Che qualcosa è cambiato, rispetto a qualche decennio fa, lo si percepisce subito. Basta leggere i nomi sui registri di classe. Accanto a Giulia, Matteo, Lorenzo, Emma, Rachele e Stefano oggi troviamo Kamir, Abdul, Irina, Tanja, Omar. Scritti in bella calligrafia testimoniano che le scuole italiane sono sempre più multietniche. Una realtà che negli ultimi anni si è consolidata in modo più profondo e in dimensioni più vaste: seduti tra i banchi ad imparare non ci sono più soltanto ragazzi italiani, ma anche albanesi, romeni, magrebini, polacchi e marocchini. Una diversità di nazionalità, di culture, di tradizioni e di sensibilità che rappresenta una grande opportunità di crescita, come riconoscono i vescovi nel messaggio inviato dalla presidenza della Conferenza episcopale italiana sull’insegnamento della religione cattolica. Il messaggio dei vescoviLe scuole – esordiscono i vescovi – sono chiamate ad essere luogo d’incontro per alunni provenienti da ogni angolo del mondo». Proprio per questo, secondo i presuli italiani, le scuole hanno il compito di «far diventare concreta l’accoglienza e di rendere costruttivo – e non conflittuale – l’incontro». E possono farlo in «un unico modo – riconoscono i vescovi -: partendo dalla storia dell’Italia e dai valori sui quali si è costruita. Storia e valori non da ignorare o da mettere tra parentesi, ma da mettere in gioco, affinché dal confronto, franco e sincero, si realizzi e consolidi una proficua convivenza civile, dove tutti possano trovare le opportunità per realizzare se stessi».Una sfida in cui proprio l’insegnamento della religione cattolica può giocare un ruolo fondamentale. Come ci racconta il professor Massimo Salani, insegnante di religione e vice preside all’Istituto professionale per i servizi commerciali, turistici e alberghieri «Matteotti» di Pisa. «Nella nostra scuola – afferma – il 13 per cento degli studenti sono stranieri, in maggioranza extracomunitari, e molti di loro pur essendo musulmani od ortodossi hanno deciso di avvalersi ugualmente dell’ora di religione. E questo per noi rappresenta un’opportunità di crescita. In classe, infatti, si realizza un confronto che arricchisce tutti e ci consente di sviluppare e approfondire tematiche che altrimenti rischierebbero di non essere affrontate».7 su 10 scelgono religione Forse è anche per questo che, rispetto a quanto paventato, la percentuale di quanti decidono di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica è costante, anziché in regresso. «Certo le difficoltà non mancano – riconosce il professor Salani – soprattutto negli istituti superiori dove, non essendoci una reale alternativa, i ragazzi che non si avvalgono possono uscire da scuola. Nel nostro istituto, per fare un esempio, pur registrando un 70-73 per cento di avvalentesi, molti decidono di non seguire l’ora di religione perché se questa è collocata alla prima o all’ultima ora della mattinata possono conseguentemente entrare un’ora dopo o uscire un’ora prima. E se teniamo conto che fra i nostri studenti vi è un’elevata percentuale di pendolari, si fa presto a comprendere cosa significhi entrare un’ora dopo o uscire un’ora prima». Nello stesso tempo, però, chi ha deciso di avvalersi dell’ora di religione è soddisfatto e confessa di averlo fatto per aver compreso che si tratta di un insegnamento che c’entra con la propria vita. «Mentre in prima ero stata obbligata dalla mia famiglia – racconta Paola Melani iscritta al terzo anno del liceo scientifico Dini – in seconda e in terza sono stata io a voler frequentare l’ora di religione». Ma quali sono i temi che vengono affrontati durante l’ora di religione? «Sono quelli previsti dagli obiettivi di apprendimento contemplati nei curricula nazionali – risponde ancora il professor Salani – anche se poi vengono calati in modo differente a seconda del tipo di scuola in cui ci troviamo. Nel mio caso, ad esempio, cerco di contestualizzarli rispetto ai percorsi didattici seguiti dai miei alunni. Così con gli studenti dell’alberghiero affrontiamo le tematiche legate all’alimentazione nelle differenti religioni, mentre con i ragazzi del percorso turistico approfondiamo la valenza religiosa dei monumenti di Piazza dei miracoli. In questo modo riusciamo a legare i programmi di insegnamento a quelle che potranno essere le ricadute sul loro futuro lavoro».