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L’Iraq dice sì agli ispettori Onu

L’Iraq accetta il ritorno nel Paese, senza condizioni, degli ispettori internazionali. Il governo di Baghdad lo ha comunicato lunedì sera con una lettera consegnata al segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, che ne ha reso noto il contenuto e ha annunciato che la porterà all’esame del Consiglio di Sicurezza. Scettica la prima reazione della Casa Bianca.

“Vi posso confermare che ho ricevuto una lettera dalle autorità irachene contenente (la decisione) di consentire il ritorno degli ispettori, senza condizione, perché continuino il loro lavoro. Hanno anche acconsentito a dare immediatamente avvio a discussioni sugli aspetti pratici del ritorno degli ispettori”, ha detto Annan.

Gli ispettori delle Nazioni Unite, incaricati di verificare il rispetto iracheno del divieto di costruire armi di distruzione di massa, hanno lasciato il Paese nel 1998 alla vigilia di una attacco aereo anglo-americano. Il ministro degli Esteri iracheno Naji Sabri ha consegnato la missiva ad Annan stesso, presente il segretario della Lega Araba Amr Moussa, che Annan ha ringraziato per il “ruolo chiave” svolto “con i suoi sforzi indefessi per convincere l’Iraq a consentire al ritorno degli ispettori”. Ora Annan girerà la lettera al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, “e dovranno decidere quale sarà la prossima mossa”, nelle parole dello stesso segretario generale.

Il vice premier iracheno, Tareq Aziz, ha confermato l’apertura di Baghdad al ritorno degli ispettori dell’Onu «senza condizioni», in una conferenza stampa trasmessa in diretta dalla rete televisiva al Jazeera. Aziz, ha precisato che una aggressione contro l’Iraq da parte degli Stati Uniti, insieme alla Gran Bretagna, sarebbe «ingiustificata». L’Iraq, ha aggiunto Aziz, si comporta in modo «onesto e aperto» con gli Stati Uniti e la decisione di riammettere gli ispettori «non è una tattica». Il programma di sviluppo di armamenti di massa è stato «completamente smantellato», ha assicurato inoltre. Le accuse di Bush sono quindi «una barzelletta», giustificata solo dalla volontà di Washington «di controllare il greggio» della Penisola araba. Se l’America riuscisse a portare a termine questo progetto, ha precisato, gli interessi di «Europa e America Latina sarebbero minacciati». «Gli Stati Uniti e i sionisti vogliono tracciare una nuova mappa del Medio Oriente».

La prima reazione della Casa Bianca di fronte all’apertura irachena è di forte scetticismo. “Non prendiamo alla lettera quello che Saddam dice”, ha detto alla CNN una fonte dell’amministrazione Bush, precisando che la linea del presidente George W. Bush – secondo il quale l’Onu deve agire per risolvere la questione irachena, o gli Usa agiranno anche da soli – va oltre la questione degli ispettori.

Gli Usa vogliono dall’Onu una risoluzione che imponga il ritorno degli ispettori in tempi strettissimi, sotto pena dell’uso della forza, ma una fonte della Casa Bianca ha detto “lavoreremo con le Nazioni Unite e specificamente con il Consiglio di sicurezza su quello che sarà chiesto all’Iraq di accettare. Ma niente negoziati. Le Nazioni Unite faranno le richieste, oppure lo faremo noi, ma lui (Saddam Hussein) non ha voce in capitolo”.

Intanto, la Casa Bianca e i leader parlamentari avvieranno in settimana un confronto preliminare al voto del Congresso su una risoluzione di sostegno alla posizione di Bush sulla questione Iraq. Al presidente non è formalmente necessario l’appoggio del Congresso per agire contro l’Iraq, ma Bush ha dichiarato che cercherà comunque un appoggio parlamentare, che l’ampia maggioranza di deputati e senatori è orientata a votare.

Per la Russia invece non è più necessaria alcuna nuova risoluzione sull’Iraq. Lo ha affermato il ministro degli esteri, Igor Ivanov, citato dall’Agenzia di stampa Itar-Tass. «Siamo riusciti – ha dichiarato il capo della diplomazia di Mosca in seguito alla diffusione della notizia dell’apertura di Baghdad al ritorno degli ispettori delle nazioni Unite in Iraq – a smorzare il pericolo di un intervento militare e a riportare la questione su un canale politico». La Russia, insieme a Cina, Francia, Gran bretagna e Stati Uniti, è uno dei cinque membri permanenti, con diritto di veto, del Consiglio di sicurezza dell’Onu. La posizione di Mosca è quindi cruciale per arrivare o meno a nuove risoluzioni sull’Iraq, così come richiesto con insistenza, anche dopo la nuova mossa di Baghdad, dagli Stati Uniti.

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