Opinioni & Commenti
Legge elettorale, riforma sempre più urgente
Se si vuole adeguarsi alla giurisprudenza europea dei Diritti dell’Uomo, che ha sancito il principio per cui, a tutela del diritto dei cittadini a libere elezioni, l’adozione di modifiche sostanziali alla legge elettorale non è consentita nell’anno precedente lo svolgimento delle elezioni stesse, va rimarcato che al legislatore regionale rimangono ormai non più di quattro/cinque mesi, come si è più volte ripetuto da un anno a questa parte.
Oggi, l’attenzione su questi profili è in prevalenza riversata sul versante nazionale, laddove la Corte si pronuncerà in punto di legittimità costituzionale di una legge che il Parlamento in carica – come quelli che l’hanno preceduto – si è dimostrato incapace di modificare. La difficoltà di questa riforma è comprovata anche dal fatto che neppure la stessa Commissione per le riforme costituzionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – i cui componenti non erano espressione diretta di istanze partitiche – su questo tema (come pure sulla forma di governo) è riuscita a trovare un’indicazione univoca. E su ciò, come sulla riforma di un Bicameralismo paritario unanimemente criticato – a parole anche dai parlamentari –, dilaga quel paradosso delle riforme, per cui esse vanno approvate da chi ne subirà le conseguenze.
Nella difficoltà di individuare chi possa fare, sulla riforma elettorale, la «mossa del cavallo», si guarda adesso alla Corte costituzionale, anche in considerazione di quanto già affermato in più sentenze del 2008 e del 2012, laddove la Corte, pur riconoscendo di non poter dare in quelle occasioni «un giudizio anticipato di legittimità costituzionale», segnalava al Parlamento «l’esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici della legge con particolare riguardo all’attribuzione di un premio di maggioranza, sia alla Camera che al Senato, senza che sia raggiunta una soglia minima di voti e/o di seggi», per non parlare dell’esternazione dell’ex Presidente della Corte, Gallo, che sosteneva, nello scorso aprile, che la legge elettorale andasse cambiata e che «il Porcellum è di dubbia costituzionalità».
Anche in una prospettiva di riforma comunque sempre più urgente, nonostante le «orecchie da mercante» della classe politico-parlamentare in carica, come di quella che l’ha preceduta, rimane, al fondo, la considerazione che qualsiasi sistema elettorale ha, comunque, un suo tendine d’Achille, più o meno esposto, e che questo sistema politico ha dimostrato di essere in confidenza più con le frecce avvelenate che con il bene comune del Paese, dimostrandosi fin qui incapace – non solo in questa legislatura –, di superare gli interessi particolaristici di individui o fazioni. La riforma dei sistemi elettorali si impone ed è senz’altro di fatto all’ordine del giorno, ma non è neppure credibile che la rigenerazione del sistema politico-istituzionale possa essere il frutto di questa sola riforma. Essa va accompagnata e sostenuta da una sana e solida proposta politica davvero nuova rispetto alle forze attualmente presenti in campo: una proposta che, in una nuova stagione di riforme costituzionali, elettorali e del costume politico, sia in grado di esprimere nel segno della legalità la rigenerazione sociale ed economica, dell’Italia.