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Levane dà voce ai «senza terra» del Brasile

Per l’«Ottobre missionario» la comunità della parrocchia di San Martino a Levane si è ritrovata insieme, riunita attorno al suo parroco, ad una veglia di preghiera in memoria di quanti, nel mondo, durante la millenaria storia della Chiesa, e in particolare nel 2006, hanno versato il proprio sangue e data la propria vita per la sete di giustizia, di dignità, di comunione, di pace fra i popoli. Nel 2006 sono stati circa 16 sacerdoti, una decina di religiosi, uomini e donne, e molti laici martirizzati per aver scelto di vivere secondo la parola del Signore.I partecipanti si sono raccolti all’altare dove sono stati portati il cero pasquale e la cartina su cui stavano indicati i continenti, teatro dell’estrema testimonianza della fede. In ricordo di tutti, sono stati commemorati i tre martiri italiani dello scorso anno: don Andrea Santoro, ucciso a Trabzon in Turchia, mentre era raccolto in preghiera nella sua chiesa; suor Leonella Sgorbati, colpita a morte a Mogadiscio in Somalia, mentre si recava all’ospedale in cui prestava servizio e conduceva una scuola di scienze infermieristiche; suor Dorothy, colpita alla testa, al cuore e al ventre dagli assassini che odiano il pensiero, il sentimento e persino il grembo della vita. Fino all’ultimo istante la missionaria nell’Amazzonia brasiliana ha dialogato con i nemici della giustizia sociale, cercando di convincerli che la finalità della terra è di dare nutrimento al popolo e non soldi ai ricchi e la sua arma, di fronte ai fucili, è stata la Bibbia.Al terminare dei canti, poiché la missione cui tutti i cristiani sono chiamati non può prescindere dalla solidarietà attiva con il prossimo che soffre e lotta per la propria dignità umana, i presenti hanno ascoltato il racconto di Cledson Mendes Da Silva, della direzione del movimento Sem Terra, i senza terra del Brasile. Chiedono semplicemente la sopravvivenza gli uomini del movimento, una riforma agraria che assegni 20 ettari per ciascuna famiglia per coltivare quanto serve al loro sostentamento. Chiedono l’uso di terre che sono pubbliche e che i latifondisti hanno usurpato senza titoli di acquisto. Gli uomini del movimento vorrebbero poter mandare a scuola i figli, potersi curare, insomma un’esistenza che ad ogni essere umano dovrebbe essere garantita per diritto e civiltà. Nelle terre che occupano formano una comunità di villaggio, costruiscono la chiesa, la scuola, i servizi, coltivano cibi biologici, perché Sem Terra è un movimento che non rivendica soltanto essenziali diritti per ottenere condizioni umane per popolazioni da sempre oppresse, ma ha pure la forza morale di proporre un tipo di sviluppo equo e sostenibile. Questo il racconto del membro dei Sem Terra e una breve considerazione sulla vitalità di una comunità parrocchiale che sa coniugare la fede cristiana con l’attenzione ai grandi problemi del mondo e alle lotte umane per risolverli.Fulvio Turtulici