Cultura & Società

L’enciclopedia nell’era di internet

di Franco CardiniA elogiare Wikipedia, l’enciclopedia on line, è stato nientemeno che Umberto Eco, che d’enciclopedie e anche d’informatica se ne intende: e mi guarderò bene dal contraddirlo, anche perché in effetti Wikipedia offre ottimi servizi. C’è chi la dice migliore dell’Enciclopedia britannica: certo è di più facile e immediato accesso, è meno costosa ed è più facilmente aggiornabile. Sono sufficienti queste doti, senza dubbio straordinarie, a farci prevedere come prossima la scomparsa delle enciclopedie cartacee, con sollievo per tutti coloro che temono per le sorti delle foreste fornitrici di cellulosa e che sono perseguitati dalla penuria di spazio dove stivare i libri (un problema che, comunque, non dev’essere tra i primari nella crisi degli alloggi che da sempre ci travaglia).

Quand’ero liceale, studiavo spesso con Lorenzo. Io ero figlio d’un artigiano d’Oltrarno, lui di un grande professore universitario; io stavo in una casetta a un piano in Via Serragli, lui in un superbo attico di Porta Romana. A casa mia c’era una libreria fatta di tre scaffali di tre metri ciascuno (ed era molto per una famiglia abbastanza povera degli Anni Cinquanta: oggi, sarebbe molto anche per una famiglia abbiente); a casa sua, una splendida biblioteca ricca di migliaia di volumi che io rimiravo con incantata invidia. Io possedevo una P.E.M., «Piccola Enciclopedia Mondadori», un volumetto rilegato in tela verde; lui aveva l’Enciclopedia Italiana, la «Treccani», con la sua bella rilegatura in cuoio grasso e impressioni in oro.

E io concepii un folle disegno: decisi di leggermi tutta la «Treccani» tomo dietro tomo. Lorenzo mi prestò volentieri il primo volume, con l’accordo che di lì a un mese gliel’avrei restituito. Ero convinto che così sarei diventato dottissimo. Non ce la feci. Però ne lessi abbastanza per comprendere che quello non era un buon modo per farsi una cultura, che bisognava dare un ordine logico e non alfabetico al mio piano di lettura. Per esempio, dopo Aachen, il nome tedesco della città di Aquisgrana, si doveva passare non alla lettura del successivo lemma AAlto, Alvar Hugo Henrik (peraltro in quegli anni ancora felicemente operante), bensì cambiar volume e leggersi la voce Germania, corrispondente allo stato in cui si trovava Aachen: e così via, scegliendo un filo ininterrotto di associazioni. Avevo scoperto lo spirito dell’enciclopedia, l’enkyklios paidèia, il «sapere circolarmente disposto»: anche se non avevo ancora capito ch’esso non è un immenso circolo, bensì un’inesauribile spirale.

Le enciclopedie on line oggi trionfano: e il «sapere circolarmente disposto» si può egregiamente gestire attraverso quegli strumenti. Tutti gli insegnanti di scuola media sanno bene che quel che un tempo erano le «ricerche» da farsi a casa oggi si traducono in spesso elegantemente confezionati e coloratissimi copia-e-incolla wikipedici: non sempre necessariamente letti (non diciamo studiati) dai loro «scaricatori».

I risultati, sul piano della diffusione del sapere e dell’informazione, sono contraddittori: da una parte, senza dubbio, si ha l’impressione di una maggiore e più profonda circolazione di dati; dall’altra, basta poco per rendersi conto come tale nuova cultura, e il tessuto erudito-informativo che la sostiene, siano estremamente massificati, livellati, standardizzati. Qui c’è forse un irrisolto nodo concettuale che ci riguarda tutti.

In linea di principio, le possibilità di diversificare la consultazione in campo informatico è non meno infinita che in campo cartaceo. Anzi, la «biblioteca» informatica è enorme, laddove le biblioteche tradizionali che ciascuno di noi potrebbe frequentare – anche se ha la fortuna di potersi servire della National Library o della Très Grande Bibliothèque – sono pur sempre limitate. Eppure, sul piano pratico le cose vanno altrimenti. I risultati della ricerca informatica finiscono per ricalcare percorsi obbligati, forse perché in fondo la giungla dell’on line genera paura e si preferisce percorrerla senza abbandonare i sentieri molto battuti.

