Toscana

L’omelia del vescovo Migliavacca al funerale di Sara e Brunetta, le due donne uccise

Sconcerto, sgomento, rabbia, dolore, solidarietà con le vittime e i famigliari, silenzio… Sono alcuni dei sentimenti che portiamo nel cuore come persone e come comunità cittadina ed ecclesiale nel dare il saluto funebre a Sara e Brunetta.

Ancor di più ci indigna il fatto che tale delitto sia stato scatenato contro due donne indifese e innocenti, un nuovo episodio di grave femminicidio, un atto di assoluta assenza di umanità, di cieca violenza, di ferite inferte anche ai figli di Sara, nella casa dell’omicidio.

Insieme a tutti questi sentimenti ci accompagna la convinzione che la giustizia possa e debba fare il proprio corso verso chi ha perpetrato un tale atroce duplice delitto.

Sono sentimenti che tutti proviamo e che lasciamo visitare ora dalle parole della fede, pensieri ed emozioni nelle quali deve entrare la luce e la parola della fede.

 

Ci accompagna però anche una domanda.

Di fronte a tanto dolore e violenza, di fronte alla barbarie del delitto che è stato scatenato ci accompagna anche una domanda: cosa possiamo fare? Cosa possiamo fare noi di fronte all’irreparabile? Cosa possiamo fare di fronte a tanto dolore? Cosa possiamo fare per i familiari delle vittime? Cosa possiamo fare come comunità cittadina ed ecclesiale? Cosa possiamo fare?

 

C’è un gesto che è capace di trasmettere quanto abbiamo nel cuore, i desideri e i sentimenti, un gesto che ci apre all’incontro con l’altro, alla relazione, al farci vicino e condividere, un gesto che possiamo fare: è l’abbraccio, abbracciare.

Ecco cosa possiamo fare… Possiamo abbracciare.

 

La Parola di Dio che abbiamo ascoltato ce lo racconta con la parola sulla carità e sulla presenza del Risorto.

San Paolo, nella prima lettura, la lettera ai Corinzi, parla della carità, dell’amore come qualità di Dio e quindi anche come esperienza per ogni uomo e donna. E descrive la carità, l’amore: la carità è magnanima, benevola, non è invidiosa, non si vanta, non manca di rispetto, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, tutto sopporta, tutto spera…

Sembra la descrizione di cosa sia un abbraccio vero. Abbracciare vuol dire condividere, esprimere un amore così: benevolo, che cerca il bene dell’altro, che vuole riaprire alla speranza e portare consolazione, cerca di sostenere nelle fatiche e nel dolore, offre la pazienza di chi attende e sta vicino. E’ l’amore e di questo parla l’abbraccio.

E il vangelo ci racconta di come il Risorto, incontrando, vivo, i suoi amici, ridà loro speranza e fiducia, come fa con Pietro che deluso prima torna a pescare come era il suo vecchio lavoro e vedendo Gesù ritrova l’entusiasmo dell’amico, sperimenta una pesca abbondante e insperata e addirittura si butta nel lago per raggiungere Gesù. E il Signore, il Risorto prepara loro da mangiare, per dire che l’incontro con Lui è dono di vita, fa vivere di nuovo, riapre le porte e gli orizzonti della speranza e della vita, il cammino.

Anche questo è l’abbraccio che comprendiamo alla luce di questa Parola di Dio: un farsi vicino e circondare chi è nel dolore per far sentire il dono della vita, per riaprire alla speranza, per dire che ci siamo per condividere i passi del cammino.

Così la Parola di Dio ci parla dell’abbraccio e illumina il momento di dolore e di preghiera che stiamo vivendo.

 

Cosa possiamo fare dunque?

Possiamo abbracciare. Possiamo abbracciare il dolore.

Possiamo abbracciare i famigliari di Sara e di Brunetta.

Il padre della giovane uccisa e marito della signora Enzo. Per lui c’è il calore di questo abbraccio che vuole parlare di amore, di condivisione e di vicinanza. Abbracciamo i figli di Sara, ai quali va il mio e nostro affetto e la nostra attenzione. Vogliamo far sentire loro l’abbraccio di amici, di tutti noi per dire che ci siamo per loro, non li abbandoniamo e torniamo ad augurare loro la vita.

Abbracciamo anche una comunità, la nostra, quella aretina, ferita da questo atroce delitto, perché anche la nostra comunità è stata ferita e deve vedere la luce del ricostruire sempre più legami di umanità vera, soprattutto quando l’umanità viene schiacciata e umiliata.

Abbracciamo nella preghiera e nella luce della fede anche Sara e Brunetta, vittime di questo atroce delitto. E’ l’abbraccio di tutti noi nell’affidarle oggi, nella preghiera, all’amore del Padre, a Dio che sempre è il Dio della vita. Le affidiamo, abbracciandole, all’abbraccio del Padre che accoglie, ma la casa è il Regno della vita.

E sentiamo che di questo abbraccio, di un amore così come ce ne ha parlato San Paolo, del buon cibo della vita che ha preparato il Signore ne abbiamo bisogno anche noi e la preghiera di oggi vuole raccontarci, far sentire, a tutti noi, l’abbraccio di Dio, un abbraccio che consola, incoraggia, accompagna, dona pace e ci convince che possiamo credere ancora nell’umanità e nella bellezza del bene. Ne abbiamo bisogno adesso, in questo nostro tempo per tutti, per le famiglie, i luoghi di lavoro, le nostre relazioni. Un abbraccio da donare e che esprime ascolto, condivisione, vicinanza, sostegno, protezione, come la stessa Brunetta ha fatto con la figlia Sara. E abbiamo bisogno di un abbraccio da ricevere per dirci più umani.

 

E’ questa l’esperienza di tutta la nostra comunità: una comunità cittadina che ha abbracciato chi soffre, che sta ancora abbracciando, che è stata colpita da quanto accaduto e si è aperta ad una vicinanza e ad una solidarietà sorprendente e che ci fa onore. Basti guardare ai tanti segni di solidarietà di questi giorni e alla partecipata fiaccolata dell’altra sera. Siamo stati e siamo una comunità che è stata capace di abbracciare. Vorremmo che questo abbraccio di tutti noi, fino a questa celebrazione in Cattedrale, scaldi e consoli il cuore dei familiari e di tutti.

 

Di fronte a tanto dolore possiamo dunque fare questo: abbracciare…

La pagina di Paolo si conclude con l’affermazione che ciò che vediamo oggi è imperfetto (“adesso conosco in modo imperfetto”), ciò che comprendiamo oggi di quanto è accaduto è imperfetto, è proprio difficile da capire e da accettare.

Ora, pur nell’abbraccio, non comprendiamo bene, non si attenua il dolore e lo sconforto, non diminuisce il disorientamento, ma la promessa di Dio, la promessa del suo abbraccio ci dice che tutto troverà luce e potremo vedere l’amore di Dio, perché vedremo “faccia a faccia” e potremo scoprire come lui sta amando oggi tutti noi, i familiari di queste vittime e in un abbraccio potente proprio loro, Brunetta e Sara.

Perché, ci ricorda San Paolo, “rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!”.

Andrea Migliavacca

Vecsovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro