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L’Europa dei passetti inciampa nella Carta

di Pier Antonio GrazianiIntergovernativa era intergovernativa è rimasta. Con qualche acciacco in più. L’Europa federalista in vero non c’era neppure nella carta costituzionale che ha incappato nello scoglio del sistema di votazione nel consiglio dei ministri, cioè laddove c’è il vero potere dell’Unione. Il duro contrasto che ha svelato indirettamente la pochezza dell’elaborato costituzionale si è giocato non a caso lì. Si era partiti in quarta chiamando Convenzione l’elaborante e Costituzione l’elaborato. Qualcosa di rivoluzionario, insomma, che, alla resa dei conti, ha mostrato invece la continuità dell’Europa dei passetti che in mezzo secolo è approdata all’attuale Unione.

Ma stavolta anche i passetti sono venuti meno perché i governi nazionali, tutti, sia i beneficiari sia gli scontenti del sistema di votazione, si sono mossi nella logica della conservazione dei loro poteri. Nel circolo chiuso di un’Europa intergovernativa, appunto, che vive su un sistema istituzionale né oca né uccello e si affida alle buone opere del mercato per sentirsi grande anche politicamente.

Si riprenderà il discorso interrotto, e su che base? Il timore è che quella delle votazioni in Consiglio non sia l’analogo del naso di Cleopatra che la storia la cambiò per modo di dire. Il timore è che abbia rivelato una situazione sempre meno propizia al federalismo. Il quadro che mostra, specie dopo la guerra in Iraq, vede infatti nel complesso un’Europa frastornata e divisa. Quella dell’Est, in particolare la Polonia, sembra guardare politicamente a Washington ed economicamente a Bruxelles.

La Gran Bretagna, alla quale non si può neppure rimproverare di aver tradito il federalismo perché federalista non è mai stata, insiste ad esercitare una funzione di rappresentanza incrociata fra Stati Uniti ed Europa. Spagna e Italia pare non soffrano eccessivamente a stare nella logica intergovernativa. Francia e Germania pensano ad un’Europa a loro guida.

Ad occhio e croce, per quanto è possibile azzardare sul futuro prossimo, è probabile che il discorso riprenda sulla base della corsa a due velocità. Non c’è che da vedere. Al momento il convento non sembra possa passar di meglio.

La schedaIl progetto di Costituzione europea, per il quale non è stato trovato un accordo nella Conferenza intergovernativa (Cig), conclusasi a Bruxelles il 13 dicembre scorso, prevedeva una riforma delle istituzioni. Ecco in sintesi le novità che per ora rimangono sulla carta e che sono affidate alle presidenze irlandese e olandese.Il Parlamento europeo, composto da 736 membri vedeva aumentati i poteri di co-decisione legislativa e di co-decisione sul bilancio. Avrebbe eletto il presidente della Commissione e ratificato la nomina del ministro degli esteri e dei commissari. Sarebbe stata introdotta la figura del Presidente del Consiglio europeo (eletto dal Consiglio europeo con un mandato di 30 mesi, rinnovabile una volta) che presiede i lavori del Consiglio europeo, ne assicura preparazione e continuità «in cooperazione con il presidente della Commissione».La presidenza del Consiglio dei ministri verrebbe fatta collettivamente da tre paesi, a rotazione, per un periodo di 18 mesi, tranne che per quella degli affari generali prevista per sei mesi a turno. La Commissione Europea dovrebbe essere composta da un commissario per paese per un periodo da determinare.Il Presidente è eletto dall’Europarlamento su proposta del Consiglio europeo. Una figura di nuova creazione sarebbe il ministro degli esteri dell’Ue, vicepresidente della Commissione eletto dal Consiglio europeo d’accordo con il presidente della Commissione e con ratifica dell’Europarlamento. Per quanto riguarda il meccanismo decisionale, che poi è il punto che ha causato la rottura, nella bozza si parlava di un doppio meccanismo: la maggioranza degli stati membri e il 60 per cento della popolazione complessiva.