Al confronto, l’arcaico e artigianale lavoro della consultazione libraria, con le relative schedine manoscritte (o, al massimo, le fotocopie) risulta regolarmente più proficuo sul piano dei risultati: lacunoso, magari, al livello dell’informazione; ma più vivo e vissuto, meglio metabolizzato. Il che, in fondo, si capisce: e qui i mezzi non ne hanno colpa; ma chi li utilizza e come, sì.

La consultazione enciclopedica on line comincia con quella che, sul cartaceo, è l’operazione conclusiva: la copiatura o, nei casi maggiormente critici, l’assunzione di appunti. Insomma, il cartaceo si legge, l’informatico si saccheggia senza averlo degnato d’uno sguardo o quasi (dopo essersi sincerati che il materiale incontrato corrisponde all’oggetto della ricerca o dell’interesse). E anche le elaborazioni più complesse, a esaminarle con attenzione, si rivelano piuttosto dei patchworks, i risultati di più o meno eleganti taglia-e-cuci.

Eppure, non è certo per questo – o non è comunque solo per questo – che i giornali continuano a offrire enciclopedie cartacee, addirittura a prezzi stracciati. Perché, allora?Le ragioni sono molte. Anzitutto, parliamoci chiaro: l’alfabetizzazione informatica e la diffusa disponibilità di infrastrutture adeguate sono, nel nostro paese, due traguardi ancora lontani. Poi, lo spauracchio di tutti i PC-writers e di tutti i «navigatori informatici» è la prospettiva di guasti, di virus, di repentine cadute nell’alimentazione elettrica, d’inspiegabili black out.

A fronte della labilità vera o comunque immaginata come tale delle enciclopedie informatiche, quelle cartacee offrono una loro solida, arcaica affidabilità. L’Era Gutenberg inferse un colpo mortale al libro manoscritto: ragionando per analogia, noi ci aspettiamo che il libro informatico faccia altrettanto nei confronti del cartaceo. Ma, in realtà, il confronto tra le tre forme librarie è molto imperfetto: basti dire che dal libro informatico si può, con opportune scelte di carta da stampa, caratteri e immagini, tornare a un prodotto cartaceo.

A parte l’ancor persistente fascino del libro, che è destinato a durare. Nulla arreda meglio d’una bella libreria; non ci si può addormentare, la sera, a letto, sul display acceso; e i ragazzi che s’innamorano possono certo disegnare cuori sulle pagine informatiche, ma non possono chiudere una pansé tra due di esse in ricordo d’uno di quei rari e preziosi istanti che poi non si scordano più. Umberto Eco prevede una lunga fase di coabitazione e di collaborazione fra il cartaceo e l’informatico. È probabile, e sperabile, che abbia ragione. I compilatori dell’antichità:Da Vitruvio e Plinio il Vecchio a Isidoro di SivigliaDI CARLO LAPUCCIL’idea di compilare un’opera che contenesse il sapere disponibile di una società è venuta per tempo in mente agli uomini. I Greci cominciarono a ritenere i loro poemi, l’Iliade e l’Odissea, come il deposito della storia, della geografia, delle arti, del pensiero e, al tempo stesso, il testo di studio e d’apprendimento dei giovani. Ci voleva una società più complessa, più grande e strutturata, per arrivare a una vera e propria opera di compilazione del sapere. Già il De architectura di Vitruvio (I sec. A.C.) è un’enciclopedia settoriale. Ma si giunge ad un lavoro che spazia nei campi più diversi, con i dettagli e i particolari tipici di una trattazione, insieme all’organicità e alla completezza, con la Storia Naturale di Plinio il Vecchio (23-79 d. C.). Questa rappresenta il deposito delle conoscenze antiche, ma fu patrimonio comune per molti secoli successivi. Il Cristianesimo avvertì il bisogno di un sapere visto nella prospettiva del trascendente e l’opera prese forma nel commento ai sei giorni della Creazione divina, come avviene nelle omelie Sulla Genesi di S. Basilio di Cesarea (330-479). La visione cristiana riprende sia la visione pagana, che vede forze divine distribuirsi il mondo secondo varie dominazioni e regni in misterioso equilibrio, sia la visione biblica di una divinità monoteistica creatrice che diffonde provvidenzialmente la sua potenza nelle cose della terra. La potenza divina, ad esempio, si dissemina direttamente, dal Creatore, nelle piante, a beneficio degli uomini: «Che la terra germogli alberi fecondi, che producano frutti sulla terra – E subito le cime dei monti si coprivano di chiome boscose; e i giardini si formavano con arte, e le rive dei fiumi si adornavano di innumerevoli specie di piante. Le une erano ordinate ad abbellire la nostra tavola, le altre a fornire nutrimento al bestiame con le foglie e i frutti. Altre ci fornivano l’aiuto della medicina».Più organico, completo e ricco è l’Exameron di S. Ambrogio, che in gran parte si rifà a quello di S. Basilio, si abbandona quella concisione e quella dimensione ieratica, quella sorta di astrattezza orientale, per concedere molto di più al descrittivo, al particolare, al dettaglio e all’esemplificazione e riprende e recupera la tradizione pagana con le sue curiosità e le credenze.

