinunciato ad avere una abitazione propria e che vivono in una situazione più o meno temporanea presso amici e parenti (16,69%). Il 10% vive addirittura una vera e propria precarietà abitativa o è senza alloggio. Se l’abitazione continua a costituire un’emergenza importante, la condizione lavorativa si rivela, come già negli anni passati, uno dei nodi nevralgici dei meccanismi di impoverimento delle persone ascoltate: il 53,70% degli italiani e il 78,93% degli stranieri risultano infatti disoccupati e cercare un lavoro è un’operazione molto complessa in particolare per le donne.
Le richieste d’aiuto. Ed è proprio il lavoro il problema più sentito da chi si rivolge ai Centri, ma rimane alto anche il numero delle persone occupate che si rivolgono ai Centri (20,93% degli italiani e 16,69% degli stranieri). Il 33,43% si trova in una condizione di forte disagio al punto da essere sprovvisto di beni di sussistenza come viveri e vestiario. A questi devono essere aggiunti coloro che richiedono sussidi economici per pagare bollette o comprare prodotti per l’infanzia. Molto alta la richiesta di un lavoro (37,09%) sia da parte di uomini sia da parte di donne, queste ultime più interessate a richieste di lavoro a tempo parziale, una richiesta legata alle forti difficoltà incontrate nell’armonizzazione dei tempi di cura all’interno della famiglia con quelli di lavoro al di fuori di essa. Questa situazione -secondo l’analisi dei ricercatori che curano il rapporto della Caritas-, rinvia ad una pluralità di fattori tra i quali una scarsa rete di aiuto informale che non trova adeguata compensazione in idonei servizi di sostegno offerti dal sistema istituzionale.