Pisa

L’omelia del rappresentante del Papa

Il professor Giuseppe Toniolo: «un dono dell’amore di Dio all’Italia». Così il cardinal Salvatore De Giorgi, arcivescovo emerito di Palermo, che ha presieduto – domenica scorsa in San Paolo fuori le mura – il rito della beatificazione dell’economista pisano. Con lui hanno concelebrato in duecento, tra cardinali, vescovi, presbiteri.«Benedetto XVI – ha ricordato De Giorgi nell’omelia – lo ha presentato come esempio di padre di famiglia, sapiente educatore dei giovani, laico di Azione Cattolica, testimone del Regno di Dio nel mondo della cultura, dell’economia e della politica».Furono questi, in effetti «i luoghi privilegiati della sua missione e della sua santificazione». Il rappresentante del Papa ha definito Toniolo un «antesignano del Concilio Vaticano II». «Egli era convinto- ha osservato il cardinale Salvatore De Giorgi – che tutti indistintamente siamo chiamati alla santità, ossia “alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità nelle ordinarie condizioni e situazioni di vita”; che “tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano” (LG 40); che i laici si santificano nel mondo e per la santificazione del mondo, senza essere del mondo, (AA 7)». «Ne era così convinto – ha continuato il rappresentante del papa – che non esitava di affermare: “Chi definitivamente recherà a salvamento la società presente non sarà un diplomatico, un dotto, un eroe, bensì un santo, anzi una società di santi”. Da qui la sua ferma decisione: “Voglio farmi santo”». Toniolo- ha ricordato ancora il cardinale Salvatore De Giorgi – si dette un regolament di vita spirituale e professionale, «valorizzando i mezzi sempre attuali dell’ascetica cristiana: la preghiera, la meditazione, la Messa e la comunione quotidiana, la confessione frequente, l’esame di coscienza, la direzione spirituale, i ritiri mensili, gli esercizi spirituali annuali e la recita del Rosario, la cui festa segnò il suo passaggio al cielo. Un vero contemplativo dell’azione». E ancora: «Il radicarsi in Dio fu l’anima del suo impegno cristiano nella famiglia, sulla cattedra e nella società. Sposato con Maria Schiratti e padre di sette figli, considerò la famiglia il luogo primario della sua santificazione e della sua missione. La sua fu una famiglia normale, inserita nella vita della parrocchia e aperta a quella della società, serena nell’affrontare le inevitabili difficoltà, perché unita dalla forza del Vangelo che si leggeva insieme ogni mattina e animata dalla preghiera che si recitava insieme ogni sera. Una vera chiesa domestica». Un’affascinante testimonianza della dignità e della bellezza della famiglia – ha osservato monsignor De Giorgi -  fondata sul matrimonio «indissolubile e fedele di un uomo con una donna per una comunione di vita e di amore secondo il disegno di Dio, che non si può stravolgere senza sconvolgere la vita stessa della società». «Insigne professore universitario, sulle cattedre di Padova, di Modena e di Pisa, seppe essere non solo il maestro qualificato dei giovani studenti, ma soprattutto il loro amico ed educatore nella ricerca della verità. Avvertiva già allora – ha spiegato il cardinale – l’emergenza educativa per il clima universitario indifferente o ostile alle fondamentali istanze religiose e morali, come anche l’urgenza di una solida formazione culturale cristiana che preparasse le nuove generazioni ad affrontare le sfide del futuro. E sulla promozione della cultura impegnò i doni di una intelligenza non comune e di una lungimiranza quasi profetica, soprattutto circa la necessità, per il bene nel nostro Paese, di una presenza dei cattolici, nel sociale e nel politico, limpida, coerente, coraggiosa e unitaria, fondata sull’inscindibile rapporto tra fede e ragione». Convinto che la comunione «segreto della credibilità e dell’efficacia dell’apostolato, si costruisce con l’obbedienza, fu sempre fedele ai quattro papi del suo tempo: li guardava con occhi di fede e li difendeva con amore di figlio. Essi sapevano di poter contare su di lui, in un momento storico in cui l’unità dei cattolici, a causa della complessa questione romana, esigeva mediatori intelligenti e sicuri, costruttori di ponti e non di fossati, uomini di relazioni e di sintesi, come lui. E lui offrì la sua vasta e profonda cultura scientifica al loro magistero, che accolse sempre docilmente, additandolo, soprattutto ai cattolici impegnati nel sociale e nel politico, come un punto di riferimento sicuro: sia per operare in modo competente e coerente, sia per evitare il rischio di essere strumentalizzati da quanti negano o combattono il Vangelo e i valori cristiani». Valori, – precisava il beato Toniolo – che non sono «in contrasto con gli autentici valori umani, ma ne sono l’espressione più piena: li confermano, li sostengono, li elevano e li promuovono, per la più efficace realizzazione del bene comune, fine preminente dell’azione sociale e politica». «Con questa fedeltà – ha ricordato ancora l’arcivescovo emerito di Palermo -  mise a servizio del Movimento Cattolico, che egli voleva articolato ma unito, la sua altissima competenza di economista e di sociologo. La società della Gioventù cattolica, primo nucleo dell’Azione cattolica italiana, la Fuci, l’Opera dei congressi, l’Unione cattolica per gli studi sociali, l’Unione popolare, l’avvio delle Settimane sociali ebbero in lui un eccellente ideatore, animatore, coordinatore di progetti culturali, sociali, politici cristianamente ispirati e di innovative strutture cattoliche pubbliche, come l’Università del Sacro Cuore». «Il professor Toniolo, pertanto, si presenta a noi, come un italiano che ha amato e servito la Chiesa e l’Italia, da cristiano e cittadino esemplare: è questa la vera laicità. Si presenta a noi come uno di quei “cristiani con le braccia alzate verso Dio”, dei quali ha bisogno lo sviluppo integrale dell’uomo e della società, come il Papa ha auspicato nella Enciclica Caritas in Veritate (n.79), nella quale hanno trovato conferma e sviluppo non poche intuizioni innovative del beato, come la centralità della persona nel mondo del lavoro, l’insopprimibile fondamento etico dell’economia, la rilevanza antropologica della questione sociale, l’importanza del Vangelo nella costruzione della società». «Alla vigilia dell’Anno della fede- ha concluso De Giorgi -  Toniolo è certamente uno dei testimoni che il Santo Padre ha indicato come coloro che per fede, nel corso dei secoli, hanno confessato la bellezza di seguire il Signore Gesù là dove venivano chiamati a dare testimonianza del loro essere cristiani: nella famiglia, nella professione, nella vita pubblica» (Porta fidei 13). Questo è stato il Beato Toniolo, e per questo parla ancora».