Vita Chiesa

L’invocazione di pace di un papa sofferente

DI CLAUDIO TURRINIIl Papa che aveva abituato il mondo all’augurio di pace in una sessantina di lingue diverse, questa volta non è riuscito a pronunciare che una flebile benedizione, quasi impercettibile. Nonostante la delicata convalescenza dopo l’operazione di tracheotomia subita il 24 febbraio scorso Giovanni Paolo II non ha però rinunciato ad affacciarsi dalla finestra del suo studio, rimanendovi in silenzio per quasi un quarto d’ora, mentre il segretario di stato vaticano, card. Sodano, leggeva a suo nome il messaggio «Urbi et orbi» e il diacono annunciava la benedizione pontificia e l’indulgenza plenaria. A questo punto gli è stato avvicinato il microfono e il Papa ha benedetto la folla ma le parole sono uscite molto flebili dalla sua bocca, quasi incomprensibili. Il gesto delle mani è stato però più eloquente di ogni parola.

Nel corso della diretta (104 televisioni collegate in 74 paesi del mondo), sottolineata più volte dagli applausi dei settantamila fedeli che affollavano piazza San Pietro, Giovanni Paolo II è apparso all’inizio più affaticato e poi in forma migliore. Il viso era a tratti sofferente, anche se è sembrato più un disagio psicologico che fisico. Il diacono ha anche pronunciato una preghiera «perché il Signore – ha detto – conservi a lungo il Papa a guida della Chiesa e conceda pace e unità alla Chiesa in tutto il mondo». Molti fedeli in piazza san Pietro si sono commossi alla vista del Papa, affacciato alla finestra del suo studio, a tratti sofferente e che non riusciva a parlare. Un applauso lo ha accolto quando è comparso alla finestra e un silenzio assorto mentre tentava di articolare le parole della benedizione. Sulla piazza, inquadrati dalle telecamere, si vedevano uomini e donne con i volti di rigati di lacrime.

Nel messaggio pasquale, letto come si è detto dal segretario di stato vaticano, il Papa ha invocatola pace per il Medio oriente e l’Africa «dove tanto sangue continua ad essere versato» e pace per «tutta l’umanità» messa in pericolo da «guerre fratricide». Il Papa ha invitato inoltre alla «solidarietà generosa» verso le moltitudini di poveri e di chi soffre e muore per «fame, epidemie letali, catastrofi naturali». Nella su apreghiera il Papa ha chiesto anche «fiducia e speranza per quanti cercano il senso vero della loro esistenza» e ha auspicato che «il progresso materiale dei popoli non offuschi mai i valori spirituali che sono l’anima della loro civiltà».

La benedizione «Urbi et Orbi» era l’ultimo impegno di questa faticosa settimana santa che per il Papa è stata un’autentica «settimana di passione». Delegate le celebrazioni in San Pietro ai cardinali più eminenti (da Ruini a Ratzinger, da Sodano a Re), Giovanni Paolo II, per la prima volta nel suo lungo pontificato, ha potuto seguire i riti solo attraverso la televisione. Costretto a saltare anche la Via Crucis del venerdì santo, in quell’occasione però si è concesso ai fedeli attraverso una ripresa di spalle mentre nella sua cappella seguiva il rito, tenendo tra le mani una croce. Anche in quell’occasione nessuna parola, ma solo il gesto sofferente di chi ripone tutta la sua forza solo in Dio. «Offro anch’io le mie sofferenze perché il disegno di Dio si compia e la sua parola cammini fra le genti. Sono a mia volta vicino a quanti, in questo momento, sono provati dalla sofferenza. Prego per ciascuno di loro», aveva scritto nel messaggio letto a suo nome dal card. Ruini. «In questo giorno memoriale del Cristo crocifisso guardo e adoro con voi la Croce e ripeto le parole della liturgia: “O crux, ave spes unica!” Ave, o Croce, unica speranza, donaci pazienza e coraggio e ottieni al mondo la pace!».

MESSAGGIO URBI ET ORBI: UN PAPA SOFFERENTE E SENZA VOCE INVOCA LA PACE SUL MONDO