Fiesole

Lettera alla diocesi per la Quaresima 2008Il Vescovo: carità senza improvvisazione

DI SIMONE PITOSSINel tessuto sociale di oggi dove «le tensioni tendono a radicalicazzarsi» e dove «emergono nuove forme di povertà, di disagio, di emarginazione» la risposta della comunità cristiana è una sola: carità. È questa la strada indicata alla diocesi di Fiesole dal vescovo Luciano Giovannetti nella sua Lettera per Quaresima. Il Vescovo sottolinea, tra l’altro, che la carità non è «semplicemente l’elemosina concessa di quando in quando». Insomma, non è improvvisazione. Anzi. Le comunità cristiane hanno bisogno «di formazione e di educazione alla responsabilità sociale e alla solidarietà» per diventare veri e propri «laboratori della fede» dove si elaborano concrete risposte alle «urgenze sociali e culturali».NECESSITÀ DELLA COMUNIONE. La Lettera – dal titolo «Rimanete nel mio amore» – prende avvio da una considerazione: sarà importante nel «cammino della nostra Quaresima» fare un «esame di coscienza sulla centralità di Gesù Cristo nella nostra vita personale e comunitaria». E per questo mons. Giovannetti invita a guardare alla prime comunità cristiane alla loro «contagiosa vitalità» e al loro «rivoluzionario stile di vita». In primo luogo quindi è importante che ci sia carità all’interno delle comunità cristiane. «Non si tratta di ridimensionare in nessun modo – sottolinea il Vescovo – il valore della carità rivolta a coloro che non fanno parte della comunità cristiana. Non di meno, si ha oggi l’impressione di avere in parte smarrito il genuino senso della novità cristiana: quell’amore e quella fraternità radicalmente vissuti che dovrebbero costituire il cuore dell’esperienza evangelica». Insomma, come è lo stile di«autentica condivisione» – come indicato dal Congresso eucaristico diocesano dell’anno scorso – che ci può aiutare a raccogliere la «sfida missionaria di questo momento aprendo una serena e sincera collaborazione tra le parrocchie e tra queste e la Diocesi». Insomma è la sfida della «comunione fraterna» soprattutto guardando – come sottolineato dal Consuiglio pastorale del 15 novembre – la «non sempre viva comunione esistente all’interno delle nostre comunità». Dove occorre realizzare tutto ciò? «Nei nostri rapporti interpersonali, nei giudizi che formuliamo gli uni nei confronti degli altri, in quello slancio del cuore che deve caratterizzare tutti i nostri rapporti fraterni».NO ALL’IMPROVVISAZIONE. Così la Chiesa, la Chiesa fiesolana, sarà pronta per essere una comunità al servizio del mondo. Il Vescovo indica poi con il Papa quale debba essere il «profilo specifico dell’attività caritativa». In primo luogo, è una «risposta generosa e rapida a delle necessità immediate». Poi, l’attività caritativa «deve essere indipendente da partiti e ideologie». Infine, la carità «non può mai essere uno strumento per fare proselitismo». «Proprio il preoccupante clima di ostilità nei confronti della Chiesa e dell’annuncio cristiano – precisa – ci sollecita a rendere sempre più efficace ed esplicita la nostra testimonianza di fede». Mons. Giovannetti sottolinea il ruolo «decisivo» della Caritas diocesana con il suoi centri di ascolto e il contributo delle altre associazioni caritative. Ed è qui che sottolinea la necessità della «formazione» alla carità per non rischiare «una certa improvvisazione nel nostro decicarci alle emergenze» finendo con il credere «che la carità sia semplicemente l’elemosina concessa di quando in quando».LABORATORI DELLA FEDE. Le sfide che «ci stanno davanti appaiono sempre più varie e complesse, frutto di un tessuto sociale dove le tensioni tendono a radicalizzarsi e dove spesso emergono nuove forme di povertà, di disagio, di emarginazione». Partendo da questo presupposto il Vescovo indica la necessità della «carità intellettuale» nel nostro mondo occidentale «afflitto da una diffusa e crescente passività nei confronti dei messaggi dei mezzi di comunicazione sociale e, di conseguenza, dall’affermarsi di una mentalità sempre più individualistica e distruttiva». Infatti, ci sono tante «povertà nascoste» per le quale «si tratta non semplicemente di rispondere a un’urgenza pratica, ma anche e soprattutto di comunicare speranza». Senza per questo dimenticare i malati, gli anziani, gli immigrati che hanno sempre più più bisogno di «attenzione materiale, morale e spirituale». Una sfida «indubbiamente inedita», aggiunge mons. Giovannetti, è quella del «sostegno spirituale ma anche pratico nei confronti della Terra Santa, e particolarmente verso i cristiani che vi vivono». A questo proposito, ricorda la recente costituzione a Fiesole della Fondazione Giovanni Paolo II il cui scopo è quello di «coordinare le iniziative nei confronti delle popolazioni della Palestina». Come riuscire a rispondere a tutte queste sfide? Secondo il Vescovo sarà possibile se le comunità cristiane diventeranno «autentici laboratori della fede, luoghi in cui imparare a elaborare concrete risposte di fede alle urgenze sociali e culturali che ci stanno davanti».150 ANNI DI LOURDES. Mons. Giovannetti infine ricorda l’anniversario dei 150 anni delle apparizzioni della Madonna a Lourdes. «Si tratta di un appuntamento provvidenziale, che invita tutti a riscoprire il senso di quella straordinaria vicenda spirituale che continua a costituire un luminoso punto di riferimento per la vita di milioni di persone in tutto il mondo, e della quale anche la nostra Diocesi farà solenne memoria il prossimo 11 febbraio. Né possiamo dimenticare la tradizione dei pellegrinaggi a Lourdes promossi dall’Unitalsi, – conclude il Vescovo e che nel corso degli anni hanno visto la partecipazione di moltissime persone della nostra comunità diocesana, soprattutto tanti malati che presso la Grotta della Vergine hanno trovato e continuano a trovare conforto e sostegno per le loro sofferenze»