Firenze

«Libera Domenica»: raccolta di firme anche nelle parrocchie fiorentine

Domenica sempre aperto? «Ma anche no!» È questo lo slogan con cui Confesercenti, con il sostegno della Conferenza episcopale italiana, lancia a livello nazionale per intraprendere una raccolta firme per una iniziativa di legge popolare destinata all’abrogazione della legge con cui sono stati liberalizzati gli orari delle attività commerciali, riconsegnando così alle Regioni la competenza a regolamentare la disciplina degli orari.

L’iniziativa, arrivata anche a Firenze e Provincia, è stata presentata  dal Presidente provinciale Confesercenti Nico Gronchi e don Giovanni Momigli, Direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale sociale e del lavoro. L’Italia è l’unico paese dell’Unione Europea dove è il mercato stesso a decidere quali siano le festività in cui stare aperti o chiusi, nel resto d’Europa le regole sono dettate dallo Stato o dalle stesse regioni. «Non ci poniamo come obiettivo di decidere quanti e quali aperture e in quali luoghi -spiega Nico Gronchi, Presidente provinciale Confesercenti – ma provare a rimettere in capo a quelli che sono i decisori naturali la possibilità di decidere luogo per luogo, in maniera condivisa, quali sono le festività civili e religiose da salvaguardare». Con le regole attuali, dice Confesercenti, sono i grandi gruppi commerciali a fare da padroni, mentre le piccole e medie imprese provano a reagire aprendo, con l’unico risultato di rimanere schiacciate dai costi.

La questione non è solo di carattere economico. È necessario evidenziare la responsabilità dei consumatori che trascorrono le festività all’interno dei centri commerciali. Così i grandi gruppi vincono due volte: sulla piccola impresa e sul consumatore, che si trascina nel grande centro commerciale, visto come unico svago nel giorno di festa, rinunciando alle relazioni umane necessarie  per rendere il giorno di festa un giorno diverso e speciale.

«Occorre recuperare la dimensione comunitaria della festa – spiega don Giovanni Momigli –  è una battaglia contro i nostri stili di vita, una battaglia che non possiamo non vincere per il bene delle persone e dell’intera comunità. La festa in quanto tale ha un valore antropologico sia per la persona che per la comunità. La festa è tale quando si vive insieme, quando si condivide».

«Come diocesi, assieme a tutta la Chiesa italiana – ha spiegato don Momigli – appoggiamo tutte le iniziative che tendono a contrastare, a superare, l’indiscriminata liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali, pertanto anche la raccolta di firme, promossa da Confesercenti, per proporre una legge di iniziativa popolare per contribuire a liberare la domenica dal lavoro, a tutela della dignità delle persone – della donna soprattutto – e dei tempi della famiglia».

Per questo molte parrocchie della diocesi si sono rese disponibili ad accogliere davanti alle loro chiese i banchetti per la raccolta delle firme. Si inizia già da domenica 20 gennaio la raccolta firme a Firenze nella parrocchia di Maria Madre delle Grazie all’Isolotto, nella parrocchia di Santa Caterina da Siena a Coverciano e a Santa Maria Austiliatrice a Novoli. A Scandicci la raccolta firme procede nelle parrocchie di San Bartolomeo in Tuto e San Salvatore e San Lorenzo a Settimo. A Empoli nella  Propositura di Sant’Andrea e nella parrocchia di San Lorenzo a Borgo San Lorenzo.

A partire da Lunedì 21 gennaio sarà possibile firmare nei Comuni di Firenze, Borgo San Lorenzo, Figline Valdarno e Scandicci presso i corrispettivi sportelli Urp. Nelle settimana successiva la raccolta firme sarà estesa a molte altre realtà amministrative della Provincia di Firenze, e in punti di raccolta firme nei principali centri storici e urbani della Provincia. L’obiettivo finale in Toscana è il raggiungimento di 3 mila firme su un totale di 50mila firme a livello nazionale.

A queste riflessioni, don Momigli aggiunge però che «il senso della festa, e con esso la propria identità personale e comunitaria, può essere smarrito anche non lavorando, riducendo la domenica a giorno di puro riposo e di evasione. I pericoli, come ha ricordato di recente anche il cardinale Betori, sono quelli dell’omologazione dei giorni, dell’individualismo, del consumismo. «Sfuggire a questa sfida – conclude don Momigli – che interpella fortemente i nostri stili di vita e richiama ai valori, al senso del noi e alla dimensione comunitaria del vivere, significa combattere battaglie che esprimono certamente valide istanze, ma incapaci di incidere nel vissuto delle persone e della comunità. Con il risultato che la vita comunitaria diviene sempre più rarefatta e l’uomo, sempre più chiuso nella proprio individualismo, viene di fatto abbandonato alla sua solitudine».