Arte & Mostre
Leon Battista Alberti, l’uomo del Rinascimento
Oltre 160 le opere esposte, in parte dell’Alberti, in massima parte di artisti sui quali si è esercitato l’ascendente delle sue teorie: Donatello, Ghiberti, Beato Angelico, Filippo Lippi, Botticelli, Andrea del Castagno, Verrocchio, solo per citarne alcuni. Sculture, disegni, manufatti, dipinti, raramente prestati alle mostre come il tondo marmoreo di Donatello dal Louvre (Madonna col Bambino) o quello dello stesso Donatello dal Musée des Beaux Arts du Lille (Il Banchetto di Erode), o la spalliera raffigurante la Presa di Troia del Maestro di Apollo e Dafne, eccezionalmente prestato dalla New York University.
Un apporto importante allo sviluppo della mostra è rappresentato da un gruppo di documenti, esposti nella sala dedicata alla storia della famiglia Alberti, provenienti dagli archivi familiari con un inedito di particolare importanza: un piccolo frammento di pergamena su cui lo stesso Leon Battista Alberti, figlio spurio indesiderato dai parenti, aveva tracciato l’albero genealogico della famiglia (141 nomi lungo un arco di nove generazioni dal XIII al XV secolo). Un documento, che come spiega la paleografa Paola Massalin, alla quale dobbiamo il ritrovamento della piccola pergamena nell’Archivio Mori Ubaldini degli Alberti La Marmora di Biella, «fu concepito e compilato da Leon Battista Alberti per uso personale, forse come strumento di lavoro per comporre uno dei suoi trattati più importanti, i famosi quattro Libri della Famiglia , in cui si serve dei propri antenati per disegnare il modello della famiglia ideale». Insieme a questo prezioso documento sono presentati anche alcuni alberi genealogici dei rami di Firenze, Genova e Venezia, nonché il bando che esiliò gli Alberti da Firenze e la sua revoca del 1428 e dodici fiorini d’oro battuti dalla Zecca fiorentina tra il 1309 e il 1350 con i membri della famiglia Alberti come «maestri di Zecca», nonché un libro di «Dare e Avere» del Banco Alberti a testimonianza della potenza economica raggiunta da questa famiglia nel XIV secolo.
Il percorso espositivo prevede sette sezioni: la vita, gli anni fiorentini, la committenza dei Rucellai, la città di Alberti, il trattato di architettura, la città ideale, la scienza. Ma si proietta anche all’esterno di Palazzo Strozzi in forma di itinerario albertiano, segnalando le opere progettate da Alberti architetto e i luoghi dove forte fu la sua infuenza. Tra le prime Palazzo Rucellai, la facciata di S. Maria Novella, il tempietto del Santo Sepolcro in S. Pancrazio, la pieve di S. Martino a Gangalandi, della quale l’Alberti fu rettore. Tra i secondi la Cappella del Crocifisso in S. Miniato, il tempietto della SS. Annunziata, il portico della Cappella dei Pazzi, il chiostro grande nel convento di S. Croce, per rimanere solo a Firenze.
Ma il vero fiore all’occhiello di questa mostra è quel disegno inedito, attribuito all’Alberti, scoperto sotto la superficie pittorica della famosa Città ideale e la cui immagine sarà esposta per la prima volta e per di più a fianco del dipinto originale, gioiello del Palazzo Ducale di Urbino. Il disegno di stupefacente qualità è stato individuato grazie ai più moderni strumenti diagnostici (radiografia e riflettografia) ed è identico al dipinto in tutti i dettagli. «Un rarissimo caso di fotocopia monocroma come lo ha definito Maurizio Seracini esperto internazionale di diagnostica che ha condotto la ricerca . Anche maestri della prospettiva come Piero della Francesca non ricorrevano a simili artifici, bensì preparavano tavole e tele limitandosi a poche linee guida, ad accenni di costruzione geometrica. Il resto era affidato all’abilità del pennello». Anche Gabriele Morolli, curatore con Cristina Acidini della mostra, è convinto che a realizzare il disegno sia stato Alberti in persona, «del resto spiega – il disegno prefigura alla perfezione forme, prospettiva, volumi dell’intera rappresentazione rivelando l’opera non di un pittore, ma di un architetto come Alberti, che secondo Vasari era bravissimo a disegnare prospettive di città senza figure». Inoltre, come fa notare ancora Morolli, «gli edifici rappresentati non solo sono fedeli trascrizioni di architetture descritte nel trattato albertiano De Re Aedificatoria, ma citano anche note opere di Alberti, in particolare Palazzo Rucellai e la facciata di S. Maria Novella a Firenze, il Tempio Malatestiano a Rimini. Niente ci proibisce dunque di pensare che Alberti abbia realizzato il disegno da par suo e che, poi, altri lo abbiano colorato».