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LIBERIA, ARRIVATI I CASCHI BLU

È iniziato ieri – in una giornata contrassegnata da una sparatoria tra ribelli e governativi nella capitale Monrovia che ha provocato almeno tre vittime civili – il dispiegamento in Liberia della più grande missione di peacekeeping delle Nazioni Unite. Quindicimila caschi blu inviati per vigilare sul rispetto del cessate il fuoco, sottoscritto in agosto dopo 14 anni di guerra civile, per garantire la sicurezza della popolazione e per aiutare il cammino del nuovo governo di transizione previsto dagli accordi di pace. Fonti della MISNA sul posto precisano che i primi soldati sono sbarcati all’aeroporto internazionale di Monrovia intorno alle 10:00 di ieri mattina. Come accadde per i 3500 uomini del contingente di pace inviato nei mesi scorsi dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas/Cedeao), l’arrivo dei soldati ha suscitato grande gioia tra la popolazione liberiana. La presenza dell’Ecomil, limitata alla capitale e qualche altra zona del Paese, col passare del tempo ha ridimensionato le scaramucce tra ribelli e forze governative, ma anche le azioni violente contro civili ad opera di bande armate incontrollate. Ieri però le armi sono tornate a mietere vittime in un quartiere di Monrovia, quando al passaggio del convoglio del leader dei ribelli del Lurd (Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia) Seku Conneh sono stati esplosi colpi di arma da fuoco, con il coinvolgimento dei soldati governativi. Almeno tre civili sono rimasti uccisi. Questo episodio conferma la necessità di garantire sicurezza alla popolazione. L’intento della comunità internazionale è quello di estendere, grazie agli imponenti rinforzi inviati in Liberia, il controllo dei caschi blu su tutto il Paese. Ma la missione più delicata sarà sicuramente quella che vedrà i 15mila uomini dell’Onu impegnati nel disarmo e nella smobilitazione dei vari gruppi armati presenti nel Paese. Intanto a Monrovia l’arrivo della missione delle Nazioni Unite ha suscitato in moltissime persone anche la speranza di un nuovo lavoro. “La gente è alla disperata ricerca di un’attività. I liberiani si stanno inventando di tutto per proporsi alle varie Ong (organizzazioni non governative) presenti sul territorio, e vedono l’arrivo dell’Onu come un’ulteriore occasione per trovare un’occupazione” spiega padre Mauro Armanino, superiore generale della Società delle missioni africane (Sma) uno dei pochi occidentali rimasto in Liberia anche nei momenti più difficili della recente crisi. “Le aspettative dei liberiani sono molte, così come il lavoro da fare per ricostruire il Paese” continua. Un primo passo verso la graduale normalizzazione della Liberia potrebbe essere raggiunto entro la fine mese. Le ong infatti sono impegnate da giorni alla riattivazione del sistema educativo almeno nella capitale Monrovia. Nelle scorse settimane sono state svuotate tutte le aule occupate da mesi da decine di migliaia di sfollati che la guerra ha fatto fuggire da ogni angolo della Liberia. La situazione umanitaria nel Paese resta comunque preoccupante e secondo le più recenti stime internazionali, in tutta la Liberia vi sarebbero ancora oltre 300mila sfollati, 60 mila di questi solo nella capitale. Una tendenza confermata anche dalla nascita, alle porte di Monrovia, di campi improvvisati creati dai liberiani che, nonostante le tante rassicurazioni ricevute, non hanno alcuna intenzione di fare ritorno alle proprie terre lasciate nei mesi scorsi a causa della guerra e giudicate ancora troppo insicure. Misna