«Il nostro non è turismo dell’orrore» ci viene spiegato davanti ad una casa semidistrutta. Il muro è caduto e si intravedono, ancora a distanza di tre anni, mobili, scale e lampadari pendenti; davanti ai resti dell’abitazione c’è una foto di una bambina. «Siamo qui per portare un aiuto, fare una reale differenza». Questo lo spirito che accomuna più di settanta ragazzi, di età compresa tra i sedici e i ventun anni, resisi disponibili come supporto alle vittime del terremoto marchigiano dell’agosto del 2016. Sono gli ultimi giorni di luglio, ci sono volontari dalle diocesi di Firenze e Padova e per tutta l’estate altri ne continueranno ad arrivare da tutta Italia. Sono le «Settimane della Visitazione», organizzate dalla Diocesi di Ascoli Piceno.Cosa ci spinge a fare una scelta simile? A rinunciare ad una vacanza rilassante? Forse la ricerca di una nuova esperienza, di un cambiamento, la voglia di mettersi in gioco, di trovare una risposta e certo il coraggio di fare quel «salto nel buio». Sono varie le motivazioni e le strade che hanno condotto qui ognuno di noi: alcuni sanno già cosa significhi far animazione per dei bambini o passare del tempo con degli anziani, per altri questa è un’esperienza del tutto nuova. A noi fiorentini viene assegnato il comune di Montegallo, in provincia di Ascoli Piceno. Lì ci aspetta ogni giorno un gruppo di una ventina di bambini: hanno dai quattro ai quattordici anni. La maggior parte di loro ha vissuto in prima persona il terremoto e alcuni hanno dovuto necessariamente lasciare la propria casa per andare a vivere in abitazioni provvisorie, spesso piccole e tutte molto vicine. «Ascoltateli» ci viene consigliato. «Spesso hanno anche solo bisogno di parlare, di raccontare». Arriviamo pieni di entusiasmo, materiali e giochi. Ognuno di noi cerca di capire cosa è in grado di mettere a disposizione; si creano così laboratori di arte, di elettronica, di magia e ogni giorno si suona la chitarra e si propongono momenti di catechesi e di riflessione. Spesso ci accorgiamo che sono i bambini stessi a volerci insegnare nuovi giochi e a coinvolgerci nella loro quotidianità. «Questa casa prima non era così, ci si poteva entrare», «Vedi quella parte di montagna laggiù? Prima era in piedi, poi dopo il terremoto è cascata!»: frasi pronunciate con molta semplicità e con il sorriso. Non è infatti la tristezza o il dolore ciò che caratterizza il gruppo di Montegallo, ma la vivacità. Si tratta di bambini allegri, propositivi e quasi scalmanati a volte, con la capacità di notare la bellezza anche là dove c’è difficoltà o distruzione. Alcuni di loro raccontano di aver vissuto l’esperienza come un grande gioco. Questa settimana ha permesso anche a noi di tornare un po’ bambini, di allontanarci dalle nostre preoccupazioni quotidiane e di darne poi un peso diverso una volta tornati. Abbiamo potuto confrontarci con varie associazioni di sostegno, in modo da notare i miglioramenti e i passi in avanti e capire il peso anche di un singolo piccolo aiuto. Torniamo a casa portandoci dietro sorrisi, nuove amicizie, voglia di ritornare alle vite di sempre con un entusiasmo maggiore e con la consapevolezza che a volte non è necessario saper fare qualcosa di particolare, ma è proprio la compagnia, l’ascolto a fare la differenza.