Una Chiesa che legge «i segni dei tempi», che «cerca di vivere l’accoglienza e l’ascolto» come «atteggiamenti di base per essere “lievito” della società», che si orienta verso la catechesi degli adulti, che si confronta con la cultura dove vengono dimenticate le radici cristiane, che si apre ai linguaggi dei mezzi di comunicazione, che è attenta alle povertà e all’uomo, che sa valorizzare le esperienze capaci di educare alla relazione profonda con Dio. Ecco l’immagine della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro che arriverà sul tavolo della delegazione regionale per il Convegno Ecclesiale di Verona e che entrerà nella sintesi toscana destinata ad approdare nella città dell’Arena.Il volto della diocesiIl documento redatto dalla diocesi che è stato presentato a Cenina durante la due giorni per la programmazione pastorale è il compendio di oltre settanta elaborati arrivati dalle parrocchie e di un anno di attività di preparazione al grande appuntamento decennale della Chiesa italiana che nell’aretino ha avuto come momento centrale quello delle «Piazze di maggio», uno dei cinque eventi nazionali di avvicinamento a Verona ospitato in diocesi grazie a «Rondine – Cittadella della pace» e dedicato alla cittadinanza. La settimana voluta dalla Cei è definita nella relazione «un momento di crescita per l’intera comunità diocesana» che ha permesso di «mettere in luce inedite potenziali di conoscenza e di collaborazione». Ma l’anno appena trascorso è stato ricco di iniziative legate al Convegno: dalla promozione di incontri per gli adulti all’utilizzo del sussidio preparato dalla diocesi sulla Prima Lettera di Pietro, dalla valorizzazione dei tempi di Quaresima e Pasqua alla sensibilizzazione verso Verona.L’affettivitàLa relazione della diocesi si articola prendendo come filo conduttore i cinque ambiti della testimonianza indicati nella Traccia di preparazione al Convegno Ecclesiale. Il primo è quello della vita affettiva che è condizionata dalla «crisi della persona e della famiglia». Partendo da questo dato di fatto, molte parrocchie si concentrano sulla «cura della fede dei genitori in quanto adulti» e sulle «loro reali condizioni di vita (incluse quelle “irregolari”)». Tuttavia, manca un «progetto organico di formazione all’affettività» in grado di «integrare ciò che a scuola si risolve nella sola educazione alla sessualità». Da qui l’esigenza di «ridefinire il ruolo della famiglia nella catechesi» e di fare della parrocchia un luogo di «incontro per maturare relazioni profonde e affidabili».Il lavoro e la festa«Testimoniare Cristo nel vasto e complesso mondo del lavoro». E’ l’esigenza che sente la diocesi per il secondo ambito indicato nella Traccia. «Si sta sviluppando una notevole sensibilità verso questa realtà – si legge nella relazione – anche in conseguenza della sollecitudine pastorale del Vescovo che non perde occasione di far sentire la vicinanza della Chiesa al mondo del lavoro». E di pari passo va il tema della festa di cui si denuncia «uno smarrimento del senso»: «le famiglie vivono la domenica nell’isolamento o all’opposto nella ricerca spasmodica di evasione dopo una settimana lavorativa». E poi c’è il dilemma sport: «Non manca chi deve inseguire i figli negli impegni sportivi troppo precocemente marcati dall’agonismo». Così, va risvegliato il senso cristiano della festa a partire dalle liturgie che «dovrebbero comunicare la gioia dell’incontro col Risorto».Le fragilitàLa diocesi ha da sempre «molta familiarità» con le situazioni di fragilità e ne individua tre tipologie: quella legata ai bisogni primari che rappresentano le «povertà più frequenti» e che «stanno minando famiglie italiane e immigrate»; quella connessa a solitudine e abbandono che hanno bisogno di «interventi che agevolino l’integrazione sociale»; quella generata dalla mancanza di senso che porta al ricorso a «droga e alcol, a disturbi psicologici, al gioco d’azzardo o al consumismo sfrenato». Una risposta forte a queste necessità arriva dalla Caritas che è «un punto di riferimento e orientamento per il territorio».La tradizioneParlando di tradizione la relazione fa riferimento alla «complessità del contesto culturale» dove si avverte «il disagio nel porsi come interlocutori del contesto culturale e il timore di chiudersi nello spazio rassicurante dell’appartenenza ecclesiale». Tuttavia, in diocesi non mancano iniziative di apertura, dialogo e corresponsabilità. Nel documento si citano anche i numerosi mass-media diocesani che sono «segni eloquenti della conversione missionaria della Chiesa locale in ordine alla comunicazione». E poi si ricordano i primi 40 animatori della cultura che quest’anno hanno iniziato a svolgere il loro servizio nelle parrocchie.La cittadinanzaL’ambito della cittadinanza ha visto la diocesi in prima linea con le «Piazze di maggio». Ma la relazione va oltre l’evento dei mesi scorsi e invita le parrocchie a «praticare l’accoglienza come elemento affinché ogni persona si senta pienamente cittadina». E vengono indicati anche alcuni nodi scoperti: l’emarginazione che sperimentano anziani soli, poveri ed extracomunitari; la «distanza fra i nostri stili di vita e quelli delle famiglie immigrate»; la «tendenza dei cristiani ad assumere comportamenti assimilabili al sentire comune». Ecco perché si tocca con mano l’urgenza di una «vita di Chiesa» intesa come «amicizia affabile» nella quale «il ruolo del laico sia pienamente valorizzato» e dove ci siano «percorsi di ascolto e preghiera senza i quali l’invito all’azione nella società rischia di scadere in attivismo senza prospettiva».di Giacomo Gambassi