Toscana

Liturgia, un richiamo salutare

di Claudio Turrini«Questo documento non taglia le ali, anzi le rende più agili. Non blocca la vita eucaristica. Non schiaccia, ma innalza e vivacizza, perché ti invita a studiare, a riflettere, a catechizzarti per catechizzare, e quindi ad evangelizzare, e poi ti invita ad amare l’Eucarestia….» Monsignor Roberto Pagliazzi, parroco della Cattedrale di Fiesole e incaricato diocesano della liturgia, dà una lettura «positiva al massimo» della recente Istruzione Redemptionis sacramentum pubblicata il 23 aprile scorso dalla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.

«Non è un documento nuovo», ci spiega, «è un richiamo rivolto soprattutto a vescovi e sacerdoti a vivere, sviluppare, migliorare e riscoprire ciò che il “Messale Romano” di Paolo VI dice da 40 anni, pur con alcune precisazioni, perché è chiaro che dopo 40 anni sono necessarie». Eppure, già nel sottotitolo – Su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucarestia, il documento fa capire chiaramente l’intento, che è quello di mettere uno stop a certi abusi liturgici.

«Non ci sorprendiamo – avverte mons. Pagliazzi –. Gli abusi erano già iniziati nella prima comunità cristiana, tanto è vero che San Paolo li stigmatizza in una sua lettera ai Corinti». Ma «l’Istruzione ha un aspetto pastorale e deve diventare occasione, di formazione, di catechesi e di evangelizzazione. Vuole invitare e aiutare i parroci e i fedeli ad una formazione liturgica più approfondita. Perché a volte non sono preparati nemmeno i preti. La liturgia non sono le cerimonie ma è la vita di Cristo che agisce per mezzo della Chiesa. La Chiesa, nel compiere la sua missione, si serve di questi riti, di queste preghiere antiche, della tradizione. Ecco perché gli abusi liturgici rivelano molta ignoranza». «L’Istruzione, sostanzialmente, è un invito ad amare l’Eucarestia – prosegue mons. Pagliazzi –. Certi giornali l’hanno letta in senso negativo: “è proibito questo o quest’altro… si torna indietro”. Non è vero nulla. Anzi si fa un passo in avanti. Però con dei paletti, perché, la liturgia mi è affidata, non è mia personale. E non è affidata all’estemporaneità del sacerdote: stamattina mi sono alzato bene e tratto bene i cristiani… stamani sono nervoso tratto male i miei cristiani. Questo assolutamente no. Ad esempio, non posso fare la Messa su un tavolo da cucina… oppure se sono costretto a farlo devo prevedere uno stacco di tempo tra la celebrazione e la cena».

Monsignor Pagliazzi, ma c’era proprio bisogno di tutti questi richiami?

«Fu il Papa che nella Ecclesia de Eucharestia chiese un documento più specifico con richiami giuridici e liturgici sull’Eucarestia, per eliminare certi arbitri personali. L’Eucarestia non è mia, mi è stata affidata e quindi non posso permettermi di trattarla con arbitrio personale, altrimenti non rispetto il suo carattere sacro e universale. Ma il testo non deve essere visto come un documento disciplinare, perché contiene anche un invito a contemplare e a vivere meglio l’Eucarestia».

Ma questi abusi sono davvero così diffusi?

«L’Istruzione va letta in un’ottica mondiale. In America succede, per esempio, che i sacerdoti si comunichino dopo i fedeli, motivando questa pratica col fatto che quando si ospita una persona a pranzo il padrone di casa serve per primi gli ospiti, mentre per sé si serve per ultimo. Sono motivazioni senza fondamento teologico e giustamente l’Istruzione riprende questo comportamento. Oppure c’è chi al pane azzimo chiede di aggiungere miele o zucchero per fare una specie di dolcetto…».

Questo da noi non avviene. Mentre il richiamo alla fine delle sperimentazioni e all’abuso di modificare i testi liturgici mi sembra più appropriato alla nostra realtà…

«Questo richiamo è importante perché il testo ci è dato dalla Chiesa. Con che diritto posso cambiarlo? Non è mica roba mia, sono soltanto un servitore, un ministro che deve presentare alla comunità quello che la Chiesa mi offre».

Però capita abbastanza di frequente, specie in celebrazioni particolari, che si adattino le orazioni o addirittura il canone…

«Ma si arriva anche a rivolgersi a Gesù perché preghi la Madonna! A volte si arriva anche a questo».

