Opinioni & Commenti
Lo scandalo della Cap Anamur
I trentasette profughi in questione poco importa se sudanesi, sierraleonesi o nigeriani sono persone in carne ed ossa. Il Viminale aveva il dovere di accertare la loro identità senza lasciarli abbrustolire al sole per 22 giorni, sulla coperta di un bastimento, come cotolette in attesa di sdoganamento – e di collaborare con l’Acnur, l’agenzia dell’Onu preposta all’assistenza dei rifugiati di mezzo mondo, nel rispetto del diritto internazionale.
La burocrazia invece ha preso il sopravvento rivelando peraltro l’inadeguatezza della normativa comunitaria, nell’ambito dell’Unione Europea (Ue). Il paradosso è evidente: si parla di villaggio globale e poi l’Europa si rivela un continente incapace di far fronte, in maniera convincente, ai problemi dell’immigrazione. Un fenomeno, questo, che esige la definizione di politiche solidaristiche nell’interesse di tutti, indipendentemente dall’appartenenza etnica, religiosa e linguistica.
La legalità è direttamente proporzionale al grado di civiltà di un popolo e al rispetto delle convenzioni preposte al bene comune. Se verrà dimostrato che questi profughi sono dei malfattori è bene che vengano giudicati per i loro crimini, ma se fosse diversamente, sarebbe auspicabile un pubblico mea culpa’ da parte di chi di dovere. Stando alle apparenze, la nave tedesca Cap Anamur’ non sembra essere il vascello ideale per foraggiare l’immigrazione clandestina; capo di accusa peraltro mosso nei confronti del comandante Stefan Schmidt. Una cosa è certa: sarebbe auspicabile che lo zelo profuso nel difendere le nostre coste fosse indirizzato verso ben altri lidi. Primo fra tutti, l’approvazione in Italia di una legge organica sul diritto d’asilo da anni invano invocata dalla società civile.