Lettere in redazione
Lo scienziato ateo convertito dal genoma
Contrariamente a quanto si pensa, molti scienziati sono credenti e ritengono che ogni scoperta scientifica è un passo in avanti nella spiegazione di come Qualcuno ha pensato che andasse regolato il mondo.
Il mese scorso è stato nominato membro della Pontificia Accademia delle Scienze il celebre genetista statunitense Francis Collins, già direttore del «National Human genome research institute», più noto come «Progetto genoma». Sotto la sua direzione, si è giunti alla mappatura dell’intero patrimonio genetico dell’uomo.
Una volta ateo convinto, dopo aver studiato la meravigliosa complessità del genoma umano, Collins ha cambiato idea e ha dichiarato: «La scienza non ha come suo scopo diretto quello di dimostrare l’esistenza di Dio, ma può essere un primo gradino per arrivare poi, con un ragionamento filosofico, a Dio».
A quanto lei giustamente scrive vorrei aggiungere che il professor Collins si occupa da tempo del tema dei rapporti tra scienza e fede, sul quale nel 2006 ha pubblicato il volume «The Language of God: A Scientist Presents Evidence for Belief», tradotto in Italia nel 2007 per i tipi di Sperling e Kupfer («Il linguaggio di Dio. Alla ricerca dell’armonia tra scienza e fede», e17). Si tratta di un lavoro molto interessante, dove racconta il suo percorso di conversione. Le sue «prove» sull’esistenza di Dio si basano soprattutto sul principio antropico (cioè la sorprendente convergenza delle costanti fisiche fondamentali dell’universo verso le condizioni che rendono possibile la vita sulla Terra) e sull’esistenza della legge morale. «Nessuno degli argomenti che sviluppo ne Il linguaggio di Dio ha dichiarato in un’intervista Collins ha la pretesa di essere una prova. Se l’argomento della legge morale dovesse risultare debole e saltasse fuori che le nostre tendenze altruistiche possono essere spiegate sulla base dell’evoluzione darwiniana, la mia fede non ne sarebbe scossa. Ma non credo che sia probabile, dato che, primo, l’evoluzione opera sugli individui, non sui gruppi (e Richard Dawkins su questo è d’accordo). Secondo, l’evoluzione riguarda solo la capacità di un individuo di trasmettere il proprio Dna meglio dei concorrenti. Terzo, proprio per questo il gesto di una persona che aiuta un’altra a rischio della vita è uno scandalo per l’evoluzione, e dovrebbe essere qualcosa a cui noi umani guarderemmo con scherno, non con ammirazione. Tenga presente anche la conseguenza dell’argomento che la legge morale sarebbe un puro risultato dell’evoluzione: vorrebbe dire che il nostro senso del bene e del male è una pura illusione, uno sporco trucco della selezione naturale, con nessun significato di valore di alcun tipo».