Lettere in redazione
L’ex comunista D’Alema «vice-conte» vaticano
Ho visto su un quotidiano la foto di un compunto Massimo D’Alema che, in una cerimonia, si fregiava di varie onorificenze, tra cui l’ordine Cileno e la Legion d’Onore francese. Fin qui niente di strano, anche se è la prova che non ci sono più i comunisti di una volta. Ma sono rimasto sorpreso dal leggere che tra le onorificenze figurava, appuntato sul petto, anche lo stellone di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Piano, che spiegava il giornale, perché io non ne avevo mai sentito parlare viene assegnata dalla Chiesa ed equivale ad una specie di «vice-conte» Vaticano. Mi chiedo: ma che c’azzecca D’Alema con il Vaticano? Possibile che in Vaticano abbiano preso un abbaglio del genere?
Confesso un po’ di disagio a parlare di «onorificenze» vaticane. Le ho sempre viste come qualcosa di lontano dalla vita reale, almeno dalla mia. E se le abolissero (almeno quelle più «laiche») ne sarei contento. Ma questa polemica sul «D’Alema vice-conte vaticano» mi sembra una montatura, o piuttosto un regolamento di conti interno alla sinistra. Se si va a guardare bene come stanno le cose, lo «scandalo» non c’è. L’«Istruzione sul conferimento di onorificenze pontificie» del 13 maggio 2001, spiega che l’«Ordine Piano», prevede il «Collare» per i capi di stato e la «Gran Croce» per capi di governo, ministri e ambasciatori accreditati presso la S. Sede. Nel novembre del 2006, ai tempi del secondo governo Prodi, Massimo D’Alema, che era ministro degli esteri, stava preparando la prima visita in Vaticano del presidente Giorgio Napolitano. Fu in quell’occasione, che unicamente per il suo ruolo istituzionale ricevette l’onorificenza. Del resto l’anno prima era toccata al suo predecessore, Gianfranco Fini e più di recente ad un altro ministro degli esteri, Franco Frattini. Se ne possono fregiare anche Roberto Maroni, Gianni Letta, Giorgio Napolitano, Oscar Luigi Scalfaro. E l’aveva ricevuta anche Francesco Cossiga, sempre per gli stessi motivi: visite ufficiali in Vaticano. La fede o la dirittura morale qui non c’entrano, è solo e soltanto «diplomazia». La si può ritenere «demodée» o anche inopportuna, ma è quell’insieme di regole codificate nel tempo che sta alla base dei rapporti tra gli Stati.
Certo, è curioso pensare che un ex-comunista come Massimo D’Alema mostri sul petto una medaglia con sopra il nome del tanto vituperato «Pio IX» (qualche anziano si confessa ancora per averlo ricoperto di epiteti ingiuriosi). Fu infatti papa Mastai Ferretti a istituire l’onorificenza (assegnata tra gli altri a Benito Mussolini e all’imperatore d’Etiopia Hailé Selassié I), nel primo anniversario di regno. Lo fece per rinverdire l’ordine dei «Cavalieri Pii» o «Piani», creati da papa Pio IV nel 1559: nobili che formavano la corte laica del pontefice offrendogli la scorta e risiedendo, spesso, nel palazzo apostolico, condividendone anche la mensa. Di onorificenze pontifice ne esisterebbero due anche più importanti: l’«Ordine Supremo del Cristo» (nato in Portogallo e riservato da Pio X ai soli capi di stato e di governo cattolici; l’ultimo fu Baldovino I del Belgio) e l’«Ordine della Milizia Aurata», meglio conosciuto come «dello Speron d’Oro», che era un titolo nobiliare, anche questo riformato da Pio X nel 1905. Entrambi però spiega l’«Istruzione» sono attualmente «quiescenti», cioè non attribuiti.
A personalità cattoliche «di alto profilo nel servizio della Chiesa» viene assegnato su proposta o col consenso dei vescovi diocesani nei vari gradi dal «cavalierato» alla «Gran Croce» l’ordine di «San Gregorio Magno». A candidati particolarmente benemeriti l’ordine di «San Silvestro papa». Queste ultime onorificenze vengono concesse anche a carabinieri e militari che abbiano «raggiunto il grado di Capitano e seguenti». Ma «si eviti recita la già citata Istruzione vaticana, con un pizzico di involontaria ironia «di sollecitarne la concessione per Marescialli, Sotto-Tenenti e Tenenti».
Claudio Turrini