Otto donne e bambini e una quarantina di militari: sono le vittime delle incursioni aeree della scorsa notte a Sirte. Lo riferisce oggi al SIR mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario Apostolico di Tripoli, che ha appreso la notizia dall’ospedale di Sirte. Ieri mattina il vescovo aveva già denunciato altre 40 vittime civili, sulle cui morti la Nato si è detta disposta ad investigare. La Nato venga a vedere se è vero che ci sono state vittime civili afferma oggi mons. Martinelli -. E’ bene parlare con i libici colpiti, andare all’ospedale di Sirte e verificare con i propri occhi. Negli ospedali fanno quello che possono ma le urgenze sono tante. Spesso, prosegue il vescovo, devono chiedere aiuto ad altri ospedali. Mons. Martinelli ribadisce il suo pensiero sull’intervento militare: E’ impossibile una guerra chirurgica: come si può pensare di bombardare un sito militare quando non si sa cosa c’è dentro. Ci può essere un deposito di armi, di bombe. Di conseguenza tutta la zona è colpita dalle ripercussioni di un bombardamento. Sirte è piena di campi militari ovunque, è ovvio che possano essere colpiti dei civili. Bisogna avere il coraggio di dialogare con Gheddafi ripete ancora una volta mons. Martinelli -. So che è possibile incontrarlo. Bisogna aprire una trattativa per cercare di riconciliare le parti. Su un eventuale esilio di Gheddafi il vescovo dice: Tutto è possibile, a condizione sia fatto nel rispetto della persona, chiunque essa sia, perché si possa convincerlo e trovare il modo di farsi da parte, se necessario. Tutto ciò, sottolinea, facendo entrare nel dialogo anche l’Unione africana e la Lega Araba. E’ l’unico modo per poter capire e decidere insieme cosa fare. Nel frattempo continua la fuga di civili libici verso l’interno della Libia. La maggioranza degli eritrei assistiti dalla Chiesa di Tripoli è invece partita, sono in Tunisia, Sicilia, Malta. Nei giorni scorsi riferisce il vescovo – a Malta sono arrivati 800 eritrei. In questo momento, per la Chiesa cattolica l’urgenza importante sono gli immigrati sub sahariani rimasti senza lavoro, che ci chiedono aiuto. Il gruppo si è ridimensionato del 75% rispetto alle centinaia che nei giorni scorsi bussavano alle porte della Caritas. Ma sono comunque decine e decine di persone.Sir