Queste vengono interpretate come manifestazioni d’un messaggio della sapienza divina, destinato a un insegnamento spirituale o morale, che sarà la base dell’allegoria universale, ovvero dell’universo simbolico dell’alto Medio Evo. «Ma tutto ciò che nasce dal suolo ha una sua speciale ragione d’essere e ciascuna cosa, per quanto sta in lei, concorre al piano generale della Creazione. Onde vi sono cose che nascono per essere mangiate, e ve ne sono altre che nascono per altro uso. Non v’è germe che sia superfluo, non ve n’è uno che sia ozioso sulla terra. Ciò che stimi inutile a te è utile ad altri, e spesso anche a te stesso, sotto altro aspetto».

Fu questo il punto di riferimento nella crisi della cultura provocata dalle invasioni barbariche, con tentativi di sintesi, numerosi quanto parziali, ritornando sui sei giorni della Creazione, come fece Isidoro di Siviglia (560-636): Chronicon, De natura rerum, De ordine Creaturarum.Per arrivare a una concezione moderna, anche se non ancora a una compilazione alfabetica delle voci, bisognerà attendere molto, con opere parziali come i grandi teatri: così si chiamavano le esposizioni generali di una materia. La prima opera che ha un’impostazione originale sarà La piazza universale di tutte le professioni del mondo, di Tomaso Garzoni (1549-1589), ma siamo ormai vicini all’arrivo delle grandi enciclopedie moderne. Il secolo dei Lumi e gli artigiani dell’EncyclopédieDI ENNIO CICALIChissà se Diderot e d’Alembert pensavano che la loro Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, pubblicato a Parigi tra il 1751 e il 1772, in 17 volumi di testo e 11 di tavole, sarebbe stato il primo passo per un successo che dura da secoli.

Anche in Italia, già nel Settecento, si pubblicarono compilazioni enciclopediche come il Nuovo dizionario scientifico e curioso sacro-profano (10 volumi, 1746-1751), rielaborazione di un Dizionario universale pubblicato nel 1744.

Nel 1842 l’editore Pomba di Torino cominciò la pubblicazione della Nuova enciclopedia popolare italiana, in dodici volumi, che ebbe un’importante funzione culturale e politica nel nostro Risorgimento. In tempi più recenti sì sono avuti la Grande enciclopedia popolare (25 volumi, 1913-1930), il Grande dizionario enciclopedico, più volte rifatto. Varie furono anche le enciclopedie dedicate ai giovani, tra le più note, la Scala d’Oro dell’Utet. Nella prima metà del ‘900 le varie enciclopedie rappresentarono per grandissima parte dell’Italia un oggetto pressoché sconosciuto, per altri l’oggetto del desiderio, visti i prezzi alla portata di pochissimi. Nel secondo dopoguerra le prime opere a fascicoli misero le enciclopedie alla portata di molti, anche se era un lavoro improbo raccogliere centinaia di dispense. Il fenomeno scomparve con le vendite a rate e fu così che in molte case italiane apparvero le enciclopedie. Per qualcuno, dicono le malelingue, erano parte integrante dell’arredamento, ma per tanti aprirono le porte al sapere. Molte enciclopedie sono state pubblicate dagli editori italiani (fra cui Curcio, De Agostini, Einaudi, Fabbri, Garzanti, Hoepli, Mondadori, Rizzoli, Unedi – Scode, Utet, Vallardi). Oltre a queste enciclopedie generali (ma nella maggior parte dei casi si tratta più precisamente di dizionari enciclopedici) esistono opere che trattano una sola disciplina o un gruppo di discipline: letteratura, scienze religiose, scienze naturali, musica, filosofia, medicina, agraria, ecc.

