Toscana
Livorno e i rom
di Chiara Domenici
Qualcuno l’ha definito il funerale dei contrasti: il bianco delle bare ed il nero degli abiti a lutto; una cattedrale cattolica che ospita un rito ortodosso; i genitori delle piccole vittime disperati, con accanto degli agenti di polizia; autorità e poveri nelle stesse file di panche della chiesa; i commenti opposti della gente comune, a sostenere o ad accusare.
Quello dei quattro bambini Rom morti nel rogo di Pian di Rota sarà ricordato per queste sue caratteristiche, ma grazie all’impegno di decine di uomini e donne di buona volontà questa celebrazione ed il tragico evento che l’ha preceduta, potrebbero segnare l’inizio di una nuova epoca di attenzione alla questione Rom e a tutte le sue problematiche.
«La Chiesa ha dichiarato monsignor Razzauti, amministratore diocesano di Livorno non può più restare a guardare certe situazioni di degrado. Concedere la cattedrale per salutare dignitosamente questi piccoli è stato un gesto di fraternità, ma anche l’assunzione di una responsabilità. Certo non sarà facile affrontare il problema dei Rom, ma proveremo a farlo, con quell’amore indiscriminato e gratuito verso tutti, soprattutto i più poveri, che ci ha insegnato Gesù. E proveremo a farlo insieme, realtà civili e religiose, perché è così che si lavora per il bene comune».
A celebrare il funerale secondo il rito della chiesa ortodossa rumena sono stati i pope di Massa Carrara Michele Oancea, quello di Lucca Libiu Marina, e quello di Livorno Giovanni Sarpe, alla presenza delle autorità cittadine, provinciali e regionali, del ministro Rosy Bindi, delle Associazioni di Volontariato laiche ed ecclesiali e di numerosi livornesi.
«Oggi è il giorno del dolore, ma il dolore quando arriva deve essere utilizzato per meditare ha dichiarato monsignor Piero Gabella, responsabile della CEI per la pastorale Rom in Italia presente al funerale Di fronte ad un fatto di questo genere dobbiamo pensare a dove sta andando la nostra società. Abbiamo bisogno di un esame di coscienza profondo, come Società e come Chiesa. I gesti di solidarietà e di attenzione ci sono, ma c’è ancora molto da fare in questo campo: è l’ora di pensarci seriamente, di fermarci e pensare, altrimenti non cresciamo come persone e come cristiani e domani saremo ancora qui a celebrare un altro funerale».