Toscana
Lotta alla povertà. Turri (Caritas): «Dalla Regione un segnale importante»
Centoventi milioni in tre anni. Li prevede il Piano per la lotta alla povertà varato nei giorni scorsi dalla Giunta regionale, in ottemperanza alla legge nazionale che ha istituito il reddito di inclusione. In Toscana il numero di possibili beneficiari del Rei potrebbe attestarsi intorno a 50 mila famiglie, corrispondente a circa 143 mila persone. Al 30 giugno 2018 hanno beneficiato delle misure Sia (Sostegno all’inclusione attiva) e Rei 7.530 nuclei familiari. Dal 1° luglio al 31 agosto hanno già fatto domanda 2.020 nuclei familiari.
La Toscana dispiega poi una pluralità di interventi che spaziano dal diritto alla casa per i senza fissa dimora (776 mila euro), al finanziamento dei maggiorenni che vivono fuori dalla famiglia d’origine, dopo una decisione dell’autorità giudiziaria (350 mila euro), al programma operativo nazionale nutrito dai fondi europei (4,315 milioni). A completare il quadro sono gli accordi con il banco alimentare, la Caritas, le mense universitarie sul fronte del recupero del cibo, gli strumenti attinti dai fondi regionali per l’accompagnamento al lavoro, la ricollocazione, gli incentivi all’occupazione e le misure per l’infanzia.
Oltre ai soggetti istituzionali del territorio (rappresentati da Anci), nella cabina di regia che ha portato a questo Piano vi hanno preso parte anche soggetti sociali, tra cui Caritas, rappresentanti del Terzo settore e delle parti sociali. Abbiamo rivolto qualche domanda a Donatella Turri, direttrice di Caritas Lucca, per valutare con lei l’efficacia di questo Piano.
Prima di tutto una domanda: Caritas che ruolo ha svolto per arrivare a questo Piano?
«Caritas da anni collabora con la Regione Toscana, soprattutto nell’osservazione del fenomeno della povertà, redigendo un rapporto che racconta le storie di difficoltà incontrate in particolar modo nei Centri di Ascolto sui territori. Nel 2016 è stato firmato un accordo di collaborazione tra Regione Toscana e Caritas Toscana che prevedeva la realizzazione di diverse attività tra cui dei seminari di studio in ciascuna area vasta. Attraverso lo strumento di seminari di studio volontari Caritas e operatori dei servizi sociali, dei centri per l’impiego e delle istituzioni si sono confrontati sugli approcci, le metodologie di lavoro e gli strumenti per intercettare le nuove forme di povertà. Tutto questo è entrato nel Piano ed ha contribuito alla sua delineazione. In termini più specifici, l’interlocutore della Regione è stata poi l’“Alleanza contro la Povertà” regionale, che vede la partecipazione di moltissime realtà, non solo Caritas».
Il Piano come si pone in relazione alla legislazione nazionale sul Reddito d’inclusione (Rei)?
«Il Piano Regionale si propone di sviluppare azioni di governance regionale per programmare i servizi necessari proprio all’attuazione del Rei. Il Rei è stato definito come LEP, Livello Essenziale di Prestazione, dal decreto legislativo 147/2017. Per questo i territori debbono organizzarsi al fine di garantirlo ai cittadini. Il Rei però non prevede solo un accompagnamento di tipo economico, ma anche e, direi soprattutto, una diversa modalità di accompagnamento dei cittadini, che restituisce loro protagonismo, investe sulle loro potenzialità e risorse e organizza un territorio al fine di accompagnarli in un percorso verso l’autonomia. Il Piano della Regione dialoga proprio con i territori, in primis con gli ambiti zonali e si rivolge a loro nelle diverse articolazioni. Dialoga con i Servizi sociali territoriali, con gli enti del Terzo settore, con gli altri attori istituzionali, al fine di strutturare in un modo efficace questo accompagnamento».
Il cittadino a chi deve rivolgersi? Quali parametri sono richiesti per usufruire del Rei?