Oppure si sostituiscono le letture, magari prendendole anche al di fuori della Bibbia.

«Se uno vuol leggere un testo lo può fare, ma alla fine, fuori della liturgia. E comunque ci vuole prudenza e intelligenza».

Lo scorso anno, quando furono anticipate alcune norme contenute in una bozza di questa Istruzione, aveva fatto un po’ scalpore la «bocciatura» delle chierichette…

«L’Istruzione dice che sono ammesse, ma la decisione è rimandata al vescovo. Il vescovo è l’autorità in diocesi che deve vigilare, sostenere, animare… Poi oltre al vescovo ci sono le Conferenze episcopali che uniformemente decidono certe linee per il loro paese».

Mi sembra che si dica invece poco a proposito della musica, che pure è uno degli aspetti più discussi della riforma liturgica.

«È vero, forse perché recentemente c’è stato un altro documento del Papa, dedicato a questo tema (il chirografo a cento anni dal motu proprio sulla musica sacra, ndr)».

Si dice però che durante la consacrazione non si deve né cantare né suonare strumenti.

«Anche questa non è una novità. Il Messale lo diceva già: “durante il Canone non si suoni l’organo”. È vero che in qualche chiesa si suona l’organo anche in quei momenti, ma l’importante è che rimanga in sottofondo e non distragga».

L’Istruzione contiene anche qualche precisazione importante sui «ministri straordinari», a partire dal nome stesso.

«Infatti non sono “dell’Eucarestia”, ma “della Comunione”. E sono ammessi solo in casi particolari, straordinari. Chiamati dal parroco e incaricati dal vescovo, portano soprattutto la Comunione ai malati o la distribuiscono in celebrazioni con afflusso eccezionale di fedeli, quando sacerdoti e diaconi siano insufficienti alle necessità».

Nel testo si precisa anche come deve avvenire la comunione sotto le due specie.

«Il celebrante offre prima il Corpo e poi il Sangue. Però è il prete che lo offre, non è che il fedele può servirsene da solo. Neppure il diacono lo può fare, può comunicarsi solo se il sacerdote gli dà il pane e il vino consacrato».

Sull’abitudine di gruppi e movimenti di celebrare una specie di «Eucarestia privata», si dice poco, non trova?

«Sì, su questo l’Istruzione dice poco. È stata un po’ soft…».

L’ultimo paragrafo prevede per il fedele, sia prete che laico, di «sporgere querela su un abuso liturgico presso il Vescovo diocesano». Anche prima dell’Istruzione era possibile fare questo. Ma non trova un po’ pericolosa questa sottilineatura?

«Ma qui forse si vuole evitare che tutte le segnalazioni arrivino a Roma, come spesso succede: prima, dice l’Istruzione, ci si deve rivolgere all’Ordinario della propria diocesi, perché il vescovo deve essere avvertito e non capiti invece, che riceva da Roma una richiesta di chiarimenti su vicende che non conosce. È vero che la cosa è un po’ delicata. Magari il fedele che ama la liturgia tridentina o quella di San Gregorio Magno dice: “quel prete abusa”. No, ci vuole equilibrio, ci vuole una preparazione da parte di chi accusa…».

In positivo, quali sono le più importanti sottolineature del documento?

«C’è il richiamo a dei valori che la Chiesa da sempre ha avuto: la visita al SS. Sacramento, l’adorazione eucaristica… È un invito ai cristiani a vivere meglio l’Eucarestia, a preparare meglio l’Eucarestia domenicale. Va studiato, va meditato, perché la liturgia è Cristo, non è mica altro e attraverso i riti delle preghiere e della liturgia passa l’intero flusso della fede ed ella tradizione e quindi io non posso assolutamente cambiare nulla. Il discorso teologico non va discinto dalla prassi liturgica. Perché il prete si veste dei paramenti sacri? Perché rappresenta la regalità di Cristo. I paramenti sacri non sono per dire guarda che bella pianeta… Quando è all’altare il sacerdote è in persona Christi, non parla a nome suo. Quindi quando il prete dice: “preghiamo fratelli”, o “andiamo in pace”, sbaglia, perché il prete in quel momento impersonifica Cristo; è lui che dice ai fedeli: “andate in pace”: mentre santifica è santificato».

Il testo dell’Istruzione Redemptionis Sacramentum

Ecclesia de Eucharestia