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LIBERTÀ RELIGIOSA, AUDIZIONE DI BETORI ALLA CAMERA: GARANTIRE PIENO RISPETTO NEL QUADRO DELLA COSTITUZIONE

“La garanzia del fondamentale diritto di libertà religiosa in tutte le sue dimensioni, non ultima quella propriamente istituzionale, costituisce la condizione per una pacifica convivenza e per una corretta laicità”. Lo ha detto mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, nel corso dell’audizione sui temi della libertà religiosa, avvenuta oggi presso la I Commissione permanente Affari costituzionali della Camera dei Deputati. In merito al “disegno riformatore” attualmente in esame su tale materia, Betori ha sottolineato “la necessità, per la Chiesa cattolica, di assicurare il pieno rispetto della libertà religiosa”, ma anche “la necessità di non alterare i caratteri costitutivi del sistema costituzionale di disciplina del fenomeno religioso, nel quale il diritto di libertà religiosa viene formulato in modo specifico e garantito in tutte le sue manifestazioni”. “L’eguale libertà di tutte le confessioni religiose – ha sottolineato il segretario generale della Cei citando l’art. 8 della Costituzione – non implica piena eguaglianza di trattamento”, poiché “al di fuori dei diritti connessi alla eguale libertà (diritto di culto, di propaganda religiosa, di organizzazione comunitaria) rimane la possibilità di discipline giuridiche differenziate”.

“Lo Stato può intervenire legittimamente per negare il riconoscimento a realtà connotate da caratteri contrastanti con qualsiasi forma di religiosità”, ovvero “ispirate a principi o dedite a pratiche che si pongono in contrasto con i diritti fondamentali dell’uomo e i principi fondanti della convivenza civile”. Durante l’audizione di oggi alla Camera, il segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Betori, ha esortato a “non sottovalutare i problemi connessi alla diffusione anche nel nostro Paese di nuovi movimenti religiosi, estranei alla tradizione giudaico-cristiana, che provocano diffuse reazioni di diffidenza e talvolta di allarme sociale”.

“Anche nel nostro Paese – ha osservato Betori – hanno iniziato a radicarsi gruppi sociali portatori di identità diverse rispetto a quelle tradizionali, che tendono a perpetuare usi e costumi a volte confliggenti con principi e valori fondamentali per la comunità e per l’ordinamento”. “L’esigenza di favorire l’integrazione dei nuovi gruppi e quindi la pacifica convivenza – è però l’ammonimento della Cei – non deve tradursi in forme di ingiustificato cedimento di fronte a dottrine e pratiche che suscitano allarme sociale e contrastano con principi irrinunciabili della nostra civiltà giuridica”.

“Occorre evitare il rischio che la legge sulla libertà religiosa – originariamente ideata anche per arginare la frammentazione del quadro normativo che deriverebbe da una ingiustificata proliferazione delle intese – paradossalmente possa essere utilizzata per favorire proprio un simile esito e, attraverso di esso, un indebito riconoscimento di realtà che poco o nulla hanno in comune con le confessioni religiose quali riconosciute e valorizzate nel vigente sistema costituzionale”. È quanto ha affermato oggi il segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Betori, che nel corso dell’audizione alla Camera è intervenuto sul “disegno riformatore” in discussione in materia. “Perché la discrezionalità – ha detto a questo proposito – non divenga arbitraria occorre che lo Stato – al di là di ogni autoqualificazione da parte dei gruppi religiosi – si attenga ad alcuni parametri oggettivi e ragionevoli”, fra cui “non solo il non contrasto con l’ordinamento giuridico italiano, ma anche il rispetto dei diritti fondamentali della persona garantiti dalla Costituzione e, più in generale, la non contrarietà del messaggio di cui la confessione è portatrice con i valori che esprimono l’identità profonda della nazione e ispirano il suo quadro costituzionale”.

“Occorre evitare il rischio che la legge sulla libertà religiosa – originariamente ideata anche per arginare la frammentazione del quadro normativo che deriverebbe da una ingiustificata proliferazione delle intese – paradossalmente possa essere utilizzata per favorire proprio un simile esito e, attraverso di esso, un indebito riconoscimento di realtà che poco o nulla hanno in comune con le confessioni religiose quali riconosciute e valorizzate nel vigente sistema costituzionale”, ha affermato il segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Betori. “Perché la discrezionalità – ha detto a questo proposito – non divenga arbitraria occorre che lo Stato – al di là di ogni autoqualificazione da parte dei gruppi religiosi – si attenga ad alcuni parametri oggettivi e ragionevoli”, fra cui “non solo il non contrasto con l’ordinamento giuridico italiano, ma anche il rispetto dei diritti fondamentali della persona garantiti dalla Costituzione e, più in generale, la non contrarietà del messaggio di cui la confessione è portatrice con i valori che esprimono l’identità profonda della nazione e ispirano il suo quadro costituzionale”.Sir