Dedicato a chi, in questo periodo estivo, non si lascia prendere, o non può, dalle smanie per la villeggiatura. A chi rimane a casa e perciò può tornare a rivedere, con occhi attenti, luoghi già visti, ma forse mai veramente osservati, con l’intento di coglierne qualche segreto spirito. Come la scrittrice Cristina Campo che ricorda, della polla del Tevere, una antica fotografia: due stivali da montanaro fiancheggiano, come i piedi del colosso di Rodi, la piccola vena che sgorga da un anfratto di neve cristallina e di sassi neri Infinitamente delicata e tremenda è la presenza dell’immenso nel piccolo. Una piccola sorgente e la grande e lunga storia del fiume. Non più luogo turistico ma mitico, dove l’attesa si carica di meraviglia. Si rinnova l’atavico piacere della scoperta, quella di giungere al punto originario dove il fiume prende vita.Già molti, scrittori, artisti o semplici curiosi, hanno intrapreso il pellegrinaggio di Monte Coronaro e ognuno ne ha ricavato una propria impressione ritrovando o smentendo le immagini dell’attesa. Lo scrittore Olindo Guerrini percorre coste impervie e sassose che lo rimandano alle «Malebolge» dantesche prima di arrivare a bere alle sorgenti del Tevere.La giornalista Marie Von Vorst descrive come un fiotto scintillante e cristallino che sgorga fra roccia e terra e si dilata in cascatella dalla sorgente del Tevere. Con una sua sensibilità coloristica, chiama il corso d’acqua nastro di zafferano, i calanchi picchi dorati, il fiume, nella sua parte alta, verde traslucido. E poi il silenzio di certi luoghi, rotto soltanto dalla sua voce.A William Davies, pittore preraffaelllita e scrittore, capitò, nel corso dell’800, di vedere il letto del fiume ma non l’acqua. E gli amici: Dov’è il venerabile vecchio seduto fra il falasco fornito di teiera donde riversa rivi copiosi? Dove sono le ninfe, le naiadi e gli altri abitatori dei sacri flutti?.Mussolini, con decisione autoritaria, stabilì che il Tevere dovesse nascere in Romagna, contro ogni logica geografica. Ché la Romagna comprende le valli a settentrione del Monte Fumaiolo o «Fiumaiolo», come azzarda nell’etimologia il foglio settimanale «La Valle Tiberina» iniziando, il 7 gennaio 1866, le pubblicazioni con una descrizione geografica, fisica e storica della valle, non quelle a sud che sono parte dell’Etruria toscana. Tutt’al più può essere umbro o latino, non romagnolo. E da allora Verghereto, le Balze, il Fumaiolo sono romagnoli. Ma il 15 agosto 1934, quando fu scoperta l’aquila marmorea, il cattivo tempo impedì la cerimonia, anzi, peggio, costrinse i gerarchi ad immiserirla e ad andarsene veloci. Ce lo dice Fanfani in «Una Pieve in Italia». È un fatto dunque che assumere l’atteggiamento del pellegrino può aiutare a far nuove tutte le cose ed è quanto auguriamo a chi cerca «emozioni».Giuliana Maggini