Toscana

L’Europa e l’aborto, un voto che sconcerta

Con 280 voti a favore, 240 contrari e 28 astensioni il Parlamento europeo ha adottato lo scorso 3 luglio la risoluzione “sui diritti sessuali e riproduttivi” presentata dalla socialista belga Anne Van Lancker. In particolare all’art. 12 il documento afferma che “al fine di salvaguardare la salute e i diritti riproduttivi femminili l’aborto deve essere legale sicuro e accessibile a tutti”. Pur trattandosi solo di una dichiarazione di principio, l’approvazione ha provocato numerose prese di posizione che testimoniano quanto il tema rappresenti una questione morale sempre aperta. Contro la risoluzione “Van Lancker” già nei giorni scorsi si erano levate proteste, come quella del vice Segretario del Consiglio della Repubblica Slovacca, Paese candidato ad entrare nell’Ue, che aveva anche indirizzato una lettera alla Commissione Ue. A riguardo proponiamo una nota di mons. Marian Gavenda, portavoce della Conferenza episcopale slovacca.

DI MARIAN GAVENDAÈ normale che in ogni società si trovino anche persone, opinioni o movimenti che si pongono in modi diversi e tra di essi contrastanti sui temi della vita e della dignità della persona umana. Nei Paesi dell’Est europeo, e non solo in Slovacchia, si incomincia però a percepire come segnale allarmante che nell’agenda dell’Ue trovino sempre più spazio idee e interessi che sono palesemente contro la cultura della vita.La lettera del vice Segretario Pavol Hrusovsky, inviata nei giorni scorsi alla Commissione Ue, voleva evidenziare che nella discussione sul Rapporto “Van Lancker” si intravedeva chiaramente un abuso dei principi di sussidiarietà e di sovranità anche nei confronti dei Paesi candidati all’ingresso nell’Unione e, quindi, esprimeva una forte preoccupazione al riguardo.

Tra l’altro, la lettera voleva ribadire che, anche se “piccoli”, i Paesi come la Slovacchia si sentono eredi di una grande tradizione confermata dalla storia: in fedeltà a questa memoria essi sono moralmente vincolati a contribuire ad un avvenire europeo che abbia al primo posto la difesa e la promozione della vita umana.

Oggi, pensando a questo voto, torna alla mente un pensiero del vescovo Rudolf Balaz: “Nell’Ue non ci attendono i soldi ma l’apostolato, la testimonianza della nostra fede”.Ricordo queste parole, mentre in Slovacchia celebriamo il 5 luglio la festa dei santi Cirillo e Metodio e, l’11 luglio, ricorre quella di san Benedetto, patroni d’Europa.Questi santi, con le sante Brigida, Caterina e Edith Stein, sono entrati nel cammino della storia europea, non si sono chiusi nella loro esperienza spirituale ed ecclesiale, hanno offerto tutta la ricchezza del pensiero cristiano alla cultura dell’Europa. Noi, popoli dell’Est europeo, che abbiamo subito il comunismo ed ora siamo nel post-comunismo, senza mai dimenticare la testimonianza di Cirillo e Metodio, abbiamo cercato e cerchiamo segnali di autentica novità a Mosca, New York, Roma e Bruxelles, segnali che ci aiutino a costruire un Paese democratico che non sia invitato o costretto a rinunciare ai suoi valori per stare nell’Unione europea: il segnale del Parlamento europeo non è in questa direzione.Ecco perché il voto di Strasburgo ci lascia perplessi, delusi e dice la distanza tra le nostre attese e la realtà.Ma ripensando ai nostri santi ed alle sante d’Europa, ci conforta il fatto che tra i giovani sta rinascendo un’ondata di simpatia per questi uomini e queste donne, la loro testimonianza motiva ancor oggi l’impegno per un’integrazione europea che sia fondata sul rispetto della vita di ogni uomo in ogni stagione della vita, in ogni luogo in cui egli vive.