Cultura & Società
L’enciclopedia nell’era di internet
Quand’ero liceale, studiavo spesso con Lorenzo. Io ero figlio d’un artigiano d’Oltrarno, lui di un grande professore universitario; io stavo in una casetta a un piano in Via Serragli, lui in un superbo attico di Porta Romana. A casa mia c’era una libreria fatta di tre scaffali di tre metri ciascuno (ed era molto per una famiglia abbastanza povera degli Anni Cinquanta: oggi, sarebbe molto anche per una famiglia abbiente); a casa sua, una splendida biblioteca ricca di migliaia di volumi che io rimiravo con incantata invidia. Io possedevo una P.E.M., «Piccola Enciclopedia Mondadori», un volumetto rilegato in tela verde; lui aveva l’Enciclopedia Italiana, la «Treccani», con la sua bella rilegatura in cuoio grasso e impressioni in oro.
E io concepii un folle disegno: decisi di leggermi tutta la «Treccani» tomo dietro tomo. Lorenzo mi prestò volentieri il primo volume, con l’accordo che di lì a un mese gliel’avrei restituito. Ero convinto che così sarei diventato dottissimo. Non ce la feci. Però ne lessi abbastanza per comprendere che quello non era un buon modo per farsi una cultura, che bisognava dare un ordine logico e non alfabetico al mio piano di lettura. Per esempio, dopo Aachen, il nome tedesco della città di Aquisgrana, si doveva passare non alla lettura del successivo lemma AAlto, Alvar Hugo Henrik (peraltro in quegli anni ancora felicemente operante), bensì cambiar volume e leggersi la voce Germania, corrispondente allo stato in cui si trovava Aachen: e così via, scegliendo un filo ininterrotto di associazioni. Avevo scoperto lo spirito dell’enciclopedia, l’enkyklios paidèia, il «sapere circolarmente disposto»: anche se non avevo ancora capito ch’esso non è un immenso circolo, bensì un’inesauribile spirale.
Le enciclopedie on line oggi trionfano: e il «sapere circolarmente disposto» si può egregiamente gestire attraverso quegli strumenti. Tutti gli insegnanti di scuola media sanno bene che quel che un tempo erano le «ricerche» da farsi a casa oggi si traducono in spesso elegantemente confezionati e coloratissimi copia-e-incolla wikipedici: non sempre necessariamente letti (non diciamo studiati) dai loro «scaricatori».
I risultati, sul piano della diffusione del sapere e dell’informazione, sono contraddittori: da una parte, senza dubbio, si ha l’impressione di una maggiore e più profonda circolazione di dati; dall’altra, basta poco per rendersi conto come tale nuova cultura, e il tessuto erudito-informativo che la sostiene, siano estremamente massificati, livellati, standardizzati. Qui c’è forse un irrisolto nodo concettuale che ci riguarda tutti.
In linea di principio, le possibilità di diversificare la consultazione in campo informatico è non meno infinita che in campo cartaceo. Anzi, la «biblioteca» informatica è enorme, laddove le biblioteche tradizionali che ciascuno di noi potrebbe frequentare anche se ha la fortuna di potersi servire della National Library o della Très Grande Bibliothèque sono pur sempre limitate. Eppure, sul piano pratico le cose vanno altrimenti. I risultati della ricerca informatica finiscono per ricalcare percorsi obbligati, forse perché in fondo la giungla dell’on line genera paura e si preferisce percorrerla senza abbandonare i sentieri molto battuti.
Al confronto, l’arcaico e artigianale lavoro della consultazione libraria, con le relative schedine manoscritte (o, al massimo, le fotocopie) risulta regolarmente più proficuo sul piano dei risultati: lacunoso, magari, al livello dell’informazione; ma più vivo e vissuto, meglio metabolizzato. Il che, in fondo, si capisce: e qui i mezzi non ne hanno colpa; ma chi li utilizza e come, sì.
La consultazione enciclopedica on line comincia con quella che, sul cartaceo, è l’operazione conclusiva: la copiatura o, nei casi maggiormente critici, l’assunzione di appunti. Insomma, il cartaceo si legge, l’informatico si saccheggia senza averlo degnato d’uno sguardo o quasi (dopo essersi sincerati che il materiale incontrato corrisponde all’oggetto della ricerca o dell’interesse). E anche le elaborazioni più complesse, a esaminarle con attenzione, si rivelano piuttosto dei patchworks, i risultati di più o meno eleganti taglia-e-cuci.
