Lettere in redazione
Lo tsunami e la Madonna di Medjugorie
Io che ascolto con attenzione e interesse Radio Maria, posso riportare alcune considerazioni che ha fatto Padre Livio che riguardano il maremoto, riascoltando una cassetta che avevo registrata. Tra le varie considerazioni che fa egli afferma che la morte non è un male assoluto, perché a differenza dei pesci abbiamo un’anima immortale. Dio ci ha creati per il cielo. Molti di quei cadaveri Dio li ha accolti fra le sue braccia. La morte è l’ingresso nell’eternità. «Ma la guerra e i terremoti non sono segni dell’Apocalisse da leggere alla luce della fede?!».
È vero che Padre Livio si domanda perché , almeno all’inizio, nessuno ha detto che in quei posti si stava consumando un turismo sessuale che rovina la vita di migliaia di bambini e bambine. Ma non è corretto far credere che Padre Livio abbia detto che è stata la Madonna di Medjugorie a mandare il maremoto! Ha semplicemente detto che in quella tragedia ci vede un ammonimento del cielo. Del resto, non dice Gesù che se non vi convertirete, perirete tutti?
Il vero interrogativo che dovremmo porci è un altro. Spesso preghiamo per la nostra salute, perché le cose della vita ci vadano bene (qualcuno, addirittura, per vincere al lotto) e avanziamo perfino rimostranze se non siamo ascoltati. Con quanta alterigia, con quanta presunzione. Di fronte ai disastri, che non sono certo mandati da Dio ma fanno parte della natura e della drammaticità e fragilità della condizione umana non possiamo che riflettere sulla precarietà dell’esistenza e stringerci attorno ai superstiti in un grande abbraccio di solidarietà.
Il 5 gennaio a Phuket migliaia di cristiani, musulmani e buddisti si sono riuniti per ricordare le vittime del maremoto ed hanno celebrato insieme la cerimonia della luce, un rituale buddista nel quale si ricordano le persone scomparse accendendo una candela. In pochi minuti lo stadio di Phuket brillava di migliaia di piccole luci. Intanto all’estremo nord del pianeta, in Svezia, alle finestre erano accese candeline, secondo la tradizione scandinava, per ricordare le vittime dello Tsunami. Un piccolo gesto ma ricco di significati perché ci fa guardare ad un futuro in cui la società globalizzata non porterà solo emarginazione ma un comune sentire di tutti i popoli.
Come impieghiamo la nostra libertà? Quello di terribile (guerre, stupri, ecc.) che succede nel mondo è opera dell’uomo, quello che viene dalla Natura no ma anche qui l’uomo è responsabile: perché non si fanno opere anche nei Paesi più poveri che prevedono i cataclismi avvisando le popolazione di mettersi in salvo? Sappiamo tutti che ciò è possibile (in altri paesi ricchi); questi mezzi esistono però si preferisce impiegare soldi per la guerra e per lo sfruttamento dei Paesi poveri per tornaconto personale e di potenza mondiale. Quindi, come possiamo dire «dov’era Dio»? Ma noi dove siamo? Noi viviamo sempre di più sulla pelle degli altri.
La globalizzazione, già deprecata e demonizzata nelle piazze, diventa improvvisamente strumento di comunicazione, di condivisione, di partecipazione.
Come mai era accaduto in tempi recenti, il mondo si muove unito per una grande opera di bene. L’onda di dolore si riversa in un’onda ancora più grande: quella della misericordia di Dio verso tutti e quella della solidarietà degli uomini. A un male epocale fa riscontro un bene altrettanto universale, come ai tempi del diluvio. Ora c’è bisogno di persone consapevoli e responsabili per aiutare a non disperdere questo inaudito patrimonio di bene e metterlo a disposizione di un’umanità ferita.
Maremoto nel Sud-est asiatico: ma Dio dov’era?