Arezzo - Cortona - Sansepolcro

L’omaggio a don Salvi, parroco ed eroe civile.

Cortona ha reso omaggio a don Giovanni Salvi con una cerimonia che si è svolta sabato 10 luglio nella sala del Consiglio Comunale. Il sindaco Andrea Vignini, alla presenza delle autorità civili e religiose ha consegnato un riconoscimento ufficiale a don Giovanni in segno di stima e gratitudine per il gesto di grande valore civico compiuto il 29 giugno 1944 a favore della comunità della frazione di Tornia, nella montagna cortonese, salvandola dalla rappresaglia nazifascista. La sua storia è raccontata nel libro «La Piccola Patria. Cronache della guerra di Cortona. Giugno – luglio 1944», con alcune pagine intitolate «Le giornate di Tornia».Don Giovanni Salvi era parroco della piccola frazione montana del comune di Cortona e con tenacia e fede riuscì a salvare la sua comunità dalla vendetta dei sodati tedeschi giunti a Tornia alla ricerca di partigiani.Come si svolsero i fatti? È il 29 giugno 1944, festa dei santi apostoli Pietro e Paolo. Ruberie, distruzioni, uccisioni e rappresaglie sono ormai fatti quotidiani. I luttuosi avvenimenti disturbano la pace del piccolo borgo montano dove vive una popolazione buona e di antico stampo: le famiglie sono fedeli alle loro pratiche di vita cristiana, particolarmente alla recita del rosario nel mese di maggio e di ottobre; i bambini si abituano fin dai più teneri anni al lavoro. Ma da quando i bombardamenti aerei si sono fatti più vicini e più intensi, le famiglie di Cortona e della campagna non si sentono più sicure e cercano rifugio a Tornia. Chi avrebbe potuto venire a disturbare un borgo tanto piccolo e sperduto tra i monti?. «Ho appena celebrato la Messa parrocchiale quando un popolano mi chiama e mi addita sulla località di Portole un movimento di individui ed un denso fumo – racconta don Giovanni –. Si comprende di che si tratta: i tedeschi in rappresaglia incendiano ogni cosa». Le famigerate Ss non tardano a scendere verso Tornia e a circondare il piccolo borgo. «Per un’uscita segreta – spiega don Giovanni – gli uomini volano via. Io apro il breviario e, recitando l’Ufficio divino, mi incammino lentamente verso la chiesa. Non ho fatto che pochi passi e mi vedo circondato da soldati tedeschi. Prevedendo quello che era da aspettarsi, ritorno indietro, deciso a condividere la sorte dei miei parrocchiani. Ad ogni angolo delle strade c’è un tedesco che ci indica dove dobbiamo dirigerci, finché ci troviamo insieme con altre persone radunate nell’aia di un contadino. Veniamo posti in fila, appoggiati ad uno stecconato che divide l’aia dalla strada; davanti a noi sono tre soldati tedeschi con mitra e pistole spianati verso di noi. Stretti intorno a me stanno sette o otto bambini promossi alla prima Comunione il giorno della festa del Patrono; ai miei lati e dentro il recinto una trentina di persone. Comprendiamo quanto sia grave la nostra situazione: le donne piangono disperatamente, i bambini strillano, mentre gli incendi delle case si espandono, il fumo annebbia l’aria che respiriamo. In mezzo a tanta confusione e sbigottimento, rivolgo ai miei fedeli alcune parole di conforto, invitandoli ad aver fiducia nella divina Provvidenza e nell’aiuto della Madonna». Intanto i soldati perlustrano dappertutto alla ricerca dei partigiani, ma non trovano nessuno. L’ufficiale, per mezzo dell’interprete, invita i prigionieri a recitare le ultime preghiere. «Ci guardiamo in volto – continua don Giovanni – e comprendiamo che è arrivato l’ultimo momento della nostra vita. Recitiamo insieme l’atto di dolore ed io sto per impartire l’assoluzione generale». Ed ecco che avviene quello che nessuno mai avrebbe potuto immaginare. «Abbiamo capito che voi siete religiosi – tuona la voce dell’ufficiale tedesco – e che in un momento come questo riponete la vostra fede in Dio. Non pensate che noi siamo increduli e che godiamo nel vedervi soffrire. I nostri camerati uccisi ci gridano vendetta. Di quanti siete qui presenti non uno dovrebbe rimanere. Ma per dimostrarvi che più di voi sentiamo il nostro dovere di cattolici, per questa volta vi rimettiamo in libertà». Possiamo solo immaginare il grido di gioia e di esultanza che segue le parole dell’ufficiale e mette fine a quell’incubo atroce. «Ci sentiamo ribattere il cuore – racconta commosso don Giovanni, – i polmoni si allargano in un respiro grande e le labbra pronunciano un sentito grazie». Il Signore ha toccato il cuore dell’ufficiale tedesco. Ma siamo ormai fortunatamente alla fine di quel doloroso periodo. Durante la notte del 3 luglio si ode un grande movimento di automezzi e forti esplosioni. «Al mattino – conclude don Giovanni – si sparge la voce che i tedeschi sono partiti facendo saltare tutti i ponti. Gli eserciti alleati sono già a Cortona. Suoniamo le campane a distesa. Dopo la messa invito i parrocchiani per le ore diciassette alla funzione di ringraziamento».di Benito Chiarabolli