Tra le enciclopedie straniere, la più nota è certamente la grande Encyclopaedia Britannica – Dizionario delle arti, delle scienze e delle lettere. Pubblicata ad Edimburgo fra il 1768 e il 1771, costituì una novità per l’organizzazione delle informazioni, non più distribuite in tante voci, benché raggruppate per grandi temi o argomenti, trattati in modo esaustivo. È pubblicata ancora oggi.

In Francia le varie edizioni del Larousse, giunto fino a oggi dal 1836, con il Grande dizionario enciclopedicoThe Encyclopedia Americana. Ogni paese del mondo ha la sua enciclopedia di riferimento, dalla Germania alla Russia, dalla Polonia all’Ungheria.

Tra le enciclopedie speciali rivestono particolare interesse l’Enciclopedia cattolica, pubblicata a Roma in dodici volumi tra il 1949 e il 1954, la Catholic Encyclopaedia pubblicata in inglese (16 volumi, New York, 1907- 1914); The Jewish Encyclopaedia anch’essa in inglese (12 volumi, New York, 1901- 1906), cui si affiancano la Universal Jewish Encyclopaedia pubblicata a New York nel 1948; l’Encyclopaedia Hebraica, scritta in ebraico, iniziata nel 1947; l’Enciclopedia dell’Islam, pubblicata a Leida nel 1911, poi a Londra e Parigi.

Attualmente tutte le maggiori enciclopedie, oltre agli aggiornamenti, sono dotate del volume riassuntivo annuale e del cd-rom dell’opera completa e arricchita (testo, immagini, filmati, sonoro, ecc.), sempre più frequente è l’aggiornamento dell’opera on-line.

E venne l’epoca della «Treccani»L’Enciclopedia Italiana, conosciuta come la «Treccani» dal nome del suo ideatore, è nata grazie a Giovanni Treccani, un industriale nato a Montichiari, nel Bresciano. Entusiasta delle enciclopedie impegnò nell’impresa tutti i suoi averi, prendendo a modello due grandi opere: la Britannica e la francese Larousse. I redattori erano 48, tra cui Enrico Fermi per la fisica, Guido Calogero per la filosofia, Ugo La Malfa per l’industria, Giuseppe Ricciotti, celebre autore della Storia di Cristo. L’intento era quello di pubblicare un volume ogni tre mesi.

Dopo 4 anni di intenso lavoro il 15 marzo 1929 usciva il primo volume, accolto con entusiasmo e ammirazione, ripetuti anche all’uscita dei volumi successivi, che rispettarono le scadenze prestabilite. Il settimo comparve il 10 gennaio 1931. Poi a seguito di complesse vicende finanziarie, il governo si accollò l’onere dell’impresa, risultata più costosa del previsto. Il 30 giugno 1933, alla presenza di Mussolini, fu sottoscritto l’atto costitutivo dell’Istituto della Enciclopedia Italiana. Presidente era Guglielmo Marconi, vice presidenti lo stesso Treccani e Giovanni Gentile.

Sotto l’amministrazione statale uscirono altri volumi, sino all’ultimo che uscì il 27 ottobre 1937. Alla morte di Marconi, nel 1937, la presidenza fu riassunta da Giovanni Treccani. Il compimento dell’opera fu salutato con entusiasmo: l’Enciclopedia Italiana era risultata quell’opera poderosa che si era pensato. Un numero straordinario di collaboratori – ben 3266 di cui 517 stranieri – aveva contribuito a crearla. Rilegatura, carta e stampa erano state curate in modo particolare.

Molto si scrisse sull’opera e le recensioni italiane e straniere furono tutte di plauso; l’allora cardinale Pacelli, il futuro Pio XII, la trovò perfetta negli scritti religiosi. Per molti studiosi solo tre enciclopedie hanno qualità universali: la francese per i suoi meriti prerivoluzionari, l’inglese per la ricchezza delle informazioni, l’italiana perché più completa e moderna.L’Enciclopedia Italiana si avvalse della collaborazione di molti dei più autorevoli studiosi italiani in ogni campo, compresi alcuni noti antifascisti. Essa subì solo in parte l’inevitabile condizionamento della cultura fascista, tanto da essere considerata una realizzazione di tutto rispetto anche dagli avversari del regime. Ferma restando l’impostazione originaria, dal dopoguerra l’attività dell’Enciclopedia è ripresa su basi rinnovate, arricchita col tempo di appendici di aggiornamento consta oggi di 49 volumi. Tra le opere più recenti «Il libro dell’anno» che ricorda e commenta eventi e persone che popolano lo scenario del mondo italiano e internazionale.

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