Lettere in redazione
L’Imu su immobili storici è incostituzionale
Sono uno dei fortunati/sfortunati proprietari di un immobile storico-artistico nel centro di Firenze. Fortunato perché ritengo sia un privilegio poter contribuire a tramandare la storia ai posteri tramite il mantenimento di un bene immobile storico-artistico, sfortunato perché sempre in continua tribolazione per i problemi causati dai vincoli imposti dalle Sovrintendenze, gli alti costi manutentivi e la recente pressione fiscale insostenibile.
Il governo Monti con il decreto 16/2012, convertito in legge il 26 aprile 2012 (L.44/2012) ha abrogato il regime tributario sostitutivo previsto e consolidato in giurisprudenza per gli immobili storici-artistici (art. 11 comma 2 della L. 413/91), che era stato ritenuto dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 346/2003) e della Corte di Cassazione (n. 5518/2011), di stretta attuazione dell’art.9 della Costituzione italiana:«La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». La nuova legge introduce solo delle agevolazioni del tutto insufficienti che determinano imposte da pagare, tra Imu e Irpef, aumentate di oltre il 1200%, rispetto alla «vecchia» normativa, molto molto lontana dal costituire un nuovo regime tributario sostitutivo, come previsto fino ad oggi.
Tempo fa ho letto che per il Convitto della Calza a Firenze la Chiesa pagava oltre 10 mila euro di Ici. Avete provato a fare i conti per questo ed altri immobili storici vincolati della Chiesa dopo le recenti modifiche tra Imu e abrogazione agevolazione Irpef? Anche se la Chiesa pagherà tra un anno o due, ciò non toglie che siamo davanti ad uno «sproposito»! Si deve ripristinare il «vecchio» regime tributario sostitutivo per l’Imu e l’Irpef!
Effettivamente, nonostante che in seconda battuta sia stata introdotta una riduzione del 50% della base imponibile per i fabbricati di interesse storico o artistico, così come sono definiti dall’articolo 10 del Codice dei beni culturali (Dlgs 42/2004), il nuovo regime fiscale dell’Imu si traduce in un incremento del prelievo, perché con l’Ici questi fabbricati erano tassati in base al valore catastale risultante dalla tariffa d’estimo più bassa tra quelle delle propria zona censuaria e vi era anche un’analoga agevolazione per l’Ires. Come ha scritto in una lettera aperta a Monti il presidente dell’Associazione Ville Venete, Alberto Passi, quello precedente, che era passato anche al vaglio di sentenze della Cassazione e della Corte Costituzionale, come ci ricorda il lettore, non era «un regime agevolato, ma un regime speciale, volto a riequilibrare la situazione degli immobili storici (maggior interesse nazionale, maggiori vincoli e costi, minori imposte), con quella degli altri immobili (minori vincoli, minore manutenzione, maggiori imposte)». Aver accantonato quel «regime speciale» è un atto di miopia da parte del Parlamento. Anche per gli immobili storici di proprietà di enti ecclesiastici e non adibiti a culto o a pastorale, si pone questo problema. Pagheranno più Imu e più Ires a scapito magari della manutenzione. Poi quando andranno in malora lo Stato sarà costretto ad intervenire, spendendo ben più di quanto c’ha guadagnato inasprendo il regime fiscale. Oppure li lascerà cadere.
Claudio Turrini