A fronte della labilità vera o comunque immaginata come tale delle enciclopedie informatiche, quelle cartacee offrono una loro solida, arcaica affidabilità. L’Era Gutenberg inferse un colpo mortale al libro manoscritto: ragionando per analogia, noi ci aspettiamo che il libro informatico faccia altrettanto nei confronti del cartaceo. Ma, in realtà, il confronto tra le tre forme librarie è molto imperfetto: basti dire che dal libro informatico si può, con opportune scelte di carta da stampa, caratteri e immagini, tornare a un prodotto cartaceo.
Queste vengono interpretate come manifestazioni d’un messaggio della sapienza divina, destinato a un insegnamento spirituale o morale, che sarà la base dell’allegoria universale, ovvero dell’universo simbolico dell’alto Medio Evo. «Ma tutto ciò che nasce dal suolo ha una sua speciale ragione d’essere e ciascuna cosa, per quanto sta in lei, concorre al piano generale della Creazione. Onde vi sono cose che nascono per essere mangiate, e ve ne sono altre che nascono per altro uso. Non v’è germe che sia superfluo, non ve n’è uno che sia ozioso sulla terra. Ciò che stimi inutile a te è utile ad altri, e spesso anche a te stesso, sotto altro aspetto».
Anche in Italia, già nel Settecento, si pubblicarono compilazioni enciclopediche come il Nuovo dizionario scientifico e curioso sacro-profano (10 volumi, 1746-1751), rielaborazione di un Dizionario universale pubblicato nel 1744.
Tra le enciclopedie straniere, la più nota è certamente la grande Encyclopaedia Britannica Dizionario delle arti, delle scienze e delle lettere. Pubblicata ad Edimburgo fra il 1768 e il 1771, costituì una novità per l’organizzazione delle informazioni, non più distribuite in tante voci, benché raggruppate per grandi temi o argomenti, trattati in modo esaustivo. È pubblicata ancora oggi.
In Francia le varie edizioni del Larousse, giunto fino a oggi dal 1836, con il Grande dizionario enciclopedicoThe Encyclopedia Americana. Ogni paese del mondo ha la sua enciclopedia di riferimento, dalla Germania alla Russia, dalla Polonia all’Ungheria.
Tra le enciclopedie speciali rivestono particolare interesse l’Enciclopedia cattolica, pubblicata a Roma in dodici volumi tra il 1949 e il 1954, la Catholic Encyclopaedia pubblicata in inglese (16 volumi, New York, 1907- 1914); The Jewish Encyclopaedia anch’essa in inglese (12 volumi, New York, 1901- 1906), cui si affiancano la Universal Jewish Encyclopaedia pubblicata a New York nel 1948; l’Encyclopaedia Hebraica, scritta in ebraico, iniziata nel 1947; l’Enciclopedia dell’Islam, pubblicata a Leida nel 1911, poi a Londra e Parigi.
Attualmente tutte le maggiori enciclopedie, oltre agli aggiornamenti, sono dotate del volume riassuntivo annuale e del cd-rom dell’opera completa e arricchita (testo, immagini, filmati, sonoro, ecc.), sempre più frequente è l’aggiornamento dell’opera on-line.
Dopo 4 anni di intenso lavoro il 15 marzo 1929 usciva il primo volume, accolto con entusiasmo e ammirazione, ripetuti anche all’uscita dei volumi successivi, che rispettarono le scadenze prestabilite. Il settimo comparve il 10 gennaio 1931. Poi a seguito di complesse vicende finanziarie, il governo si accollò l’onere dell’impresa, risultata più costosa del previsto. Il 30 giugno 1933, alla presenza di Mussolini, fu sottoscritto l’atto costitutivo dell’Istituto della Enciclopedia Italiana. Presidente era Guglielmo Marconi, vice presidenti lo stesso Treccani e Giovanni Gentile.
Sotto l’amministrazione statale uscirono altri volumi, sino all’ultimo che uscì il 27 ottobre 1937. Alla morte di Marconi, nel 1937, la presidenza fu riassunta da Giovanni Treccani. Il compimento dell’opera fu salutato con entusiasmo: l’Enciclopedia Italiana era risultata quell’opera poderosa che si era pensato. Un numero straordinario di collaboratori ben 3266 di cui 517 stranieri aveva contribuito a crearla. Rilegatura, carta e stampa erano state curate in modo particolare.