Vita Chiesa

L’enciclica del Papa mi ha aperto gli occhi

DI DON FRANCESCO SENSINILa pubblicità di un prodotto, se fatta bene, mi stuzzica, se fatta male mi lascia indifferente. La pubblicità della prima enciclica del papa Benedetto XVI mi ha stranamente infastidito. Forse, soffrendo io di un complesso di inferiorità, pretendevo di essere il primo a leggerla; forse, ritenendomi migliore degli altri, non ho gradito il loro parere. Ho fatto fatica a leggerla. Pensavo infatti di conoscerla già per il semplice fatto che avevo letto le ampie riflessioni e commenti espressi da autorevoli cattolici e stimati laici.

Adesso però sono contento di averla letta, soprattutto per due ragioni. La prima riguarda la riaffermazione della concezione dell’uomo, che non si presta a nessuna contestazione e non presenta alcuna ombra. Il che la rende oggettivamente condivisibile da tutti.

«L’uomo è composto di corpo e anima». Immagino già la vostra delusione e la spontanea reazione: questa non è una novità, anzi ci saremmo aspettati qualcosa di diverso. Ascoltiamo ancora. «L’uomo diventa veramente se stesso, quando corpo e anima si ritrovano in intima unità». Se l’uomo ambisce di essere solamente spirito e vuole rifiutare la carne come una eredità animalesca, perde la sua dignità. Pensate per un attimo a quanto veleno invece, uomini di chiesa, avevano gettato sulla «carne», sull’eros, sulla sessualità. Al punto tale da dividere la stessa realtà dell’uomo. Se Dio avesse progettato la vita dell’uomo come quella degli angeli, che senso avrebbe avuto dotarli di un corpo? Quanti «danni» ha procurato questa visione disincarnata dell’uomo? Quanto è stato facile, ma dannoso, far prevalere lo spirito sulla carne? E perché di tutti i comandamenti solo il sesto sembra quello più importante?

Qualcuno, immagino, si starà preoccupando di dove possa arrivare. Ma sto leggendo con un occhio solo, che fino ad oggi forse era chiuso. Apro allora anche l’altro occhio: «Se l’uomo rinnega lo spirito e quindi considera la materia, il corpo, come realtà esclusiva perde la sua grandezza. Non sono né lo spirito né il corpo da soli ad amare: è l’uomo, la persona». È proprio il caso di dire che il papa mi ha aperto tutti e due gli occhi.

L’altra ragione è la risposta che Benedetto XVI ha dato a quello che un catechismo chiama « maestro del sospetto»: Marx. La caratteristica della sua critica religiosa è infatti il «sospetto» che dietro ai discorsi su Dio e sulla realtà ultraterrena in genere si nasconda la realtà del desiderio umano insoddisfatto. Il vuoto che l’uomo vive: mancanza di lavoro, mancanza di casa, mancanza di soldi, mancanza di salute, mancanza di strutture… non può essere riempito da Dio. E una religione che lo facesse è «oppio».

Così pensa e insegna Marx. Così ragionano ancora oggi tanti politici e intellettuali marxisti. In questa argomentazione – afferma il papa – bisogna riconoscerlo, c’è del vero, ma anche non poco di errato. È certamente compito prioritario dello Stato riempire questi vuoti. Ma veramente l’uomo ha solo bisogno di questo tipo di giustizia? Una lotta politica finalizzata a creare «la collettivizzazione dei mezzi di produzione» di fatto nasconde una concezione materialistica (corporea, carnale) dell’uomo. Così quello che può sembrare un servizio diviene invece un’azione di nuova schiavitù e quelli che sembrano salvatori sono solo dei colonizzatori.

La Chiesa parla per esperienza, per questo va sempre ascoltata.