«È importante ricordare che dal 1° luglio 2018 possono presentare domanda tutti coloro che hanno un Isee fino a 6mila euro, un Isre fino a 3mila euro e altri specifici requisiti economici, indipendentemente dalla composizione familiare. Sono infatti venuti meno i requisiti familiari precedentemente richiesti (presenza di un minorenne, di una persona disabile, di una donna in gravidanza, di un disoccupato ultra 55enne). La domanda deve essere compilata su un modello predisposto dall’Inps che può essere inviato direttamente o compilato insieme agli operatori dei punti di accesso organizzati presso i Comuni».
Questo Piano regionale, necessario all’attuazione del Rei, affronta efficacemente i problemi della lotta alla povertà? Il previsto stanziamento delle risorse (120 milioni in tre anni, cifra composta sia da interventi europei, statali e regionali) è adeguato all’obiettivo che si prefigge nel territorio regionale? Pensa che potesse essere fatto di più?
«Sicuramente la platea raggiunta dal Rei non è sufficiente ed è necessario allargarla. Potenzialmente in Toscana dovrebbero essere circa 50 mila le famiglie che potranno beneficiare dalla misura: circa 143 mila individui, sostanzialmente quel 3,2% di famiglie definite in povertà assoluta. Al luglio di questo anno erano 7.530 le famiglie beneficiate. Rimangono al momento fuori dalla misura tutte le famiglie nella cosiddetta “povertà relativa”. Sarebbe dunque sicuramente auspicabile un allargamento della misura. È però senza dubbio un segnale importante che la misura sia partita e che concretamente, dopo molti anni, abbia previsto uno stanziamento di risorse, non sufficiente, ma importante, nella Legge Finanziaria dell’anno scorso. E altrettanto importante è che la si sia concepita non solo come una misura di “accompagnamento economico”, ma come un’occasione per rivedere, ripensare, migliorare le regole dell’accompagnamento sociale. I poveri sono cambiati: hanno storie diverse, problemi diversi e ci chiedono un nuovo sforzo di ideazione delle modalità efficaci per poterli includere realmente e farli ripartire, a partire dalle competenze e dalle risorse che anno».
Dalla social card, al Sia, infine al Rei entrato in vigore il 1° gennaio 2018… Questi i passaggi, in breve, che hanno portato l’Italia negli ultimi anni a dotarsi di misure di contrasto alla povertà. Forse nella prossima Legge Finanziaria il governo Conte avvierà un’ulteriore evoluzione, cioè il cosiddetto «reddito di cittadinanza». Cosa pensa di questa eventualità?
«Del decreto che dovrebbe istituire il “reddito di cittadinanza” ancora sappiamo pochissimo. Bisognerà capire bene di che cosa si tratta. Se esso prevederà un allargamento della platea dei potenziali beneficiari, questo sarà sicuramente da accogliere come una buona notizia. Io spero, però, che il legislatore non metta in secondo piano tutto quel processo di accompagnamento che nel Rei strutturava la mera misura economica. La nostra esperienza, come Caritas, è che “i soldi” da soli non risolvono i percorsi di impoverimento. Sono le relazioni, le capacità delle comunità di attivare contesti di promozione e di coinvolgimento dei fragili che fanno la differenza. Il Rei ha provato a ripensare le regole dell’accompagnare, delineando una nuova alleanza tra servizi sociali, scuole, centri per l’impiego, società civile. Sarebbe un peccato perdere questa “visione”».
Qualche numero
53 mila le famiglie toscane in povertà assoluta (sotto lo standard minimo vitale) nel 2016 per un totale di119 mila persone. Nel 2008 erano 31.750 famiglie con 65.663 persone
261 mila le famiglie toscane che vivono in condizioni di deprivazione (almeno tre di nove deprivazioni, come pasti, riscaldamento, ferie annuali…) per un totale di 261 mila persone, pari al 7% della popolazione. In Italia sono il 12%
37 mila gli anziani toscani con pensione o assegno sociale (senza altri redditi); 180 mila quelli con integrazione della pensione al minimo
9,5 % il tasso di disoccupazione in Toscana nel 2016 pari a 164 mila persone
17 mila le richieste ai Comuni nel 2017 di un contributo economico per il pagamento dell’affitto (12,5% delle famiglie in affitto)
12.109 richieste di sfratto nel 2016; 3.431 quelli eseguiti