Lettere in redazione
L’inquinamento dell’aria nasce da lontano
Sto leggendo sui quotidiani le notizie sul procedimento a carico di alcuni sindaci toscani accusati di avere trasgredito le norme contro l’inquinamento ambientale. Non trovo in questa prima fase processuale da nessuna parte alcun richiamo ai precedenti storici sull’inquinamento cittadino e ignoro se questa lacuna sia dovuta a una vera e propria assenza di ricerche storiche che pure sono indispensabili per comprendere la questione.
È certo che dal medio evo fino a centocinquanta anni fa gli effetti dell’inquinamento a Firenze erano già gravissimi. La situazione rischiò di peggiorare quando a metà dell’Ottocento una parte dell’alta finanza e una parte dei movimenti politici si unirono per impedire i piani urbanistici del granducato lorenese che prevedevano un’estesa fascia di parchi e giardini pubblici nelle aree rimaste fino ad allora verdi tra il centro storico fiorentino e le mura trecentesche ancora intatte. Oggi di quel sogno restano i pochi alberi di piazza dell’Indipendenza, piazza della Libertà, piazza Savonarola, piazza D’Azeglio che dovevano essere unite in una continua fascia verde, saturata invece e purtroppo dai quartieri residenziali di alto reddito. Poi negli ultimi decenni dell’Ottocento si abbatterono le mura trecentesche ma al loro posto si aprì un viale di circonvallazione di un’ampiezza che oggi risulta modesta. Quindi si rasero al suolo anche i quartieri fatiscenti e degradati del centro (alcuni avevano enorme valore storico) e pure nel cuore cittadino intorno all’attuale piazza della Repubblica si ricostruirono nuovi grandi edifici residenziali, commerciali e pubblici o «direzionali». Il grande disastro ambientale era così irreparabile. Fu aperto, è vero, il viale dei Colli che non poteva diventare tuttavia il collegamento indispensabile tra i territori a levante di Firenze e quelli a ponente, già esistenti ai tempi dei Romani.
Ancora all’inizio del Novecento le malattie polmonari facevano a Firenze un numero di vittime impressionante. Le industrie, i palazzi pubblici, le abitazioni usavano carbone e coprivano di fumo interi quartieri. Fino al 1940 era necessario disinfettare le strade con getti di creolina per eliminare gli effetti del passaggio di centinaia di cavalli nel centro cittadino. Solo i lavori di risanamento negli antichi o vecchi quartieri tra il 1918 fino al 1950 posero fine a una situazione sempre più degradata. C’erano altre fonti di inquinamento: le coperture in amianto, i freni di tram e auto con componenti in amianto e altri materiali pericolosi.
Uno dei pochi sollievi a tanti disastri fu la politica di rimboschimento tra il 1918 e il 1950 che ha restituito abetaie e querceti alle colline intorno a Firenze, compreso Monte Morello e l’area dell’Impruneta, che cento anni fa erano quasi del tutto prive di selve.
Finalmente mentre erano sindaci La Pira e Bargellini si cominciò a realizzare quel piano di nuove vie di circonvallazione intorno alla città che purtroppo è rimasto non realizzato. Soltanto ora l’imminente apertura della galleria stradale tra il Galluzzo e Scandicci avvia a porre fine a una delle vere cause dell’inquinamento ambientale fiorentino mentre è faticosamente in corso l’ampliamento dell’Autostrada del Sole, opera che non fu, però, ideata per accogliere il traffico urbano.
Ma tutte queste opere non basteranno ad adeguare l’atmosfera di Firenze ai limiti e parametri derivanti da norme della Comunità europea, discutibili anche giuridicamente, perché alcuni fattori inquinanti sono di origine naturale e su questo i tecnici devono indagare se non lo hanno già fatto. Avvertivamo in estate alcuni effetti tipici dell’eccesso di ozono (irritazioni, disturbi polmonari) perfino in tempo di guerra, quando circolazione e industrie erano ferme. Sta ai tecnici stabilire se l’ozono abbia origine anche dalle rocce delle colline o dai laterizi di argilla silicea. Sono altrettante ben note le piogge che in autunno e primavera portano sulla Toscana la sottile sabbia desertica africana.
Ringrazio l’amico Nereo per questo interessante excursus storico che ci fa vedere come i problemi di oggi abbiano origine nelle scelte del passato, anche abbastanza remoto. Solo negli ultimi decenni si è preso coscienza dei rischi dell’inquinamento atmosferico e sono stati fissati obiettivi progressivi di riduzione, che hanno spinto a produrre caldaie e mezzi di trasporto sempre meno inquinanti. L’ultima direttiva è quella approvata l’11 dicembre scorso dal Parlamento europeo che per la prima volta introduce limiti anche per le polveri fini (Pm2,5), particolarmente insidiose perché penetrano negli alveoli e possono provocare il cancro ai polmoni. Se andiamo a guardare i primi monitoraggi della qualità dell’aria, agli inizi degli anni ’90, ci rendiamo conto che la situazione allora era davvero drammatica. Ma anche adesso sono troppe le città toscane dove si superano i limiti di legge. E francamente non mi sembra che si stia facendo molto per intervenire. Anche perché sarebbero necessarie misure impopolari, come una forte limitazione del traffico privato, che nessuna amministrazione ha il coraggio di prendere. Capisco che siano problemi complessi e che il sindaco di una città come Firenze, i cui confini sono molto stretti, rispetto all’estensione dell’area urbana, da solo possa fare ben poco per intervenire in questo settore. Ma le leggi ci sono e vanno rispettate.