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L’elezione di Mattarella rivaluta il cattolicesimo democratico
Si è arrivati alla sua elezione in modo quantomai diverso dalle previsioni. Matteo Renzi ha rinunciato ad ogni atteggiamento rodomontesco, ha capito quali fossero i limiti del campo di gioco e ha guidato l’azione con maestria fino al risultato finale. Capire che non si è onnipotenti è tipico dei politici maturi. Renzi in questo frangente ha mostrato di averlo compreso, ed è giusto sottolineare il fatto.
L’opposizione interna al Pd ha mostrato uguale capacità di smaltire le tossine accumulate dalla mancata elezione di Prodi in poi. In cambio ha ottenuto un Capo dello Stato molto più vicino ai suoi valori di quanto non potesse immaginare anche solo due mesi fa. Inoltre Pier Luigi Bersani esce da questa fase con il segno del politico che sa guardare oltre il proprio giardino, ed anche questa è una buona notizia per la tenuta generale del quadro politico.
Viceversa il centrodestra, che pure ha finito per convergere in buona parte sul nome di Mattarella, si presenta come il vero perdente. Silvio Berlusconi, invece di dimostrare la prontezza di riflessi avuta in occasione dell’elezione di Ciampi, si è messo da solo all’angolo e non è stato in grado di uscirne. I centristi hanno lottato per essere centrali, ma alla fine non hanno mostrato una seria tenuta interna. Nell’ambito della coalizione di governo sono ancora più marginali di ieri. Quanto ai cattolici del centrodestra, agli osservatori non è sfuggito che fossero loro tra i meno entusiasti sostenitori del nuovo Presidente. Sarebbe stata un’eccellente occasione per dimostrare l’efficacia della formula dello sparpagliamento nelle varie componenti politiche, predicata per molti anni. Purtroppo non è andata così, e legittimo è adesso dubitare della funzionalità dello schema, o perlomeno della statemanship di una certa classe politica cattolica.
Ora una lunga stagione di preoccupazioni attende il nuovo inquilino del Quirinale, come egli stesso ha ammesso nel primo istante del suo mandato. Bisogna gestire la stagione delle riforme, una difficile congiuntura economica, una stabilità politica ancora tutta da inventare. «Lei capisce le mie attuali preoccupazioni», ha confidato Mattarella a Ciampi in una telefonata. Buon lavoro, Presidente, il suo successo sarà anche il nostro.
C’è però un altro aspetto che non può essere sottaciuto. L’elezione di Mattarella segna nei fatti una rivalutazione della corrente politica e culturale del cattolicesimo democratico. Erano molti anni che questo, nella sua concezione più pura rappresentata dal nuovo Capo dello Stato, non riceveva un riconoscimento tanto aperto. Il fatto deve far pensare: pone sotto una nuova luce un’esperienza che, nel corso degli ultimi decenni, sembrava ormai messa ai margini. Invece, all’improvviso, un Paese stanco e confuso proprio ad essa si è rivolto, trovandovi inaspettate energie pronte ad essere messe in campo. L’elezione di Sergio Mattarella, insomma, pare proprio essere un segno dei tempi.