Italia
L’Italia non è un paese per famiglie
L’Italia è al trentanovesimo posto nella graduatoria dell’Indice globale indipendente sulla famiglia (Igif) elaborato nel primo «Rapporto sul diritto alla famiglia nel mondo» realizzato da Fondazione Novae Terrae e Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e di cui un estratto è disponibile sul sito www.novaeterrae.eu. Il progetto, che sarà presentato a breve, ha un duplice scopo: analizzare le caratteristiche della famiglia mettendone in luce in particolare le relazioni interne ed esterne, e verificare se e come sia possibile «fare famiglia» in vari contesti geografici e culturali.
«Il Rapporto prende in esame 46 Paesi e parte dal diritto umano fondamentale che è la famiglia», spiega Luca Volontè, presidente della Fondazione Novae Terrae. «In questo progetto la Fondazione ha trovato un partner intelligente e competente nel gruppo di studio del Centro di Ateneo studi e ricerche sulla famiglia dell’Università Cattolica guidato da Giovanna Rossi. Dopo due anni di lavoro e di confronto reciproco abbiamo individuato 19 criteri per individuare se e come questo diritto umano sia rispettato nel mondo».
L’Indice è così stato costruito a partire da indicatori statistici presenti nei database internazionali, rispetto alla dimensione strutturale della famiglia e alle risorse economiche e sociali per la cura.
L’Indice complessivo Igif è a sua volta composto da 4 dimensioni: presenza di figli e stabilità della relazione coniugale; risorse di natura economica su cui la famiglia può contare (reddito e opportunità lavorative senza discriminazioni per donne e madri); servizi per la cura e la possibilità di conciliare famiglia e lavoro; qualità delle relazioni interne ed esterne alla famiglia.
I risultati raccontano un panorama variegato. In testa alla graduatoria vi sono Danimarca, Nuova Zelanda, Svezia, Norvegia. L’Italia occupa il trentanovesimo posto, seguita solo da Serbia, Polonia, Repubblica Ceca, Rep. Slovacca, Perù, Croazia e Macedonia. «Questa classifica mette in evidenza che ci sono fasi diverse nel riconoscimento di questo diritto – commenta Volontè -. Ci sono Paesi che pur destinando alla famiglia significative risorse economiche non valorizzano le politiche familiari, in altri ci sono buone politiche dedicate ma poche risorse economiche, altri infine dove ci sarebbe un contesto positivo ma mancano sia le politiche che le risorse».
Il Rapporto però rivela che non bastano servizi a supporto della famiglia, risorse economiche e disponibilità per garantire prole numerosa e diffusione del matrimonio. È il caso per esempio proprio delle prime in classifica: Danimarca, Nuova Zelanda, Svezia, Germania, che declinano una sorta di «potrei, ma non voglio». Allo stesso tempo vi sono Paesi in cui è evidente il «vorrei, ma non posso»: Italia, Grecia, Messico, Romania, Serbia, Polonia, Slovacchia, Croazia e Macedonia. In tutti questi casi, i pochi figli e l’elevata instabilità coniugale si uniscono a scarse risorse economiche e contestuali.
Un elemento eloquente emerge dall’uso di un indicatore peculiare: la percezione. «Abbiamo usato dati e statistiche valutate positivamente dalle più grandi organizzazioni internazionali, rimanendo il più possibile fedeli a realtà certificate – chiarisce il presidente di Novae Terrae -. Per la valutazione finale abbiamo inserito nell’indicatore anche ricerche sociologiche internazionali sulla percezione che le famiglie e le persone hanno del proprio contesto, una nozione più soggettiva». Il dato sorprendente arriva dalla comparazione: «anche se, correttamente, nell’ultima appendice abbiamo tolto il soggettivo, questo non cambia molto la classifica». Con una significativa eccezione che ci riguarda: senza il dato di percezione l’Italia scende ancor di più in graduatoria (fino al 43° posto). Come se nel nostro Paese l’impressione delle famiglie fosse più ottimistica del contesto oggettivo.
«Questo è molto interessante – commenta Luca Volontè – perché da un certo punto di vista dimostra come vi siano cittadini di alcuni Paesi che percepiscono un contesto comunque positivo per la famiglia. Dall’altro pone una domanda ancora più urgente alla politica, perché le persone si aspettano di più per completare il proprio desiderio di genitorialità e di famiglia». Insomma, un indicatore forte che «dovrebbe spingere ad un’azione ancora più efficace». Anche perché «le politiche familiari non possono avere effetti sul breve termine».
Ma la posizione dello Stivale, così bassa in classifica, è stata una sorpresa? «Sinceramente non mi aspettavo nulla di diverso – afferma Volontè –, la situazione del nostro Paese è un dato oggettivo. In ogni campagna elettorale negli ultimi vent’anni si è sempre parlato di politiche familiari, ma poi vere politiche familiari non sono state realizzate». Per il presidente della Fondazione Novae Terrae, inoltre, «le piccole misure che sono state introdotte (social card e bonus per primo figlio) sono state menomate per ragioni di bilancio e negli anni non si è potuto verificarne la bontà. Così come c’è questo vizio italico di introdurre tetti di reddito per ogni cosa: non risponde a equità e diminuisce ancora in più gli effetti». Ma, chiarisce Luca Volontè, «noi non vogliamo essere in polemica con nessuno, il nostro intento è offrire stimoli che possano far riflettere i responsabili politici».