Toscana

L’inganno della «dolce morte»

Il caso è stato rilanciato da Piergiorgio Welby, co-Presidente dell’Associazione Luca Coscioni, sofferente di distrofia muscolare progressiva. In un lungo video-appello ha chiesto al Presidente della Repubblica che «ai cittadini italiani sia data la stessa opportunità che è concessa ai cittadini svizzeri, belgi, olandesi», di accedere all’eutanasia.

La risposta di Giorgio Napolitano (entrambi i testi sono pubblicati integralmente sul sito dell’Associazione Luca Coscioni) è arrivata subito: si è detto «toccato e colpito come persona e come Presidente» e ha auspicato un «confronto» nelle sedi «più idonee» perché «il solo atteggiamento ingiustificabile sarebbe il silenzio». Se Fausto Bertinotti si è detto subito disponibile ad affrontare il tema alla Camera, uno stop è arrivato da Franco Marini. «Eutanasia è una parola che per me non esiste», ha detto la seconda carica dello Stato aprendo, però, al testamento biologico, che del resto era previsto nel programma di Prodi.

Un «no all’eutanasia, che è sempre una forma di assassino» è stato ribadito dal card. Javier Lozano Barragan, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori sanitari. Anche Barragan apre al «testamento biologico», ma solo per dire «no» «all’accanimento terapeutico, inutile e dannoso».

«Non lasciamo soli malati e famiglie» «Molte famiglie affrontano giorno dopo giorno quella “prigione senza barriere” che è la malattia di un loro caro. Bisogna però che non siano lasciate da sole di fronte a queste situazioni». Così Fulvio De Nigris, direttore del Centro studi per la ricerca sul coma, nato a Bologna per iniziativa dell’associazione «Gli amici di Luca», fondata nel 1997 dallo stesso De Nigris e intitolata al figlio Luca, scomparso nel 1998 dopo 240 giorni di coma, commenta il caso di Piergiorgio Welby, malato terminale che ha chiesto al presidente della Repubblica di poter praticare l’eutanasia.

«Società e istituzioni – spiega – non devono lasciare soli i malati terminali e le loro famiglie: essi chiedono una formula per poter vivere una “vita familiare” dignitosa, convivendo con la malattia e con quanti ne sono affetti. Lo slogan della nostra associazione è proprio “Vale la pena”: siamo convinti che valga la pena vivere, rimboccandoci le maniche per affrontare i problemi». E conclude: «Sarebbe auspicabile un tavolo in cui le associazioni che affrontano questi temi possano mettere in campo problematiche e scandagliare disponibilità. La richiesta della “morte dolce” nasce da uno stato di profonda depressione, che ha all’origine il sentirsi soli, abbandonati da tutti a motivo della sofferenza fisica che si sta vivendo».

Sulla delicata vicenda, si esprime anche l’associazione Scienza & Vita. «Il vero volto dell’eutanasia, mascherata da “esercizio di autonomia e di libertà”, è la totale indifferenza al grido di aiuto dell’uomo che soffre e che ha paura dell’abbandono e della morte. È la ricerca di una scorciatoia per non impegnarsi umanamente e clinicamente con il malato». La denuncia è contenuta in una nota diffusa lunedì 25 settembre, nella quale l’associazione esprime «la propria contrarietà sia all’accanimento terapeutico, sia a qualsiasi forma di eutanasia».

«La vera risposta al grido di aiuto dell’uomo che soffre, – si legge nella nota – e per il quale non vi sono più terapie proporzionate, è prendersene cura, sia alleviando il dolore e la sofferenza, sia sostenendolo nei momenti di difficoltà e di smarrimento. Questo richiede un forte impegno da parte della società nell’incrementare l’accesso alle cure palliative e nel prevedere efficaci reti di assistenza domiciliare, strutture di ricovero per la lungodegenza, interventi a sostegno delle famiglie». «Subordinare la tutela della vita umana in ogni sua fase, anche quella di estrema sofferenza o terminale, a questioni più ideologiche che reali, – conclude l’associazione – sarebbe il segnale del fallimento di una intera società che non sa preoccuparsi di chi è più debole e indifeso».

Dall’Associazione Medici Cattolici Italiani (Amci) giunge l’ennesimo monito: «Il valore della vita e la sua difesa in ogni momento e condizione deve essere considerato un valore assoluto e riconosciuto come fondamento costitutivo della umana convivenza e della comunità nazionale». A parlare è Filippo Boscia, vicepresidente vicario dell’Amci, di recente nominato a presidente del Forum nazionale delle associazioni e movimenti di ispirazione cristiana operanti in campo socio-sanitario (21 associazioni). Boscia ribadisce «che la vita umana è intangibile e quindi mai disponibile per decisioni personali o sociali».

