Lettere in redazione

L’enciclica e la giustizia sociale

Caro Direttore,ho letto velocemente, ma attentamente, l’Enciclica «Deus caritas est». Veramente non c’è quasi niente di nuovo in essa … per la maggior parte è dottrina cristiana scontata… Non voglio con questo distruggere o sminuire lo sforzo ed il buon risultato sintetico e dottrinale che Benedetto XVI ha conseguito.

L’enciclica infatti mette le basi solide e ben organizzate per una sociologia cristana, ma non riesce poi a trarne le coordinate pratiche.

Verso la fine l’Enciclica spiega come il marxismo ed il socialismo avessero buone idee ed intenzioni per una società civile giusta, ma come siano poi stati incapaci di portare l’ideologia al pratico e fa vedere chiaro come, per altro, qualsiasi altra forma della polis che si basi puramente sul materiale, non sia in grado di soddisfare la giustizia sociale umana che richiede di più che il semplice pane – non di solo pane vive l’uomo –. Si ferma poi a parlare delle opere caritative, del volontariato, le opere dei Santi, ecc. come esempi di carità cristiana … Da molto valore alla carità come opera di misericordia e di soccorso, ma non si ferma sul tema della «giustizia sociale», non illumina le responsabilità sociali del «cittadino» cristiano.Fu liberandosi dai vincoli del servilismo (dettato e sostenuto dal Cristianesimo medioevale) che la società moderna dalla rivoluzione francese in qua si è liberata dalla miseria e dall’oppressione clerico-imperiale. Sembra che Ratzinger e, in generale, la gerarchia, non lo hanno ancora compreso o, almeno, non lo esprimono; forse perché costerebbe il loro proprio «comodo». P. Umberto Lenzi USA Per capire appieno un’Enciclica credo sia fondamentale individuarne il fine primo da cui poi scaturiscono le indicazioni che coinvolgono e impegnano. Nel caso della Deus caritas est è l’autore stesso che ce lo indica. Benedetto XVI, infatti, ricevendo lunedì 23 gennaio i partecipanti ad un incontro promosso dal Pontificio Consiglio Cor umum ha detto che con questa Enciclica ha voluto «dar risalto alla centralità della fede in Dio, in quel Dio che ha assunto un volto umano e un cuore umano. La fede non è una teoria che si può far propria o anche accantonare. È una cosa molto concreta che decide del nostro stile di vita». Ed è «partendo dall’immagine cristiana di Dio che bisogna mostrare come l’uomo è creato per amare e come questo amore, che inizialmente appare soprattutto come eros tra uomo e donna, deve poi interiormente trasformarsi in agape, in dono di sé all’altro». Dono che deve concretizzarsi in atti di amore che la chiesa promuove e realizza come manifestazione dell’amore trinitario. L’Enciclica dà quindi valore e risalto alle opere di misericordia, ma – si afferma nella lettera – «non si ferma sul tema della giustizia sociale e non illumina le responsabilità del cittadino cristiano».E qui, mi permetta caro Padre Lenzi, è la sua lettura «veloce» che la tradisce. Il Papa dedica all’argomento ben quattro paragrafi (26-27-28-29). Dopo aver ricordato l’obiezione del pensiero marxista sull’attività caritativa della Chiesa e aver riconosciuto che «i rappresentanti della Chiesa hanno percepito solo lentamente il problema della giusta struttura della società», Benedetto XVI affronta proprio il problema della giustizia sociale, cioè «del giusto ordine della società e dello Stato» che è, e rimane, «compito centrale della politica», e in quanto tale «non può essere incarico immediato della Chiesa», che offre però – attraverso il Magistero sociale – un suo contributo specifico «affinché le esigenze della giustizia diventino comprensibili e politicamente realizzabili».L’opera concreta è invece «propria dei fedeli laici» che «come cittadini dello Stato sono chiamati a partecipare in prima persona alla vita pubblica». E ogni abdicazione è un venir meno alla loro missione.

Enciclica «Deus caritas est»

Eros, agape, caritas: il Papa spiega l’amore