Sport
L’impresa: il recordman che corre con il Tau al collo
Ha macinato chilometri a nuoto, in bici e correndo. Tommaso Fusco, 23 anni, aretino, ha da pochi giorni stabilito il primato, che sarà registrato dal Guinness World Records, di 71 Half Ironman in 66 giorni consecutivi
È reduce da una vera e propria impresa, anche se non olimpica, che lo ha fatto soffrire, sudare e, alla fine, sorridere di gioia. Tommaso Fusco, aretino, classe 2001, laureato a Perugia in Biologia e iscritto alla magistrale di Biologia evoluzionistica a Padova, ha da pochi giorni stabilito il record, che sarà registrato dal Guinness World Records, di 71 Half Ironman in 66 giorni consecutivi. Per i non addetti ai lavori Ironman è il nome della gara più famosa di triathlon: 4 chilometri di nuoto, 180 chilometri di bici, 42 chilometri di corsa. Half Ironman è la metà di un Ironman, in pratica sono due gare diverse sotto lo stesso nome.
«Per quello che ho fatto io – spiega Tommaso – è improprio dire Half Ironman però è il sistema più facile per comunicarlo. Per essere corretti nel mio caso bisognerebbe dire: triathlon da lunga distanza da 113 chilometri. Comunque un Half Ironman è un triathlon in cui si devono percorrere 2 chilometri di nuoto, 90 di bici e 21 di corsa».
Un record che non dimenticherai facilmente…
«Per la precisione ne ho stabiliti due di primati: il Guinness World Record del maggior numero di triathlon (113 chilometri Half Ironman) fatti in un anno (il precedente recordman, Andy Stone, ne ha fatti 70 in 75 giorni), e il world record per il maggior numero di triathlon (113 chilometri Half Ironman) fatti in giorni consecutivi senza pause (il precedente record era di 36 e apparteneva all’australiano Layne Storrier)».
Come ti è venuto in mente di cimentarti in un’impresa del genere?
«Semplicemente. Ho trovato un record e ho chiesto se potevo batterlo, la proposta è stata accettata, mi sono state mandate delle linee guida da seguire. Adesso sto sistemando tutti i dati, ho dovuto fare foto e video, caricare tracce, riunire testimoni oculari e ci vorrà ancora qualche settimana prima che mi mandino il certificato che stabilisce che sono io il nuovo recordman».
Questo è il bel finale di una storia che immagino sia iniziata un po’ di tempo fa…
«Da quando avevo 18 anni ho cominciato con l’amore per la natura e questo mi ha portato ad approcciarmi alla corsa nel bosco, il trail ranning, facendo delle gare in montagna. Ho fatto questo tipo di scelta perché per me correre nel bosco è un percorso non tanto fisico quanto meditativo, mi avvicina molto alla preghiera e a Dio. Quando corro porto sempre il Tau al collo, segno di amicizia per san Francesco, ma, ancor di più, come segno di appartenenza a Dio che avverto nella natura, nella fatica e nello sforzo e che ringrazio nei momenti difficili. Poi ho iniziato anche ad andare in bicicletta per fare viaggi, per conoscere. Avendo fatto percorsi talvolta anche pericolosi ma brevi avevo l’esigenza di capire cosa sarebbe successo a stare due tre mesi in azione tutto il giorno, come avrebbero reagito il mio corpo e la mia testa. Con questo record ho avuto modo di sperimentare un certo tipo di alienazione, meditazione che mi ha permesso di capire che mentalmente ci sono: mentalmente riesco a gestire bene le difficoltà e il fisico risponde bene. Per me il record non è assolutamente un arrivo e non era neppure così tanto significativo di per sé. La chiave del successo che ho avuto in questo progetto è il fatto che per me fosse un obiettivo realizzabile soprattutto a livello mentale. Anche se alla fine è stato veramente impegnativo».
Quanto tempo hai impiegato per prepararti?
«Ci ho messo sette mesi a preparare la gara. Stando nei dintorni di casa. Studio a Padova e mi sono allenato tra Arezzo e Padova poi a metà maggio sono partito e sono rimasto ad Arezzo. Per quanto riguarda la gara, la maggior parte del nuoto l’ho fatta al Lago Trasimeno in Umbria, la bici tra Arezzo e Cortona e la corsa tra Montepulciano e Arezzo».
Luca Carboni cantava: Ci vuole un fisico bestiale…
«Macché. In realtà serve una buona base fisica, prima di iniziare a correre io facevo scherma poi ho cominciato a fare molto corpo libero, arrampicata su roccia, cose che mi sono tornate molto utili. Ma casualmente. Comunque fisicamente non ho mai avuto problemi. Se certe cose le fai da giovane il corpo ha una grandissima adattabilità. Inoltre ho fatto e sto facendo dei test in collaborazione con dei professori dell’Università di Padova per confrontare i miei adattamenti prima e dopo questi mesi. Ora si tratta di vedere quanti danni ho avuto a livello muscolare. Dopo il tutto dovrebbe confluire in un articolo scientifico».
La tua famiglia e i tuoi amici che dicono delle tue imprese?
«Sotto sotto i miei genitori sono contenti, anche se preoccupati per la mia salute. Mi hanno dato tanto supporto. I miei amici non mi considerano tanto normale, in senso buono s’intende, ma mi stanno vicini. Per ora non sono riuscito ad avere sponsor a livello economico ma supporti materiali, alla fine ho speso solo nel cibo. All’inizio ingerivo 5 mila calorie al giorno e dopo mi sono adattato, per fortuna ero in campagna e ho mangiato cibo a chilometro zero e potevo avere verdura e uova a volontà».
La tua prestazione con l’obiettivo del record ha avuto anche uno scopo benefico giusto?
«Sì, la raccolta fondi per l’iniziativa di Oxfam Italia “Dona acqua, salva una vita”. Abbiamo fornito 230 mila litri di acqua potabile».
Per il futuro ti vedi alle Olimpiadi?
«No macché, son troppo lento per le Olimpiadi… anche se il triathlon olimpico copre una distanza più breve. Secondo me è importante essere molto realisti sui propri talenti. Come stile mi piacciono molto le traversate non supportate, la prossima impresa potrebbe essere un ghiacciaio, magari il Vatnajokull in Islanda, o il deserto. Mi servirà un anno di preparazione più tecnica».
Ti senti un esploratore quindi?
«Spero in futuro di potermi definire esploratore avventuriero, per ora no, perché non ho fatto nessuna avventura degna di questo nome. Per ora rimango un semplice atletino e poi staremo a vedere».