Toscana

Liberati gli ostaggi italiani in Iraq

I tre ostaggi italiani Umberto Cupertino, Salvatore Stefio e Maurizio Agliana in mano alle sedicenti «Falangi verdi di Maometto» dal 12 aprile scorso sono stati liberati. La notizia è stata data alle 14 di oggi dalla televisione polacca TVN24. Secondo il generale Mieczyslaw Bieniek, comandante del contingente polacco in Iraq, gli ostaggi sono stati liberati con un’azione militare. La conferma ufficiale è arrivata pochi minuti dopo dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta e dal ministro degli esteri Franco Frattini. Gli ostaggi stanno arrivando all’aeroporto e nelle prossime ore rientreranno in Italia. Le famiglie sono state subito avvisate dalla Farnesina. Gli ostaggi sono in buone condizioni. “Per la liberazione degli ostaggi – ha dichiarato il ministro degli Esteri, Franco Frattini – non ci sono state trattative ed è stata un’azione senza spargimento di sangue”.

I tre ostaggi italiani erano rinchiusi in un luogo dove c’era anche un ostaggio polacco – Jerzy Kos, dirigente di una società di costruzioni polacca, rapito una settimana fa – che è stato liberato anche lui. L’operazione per la liberazione degli ostaggi, ha aggiunto il ministro Frattini, «è stata frutto di un lavoro articolato e con riscontri che avevano indotto me, il premier e il sottosegretario Letta, a concordare stamani sulla possibilità ed opportunità di portarla a termine e che ha dato il risultato sperato».

Così il blitz, il racconto di BerlusconiE’ stato lo stesso premier Silvio Berlusconi, informato della avvenuta liberazione mentre era in volo per gli Stati Uniti per partecipare al G8 di Sea Island, a svelare le modalità dell’operazione: «Una volta individuato il nascondiglio, abbiamo atteso che ci fosse una guardiania assolutamente possibile da affrontare senza spargimenti di sangue – ha spiegato – poi si è dato il via alle forze della coalizione di fare l’operazione». In diretta con il Tg5 Berlusconi ha poi precisato che i rapitori degli italiani «sono stati catturati». «Una volta circondati – ha spiegato – i rapitori non hanno ritenuto di poter resistere e quindi l’operazione si è conclusa senza spargimento di sangue». «Gli ostaggi torneranno domani in Italia con un nostro aereo», ha annunciato Berlusconi, precisando che attualmente i tre ostaggi italiani si trovano nella zona sanitaria dell’ospedale militare e sono assistiti dagli psicologi. Resteranno lì per un po’ ed hanno espresso il desiderio di trascorrere la serata con l’ostaggio polacco e stanno subendo le visite mediche. La felicità del Papa e del Nunzio«Il papa – ha detto oggi il portavoce vaticano Joaquin Navarro-Valls – ha ricevuto con gioia e sollievo la notizia della liberazione degli ostaggi italiani e di quello polacco”. Ma accanto ai «sentimenti di gioia», che condivide con i familiari degli ostaggi liberati, Giovanni Paolo II si è sentito «anche vicino alla famiglia di Fabrizio Quattrochi, assassinato barbaramente dopo il suo sequestro”. “Siamo felici per i nostri tre connazionali e per le loro famiglie”. Così il Nunzio apostolico a Baghdad, mons. Fernando Filoni, ha commentato la notizia della liberazione degli ostaggi italiani nella capitale irachena. Raggiunto telefonicamente dal Sir mons. Filoni ha detto che “la conclusione positiva della vicenda non può che rallegrarci. Ed è lo stesso per tutti coloro che si sono adoperati e l’hanno seguita con apprensione portando il loro contributo per la soluzione”. Alla domanda se alla liberazione degli ostaggi abbia contribuito in qualche modo anche la mediazione della Chiesa cattolica il Nunzio ha preferito “mantenere il riserbo e non commentare”. L’opera della Croce Rossa Italiana«Noi abbiamo avuto il ruolo di riaccreditare l’Italia presso gli iracheni, in modo che non fosse vista come forza occupante»’. Lo ha detto il commissario straordinario della Croce Rossa italiana, Maurizio Scelli, commentando al Tg1 la liberazione dei tre ostaggi italiani. «Abbiamo cercato – ha spiegato Scelli – di soddisfare le loro esigenze e necessità. In questi posti è facile rischiare la vita. Noi siamo andati a portare aiuti e la gente è stata riconoscente e cordiale e ci ha dato la forza per non mollare mai negli ultimi due mesi, in modo da creare quel giusto consenso per far sì che gli ostaggi potessero essere liberati». Comunque, ha sottolineato, «non c’è mai stata una trattativa diretta, un emissario, un interlocutore». «Noi – ha proseguito il commissario – abbiamo sempre avuto come punto di riferimento il Consiglio degli Ulema, religiosi che hanno grande presa sull’opinione pubblica sunnita. Ma – ha aggiunto – direttamente degli ostaggi non abbiamo mai parlato per non dare l’impressione che noi volessimo dare gli aiuti umanitari in cambio degli ostaggi. Su questo ho avuto una risposta molto ferma e dura ai primi incontri e poi non ci ho più provato». Il «grazie» di Antonella AglianaA Prato la notizia della liberazione è arrivata alle 14.20-14.30. Antonella non lo ricorda più di preciso. «Mi devono aver presa per matta alla Farnesina: urlavo, piangevo e ridevo insieme, continuando a ripetere: non me lo dite, non me lo dite», aggiunge, spiegando che al telefono, a darle la notizia, c’era anche il ministro degli esteri Franco Frattini. Più tardi, sempre al telefono, ha detto grazie anche a Berlusconi. «Voglio ringraziare – dice Antonella – tutti quelli che hanno lavorato per la liberazione dei nostri ragazzi. Non voglio fare nomi, non vorrei dimenticare nessuno. Ringrazio anche chi ci ha dimostrato il suo affetto». Col fratello Maurizio non ha invece ancora avuto modo di parlare. Domani lo incontrerà a Roma, al suo ritorno in Italia: «Prima lo bacio, lo abbraccio e poi lo brontolo», dice la sorella, portavoce della famiglia, nervi d’acciaio e viso d’angelo. A gesti, non a parole, il padre Carlo ha capito invece che il figlio era salvo. È stato il genero Enrico, il marito di Antonella, a correre a casa sua per dirgli della liberazione: glielo ha comunicato a gesti, riferisce Carlo Agliana. La moglie, la mamma di Maurizio, non ha mai saputo nulla del sequestro: l’hanno tenuta all’oscuro perché non sta bene in salute. In casa, per tutto il tempo del rapimento, tante bugie, niente giornali e tv sabotata apposta: «Abbiamo allentato la presa elettrica. Lei ha dato addirittura la colpa ad un temporale; ora sarà Maurizio, se vuole, a raccontarle quanto è successo. Noi continuiamo nella nostra finzione», spiegano Carlo e Antonella. Parlano in una conferenza stampa convocata in un hotel di Prato, in una sala prenotata da tempo proprio per l’occasione della liberazione, anche se per tutto il giorno padre e figlia non si sono mai tirati indietro davanti all’assalto di giornalisti e telecamere, facendosi fotografare abbracciati, mentre si baciano e fanno il segno della vittoria con le dita della mano.