Aggiunge, inoltre, che «nel rifiutare ogni forma di accanimento terapeutico che prolunghi una vita ormai avviata alla sua conclusione, il Forum auspica un maggiore impegno ed operatività in tutti i luoghi di cura affinché il dolore possa essere contrastato attraverso adeguato sostegno e l’accesso ai farmaci antidolorifici di nuova generazione e alle cure palliative sia facilitato».

E l’Amci Milano, sottolinea come il medico cattolico sia «ogni giorno chiamato a riconoscere i confini della sua professione e a non agire contro natura». Nel merito della questione, «i medici cattolici ribadiscono la libertà di intervento dell’operatore sanitario a tutela della salvaguardia della vita umana», ribadendo che «mai dovrà essere permesso un omicidio medicalmente assistito». «Non è questione religiosa.

Ancora una volta è in gioco la ragione» commenta Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita che aggiunge: «Un dibattito serio e costruttivo, che consideriamo senz’altro utile, non può non prendere le mosse dal lavoro fatto dal Comitato nazionale di bioetica che più volte si è pronunciato in materia di eutanasia attiva e passiva. Molto recentemente ha valutato la proposta di riconoscimento del cosiddetto testamento biologico, riconoscendone un senso solo nella misura in cui esso consente la continuazione del dialogo medico-paziente senza vincolare scienza e coscienza del medico anche quando il paziente diviene incapace di intendere e di volere».

«Qualora la politica voglia affrontare in maniera seria e concreta i problemi della disabilità e della non autosufficienza, – afferma il Centro di Bioetica dell’Università Cattolica – dovrà tenere in adeguata considerazione le reali condizioni in cui le persone con patologie gravi, in particolare neurodegenerative, e le loro famiglie vivono: mancanza di assistenza domiciliare qualificata, di supporto adeguato alla famiglia, di una rete organizzata e coerente di servizi sociali e sanitari, di reale solidarietà, coinvolgimento e sensibilità da parte dell’opinione pubblica».

Lo scambio di lettere L’appello di Welby «Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso… morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita… è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche… Quando un malato terminale decide di rinunciare agli affetti ai ricordi, alle amicizie, alla vita e chiede di mettere fine ad una sopravvivenza crudelmente biologica io credo che questa sua volontà debba essere rispettata ed accolta con quella pietas che rappresenta la forza e la coerenza del pensiero laico… La mia richiesta, che voglio porre in ogni sede, a partire da quelle politiche e giudiziarie è oggi nella mia mente più chiara e precisa che mai: poter ottenere l’eutanasia. Vorrei che anche ai cittadini italiani sia data la stessa opportunità che è concessa ai cittadini svizzeri, belgi, olandesi». E la risposta di Napolitano «Ho ascoltato e letto con profonda partecipazione emotiva l’appello che lei ha voluto pubblicamente rivolgermi. Ne sono stato toccato e colpito come persona e come Presidente. (…) Penso che tra le mie responsabilità vi sia quella di ascoltare con la più grande attenzione quanti esprimano sentimenti e pongano problemi che non trovano risposta in decisioni del governo, del Parlamento, delle altre autorità cui esse competono. E quindi raccolgo il suo messaggio di tragica sofferenza con sincera comprensione e solidarietà. Esso può rappresentare un’occasione di non frettolosa riflessione su situazioni e temi, di particolare complessità sul piano etico, che richiedono un confronto sensibile e approfondito, qualunque possa essere in definitiva la conclusione approvata dai più. Mi auguro che un tale confronto ci sia, nelle sedi più idonee, perché il solo atteggiamento ingiustificabile sarebbe il silenzio, la sospensione o l’elusione di ogni responsabile chiarimento». La scheda EUTANASIA Letteralmente «dolce morte». È «attiva» quando il medico causa direttamente la morte del malato con una sostanza letale e «passiva» quando invece si sospende una cura o si stacca un macchinario che permettono al malato di rimanere in vita SUICIDIO ASSISTITO È una forma di eutanasia in cui è il malato stesso a procurarsi la morte, con appositi mezzi forniti da un medico ACCANIMENTO TERAPEUTICO Si definisce così un trattamento medico che prolunga in modo artificioso le funzioni vitali di un paziente moribondo TESTAMENTO BIOLOGICO È un atto con il quale, nel pieno delle proprie facoltà mentali, si può chiedere che siano interrotte cure mediche quando queste non fossero più, in alcun modo, efficaci. Il medico potrà rifiutarsi di eseguire le volontà del paziente ma dovrà spiegare il perché del suo no.

Sì al «testamento», purché non sia una scelta di morte

L’Associazione Luca Coscioni