Riprendere la vita pastorale «con convinzione, senza però avventurarci in modalità che potrebbero mettere in pericolo i fedeli e quindi farci ripiombare indietro verso limitazioni che non vorremmo più sperimentare. Ci è chiesto equilibrio, spirito di comunione, responsabilità. Quella che abbiamo esercitato finora, come ci viene riconosciuto da più parti». È una delle indicazioni che il cardinale Giuseppe Betori ha dato al clero fiorentino, durante la tre giorni di formazione permanente che, come da tradizione, ha visto riuniti preti, diaconi e religiosi. Un incontro che si è svolto alla Certosa del Galluzzo, dove gli spazi ampi hanno facilitato la partecipazione; l’arcivescovo di Firenze ha colto l’occasione anche per un’analisi della situazione sociale ed ecclesiale e per offrire alcune considerazioni circa «lo spirito con cui affrontare questi tempi».Betori ha richiamato gli argomenti già affrontati nei mesi scorsi: l’esperienza della fragilità come invito a riconoscere la vita come dono e a metterci al servizio dei fratelli più deboli, l’attenzione a «coniugare insieme tutela delle persone ed espressioni di vita comunitaria, tutto nello spirito di servizio alla gente». L’invito è quello ad agire con «generosità e prudenza», ricordando che «il principio fondamentale dell’azione pastorale resta sempre il bene delle persone che ci sono affidate». Secondo l’arcivescovo di Firenze, «l’uscita dai tragici giorni segnati da morti dolorose non significa la progressiva scomparsa della pandemia, bensì il suo apparire in forme nuove, non meno diffuse e in ogni caso capaci ancora di mettere in crisi la necessaria ripresa economica e sociale, quella educativa anzitutto. Se qualche mese fa potevamo sperare di uscire dalla pandemia, ora tutto lascia intravvedere che con essa dovremo continuare a convivere. Dovremo farlo però in modo tale da non ostacolare il recupero delle essenziali forme della vita sociale e il rilancio della vita economica. Questo richiede mantenere alta l’attenzione alle precauzioni e al tempo stesso di guardare con coraggio e inventiva al futuro». Considerazioni che valgono anche per la ripresa della vita pastorale. Indicazioni generali, che poi ogni parrocchia dovrà misurare sulla propria realtà concreta: «Ciascuno dovrà assumersi la responsabilità di valutare che cosa poter fare e come, decisioni che il vescovo e i suoi collaboratori sono pronti ad accompagnare con opportuni pareri e a sostenere di fronte ai fedeli».Uno dei temi principali della tre giorni del clero fiorentino è stata l’accoglienza della nuova traduzione del Messale, con gli interventi del vescovo Claudio Maniago, presidente della Commissione per la liturgia della Cei, e di don Franco Magnano, già direttore dell’Ufficio liturgico nazionale. Il passaggio alla nuova edizione del Messale, ha sottolineato Betori, «dovrà essere un’occasione per formare le nostre assemblee a una comprensione più profonda della liturgia che celebrano e per invitare noi stessi a presiederle con fede consapevole, con fedele adesione ai testi e ai gesti proposti, con corrispondenza tra ciò che celebriamo e come viviamo».