Sempre per non far capire nulla alla madre di Maurizio, domani [9 maggio, ndr] andrà a Roma ad accoglierlo solo Antonella: papà Carlo rimarrà a casa a Prato. La partenza di Antonella è prevista per domattina verso le 5-6. Il padre si «consola» con quello che chiama «flash mentale: l’immagine di sua moglie che riabbraccia MaurizioCarlo Agliana: «un pensiero va al povero Fabrizio, che forse dall’alto dei cieli ha anche lui contribuito a questa liberazione. Sia fatto un grande applauso a tutte le famiglie, a quella dei Quattrocchi e a tutte le altre». «Il nostro pensiero primario – dice Antonella – è sempre andato alla famiglia Quattrocchi; poteva esserci mio fratello al posto di Fabrizio. Mi sono sentita in una posizione favorita. Per questo non li ho chiamati subito dopo la morte di Fabrizio. Ci siamo sentiti però anche alcuni giorni fa». Proprio la notizia della morte di Fabrizio è stato, spiega sempre Antonella, uno dei due momenti peggiori. L’altro quando ha saputo che suo fratello era in mano ai sequestratori, verso i quali ora non sa cosa dire. «Non riesco a pensarci; ora penso solo alla gioia della liberazione. Per carattere difficilmente provo odio e rabbia. Certo non hanno fatto una cosa bella. La morte di Fabrizio è stata tragica. È giusto che paghino le conseguenze. Saranno anche stati mossi da ragioni per loro giuste, ma che io non comprendo». Verso le 18.30 il padre Carlo lascia la casa di Antonella, meta per tutto il pomeriggio di visite di amici, parenti, poliziotti e carabinieri, responsabili della Misericordia dove Maurizio fa il volontario, e autorità: il sindaco di Prato Fabrizio Mattei, il sottosegretario Francesco Bosi. Telefonate sono arrivate da vari esponenti di An. Gli Agliana sono riusciti a parlare anche con i familiari degli altri due ostaggi, una cosa definita incredibile da Antonella, considerato che, alla notizia della liberazione, i loro telefonini sono andati in tilt.

La gioia del vescovo di Prato«Esprimo la gioia mia e di tutta la Chiesa di Prato per la liberazione dei tre ostaggi italiani». Il Vescovo mons. Gastone Simoni ha appreso la notizia della positiva conclusione della vicenda a San Marino, dove si trova per una riunione della Conferenza episcopale toscana. «Ringraziamo il Signore perché la speranza che non si è mai affievolita in questi 56 giorni ha trovato finalmente compimento. La nostra Diocesi, che ha pregato e trepidato nelle lunghe settimane di prigionia con i familiari di Maurizio Agliana e degli altri due ostaggi – ha detto ancora Simoni – si unisce al loro sollievo, in attesa del rientro a casa dei congiunti». Anche la Misericordia di Prato, della quale Maurizio Agliana è volontario, in un comunicato esprime la propria gioia e aggiunge: «Le nostre preghiere sono state ascoltate e di questo intendiamo ringraziare innanzitutto il Signore. Un pensiero alla famiglia e alla sorella che ha saputo dare testimonianza di dignità umana e di fede cristiana. Un bentornato a Maurizio con l’auspicio che sia presto tra noi per rendere di nuovo i suoi servizi a favore dei più bisognosi, nei quali si era grandemente distinto». E martedì sera, presso la sede della Confraternita gli amici di Maurizio hanno festeggiato la conclusione di un incubo.

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