Opinioni & Commenti

L’esame di maturità? Un vuoto a rendere

di Franco VaccariEsame sì, esame no, esame «ni»!In attesa delle solite statistiche sui licenziati delle scuole medie superiori d’Italia e, forse, proprio prima di tali responsi, si possono e si devono esprimere alcune considerazioni che toccano la radice di un rito culturale ed esistenziale sospeso nel limbo di un’inaccettabile ambiguità, ormai svuotato dei suoi antichi significati.Intanto: cos’è oggi l’esame di maturità? Un mini-bis dello scrutinio, dopo una serie di mini-bis delle ultime interrogazioni o prove scritte, sostenute dagli allievi con gli stessi insegnanti che li conoscono da un triennio o, talvolta, da un intero quinquennio. Un mini-bis cui non assiste realmente alcuna figura esterna, dal momento che il presidente della Commissione d’esame delega un vicario per ogni classe e si limita a verificare che le operazioni formali riguardanti i molti studenti affidatigli siano ineccepibili.

E i protagonisti? Studenti con pseudo-tensione emotiva dell’esame e insegnanti che, cercando di vivere alla meglio una situazione odiosa, disagevole in ogni caso, optano per un atteggiamento che paia dignitoso, gestendo una cosa di cui non hanno alcuna responsabilità. Taluni preferiscono la scelta rigorosa: tenere alta la forma, confidando che questa possa trasformarsi in sostanza, altri scivolano verso la scelta autolesionista, ricreando colloqui lunghi e dettagliati, tenendo a conversazione i candidati oltre l’ora e pensando di dover riaccertare ciò che hanno accertato ormai da anni; altri ancora si inoltrano nelle strade di una discutibile complicità («poveri ragazzi, li aiuto in tutto quello che posso»).

Ma il disagio più profondo deriva dalla obbligata complicità in una situazione falsa e falsificante di quei rapporti che per anni ogni buon docente ha impostato nel segno esattamente opposto: quello dell’onestà. Non si devono prendere in giro i giovani! Alimentare tensioni emotive che non hanno motivo di esistere, dover ripetere senza alcuna convinzione «ragazzi quest’anno ci sono gli esami», trasformare un atto formativo in teatrino con valore legale corrode alle fondamenta il rapporto educativo.

Tiriamo giù l’ultimo brandello di un sipario logoro: il rito è svuotato, i ragazzi sono più emozionati per l’esame della patente di guida e gli insegnanti annoiati. Anzi, i «maturati» sono sempre più scontenti, anche per il voto finale, che sempre di più non corrisponde alle aspettative. Togliere le difficoltà e le verifiche vere alimenta solo la presunzione.

Il rito di passaggio vero, fatto di difficoltà proporzionate, di preparazione a un reale rischio, di presentazione di sé davanti a una situazione umana e culturale inedita, non c’è più. Prendiamone atto e scegliamo. Qualunque strada sarà migliore della situazione presente.

Nell’elaborato di una candidata, per qualche istante, la Commissione stava correggendo il pensiero di Nietzche riguardo alla televisione (!). La noia aveva permesso di arrivare al quarto rigo, prima di scuotersi per ciò che si andava leggendo. Questo tipo di esame di stato lo stiamo leggendo da più di quattro righe: proseguire ci qualificherebbe come disposti a bere di tutto.