Livorno

Lettera pastorale: mons. Giusti (Livorno), “vivere come Chiesa il dono della profezia”

Sarà consegnata alla comunità diocesana l’8 settembre prossimo, nella celebrazione a Montenero, per l’anno pastorale 2024-25.

mons. Simone Giusti (foto archivio)

“La profezia dono dello Spirito. Vivere come Chiesa il dono della profezia”. Questo il titolo della lettera pastorale che il vescovo di Livorno, mons. Simone Giusti, consegnerà alla comunità diocesana l’8 settembre prossimo, nella celebrazione a Montenero, per l’anno pastorale 2024-25. Due grandi eventi segneranno il cammino del prossimo anno: il Sinodo per l’Italia e il Giubileo che guideranno scelte e iniziative pastorali, secondo gli specifici ambiti.

“Oggi non ci troviamo più di fronte a una secolarizzazione intesa come crisi delle certezze religiose, bensì come crisi globale delle certezze dell’uomo contemporaneo”, è la constatazione introduttiva del presule. “Lo sforzo di imitare la religiosità popolare della società premoderna, che ormai da molto tempo ha perso il suo contesto storico-culturale, e di imbastire liturgie barocche genera, nel migliore dei casi, un folklore da turisti; più spesso un increscioso imbarazzo”, osserva mons. Giusti, secondo cui l’“unica via d’uscita, oltre a un dialogo colto, intellettuale con la società del Paese, e di gran lunga la più importante, è la cura della vita spirituale di ciascun individuo e l’accompagnamento spirituale”.

E se “addomesticare il Vangelo” è “una tentazione da benpensanti”, per il vescovo “è necessario essere profeti”. “Il metodo del nostro cammino sapienziale per vivere il discernimento profetico – spiega – c’è donato dall’icona evangelica rivelatrice di Emmaus (Lc 24,13-35)”. “L’itinerario” è quello “dalla fuga da Gerusalemme a Emmaus, alla missione verso la Gerusalemme celeste”. Mentre lo stile da adottare è quello di “essere sulla strada di Emmaus, riconoscere le nostre incredulità e le nostre fughe. Attenti a chi cammina con noi, potrebbe essere Gesù. Non avere quindi paura dell’altro. In compagnia di Gesù, Egli ci ascolta e ci illumina. In ascolto dei discepoli e della loro tristezza ma ancor di più dei profeti del nostro tempo (le donne e i discepoli che hanno incontrato il Risorto)”. “In ascolto di Gesù e della sua Parola, Egli – rileva mons. Giusti – cerca di far ragionare i suoi compagni, quindi privilegiare l’ascolto delle Scritture e del vivo magistero della Chiesa universale, nazionale, locale per vivere un discernimento profetico”. La “profezia” – aggiunge il vescovo – è “il ritorno a Gerusalemme per annunciare che Cristo è risorto e noi l’abbiamo incontrato. Ora non ci fa più paura neppure la morte ovvero trovare una ‘nuova’ narrazione dell’evento cristiano che assuma i ‘valori’ diffusi nella mentalità corrente e al contempo ne evidenzi i disvalori”.

Nel testo il presule approfondisce “La tentazione alla fuga come quella dei discepoli di Emmaus”. E indica la “missione”: “Annunciare la speranza” per “rispondere alla domanda di senso alla vita dell’uomo di oggi” e “ridare all’uomo la sua umanità”. In conclusione la conversione di “André Frossard folgorato dal Santissimo Sacramento”. “Ciò che è capitato ad André Frossard – evidenzia mons. Giusti – può capitare a tutti: al migliore, al meno buono, a chi non sa niente e perfino a chi crede di sapere. In ogni convertito si opera un incontro, vale a dire un momento in cui quale che sia il cammino interiore, l’idea fa posto a una persona, l’idea diventa una persona”.