Vita Chiesa

L’educazione alla fede parte dalla famiglia

di Simone GiustiPresidente della Commissione regionale per la Catechesi

Fedele alla consegna di Gesù, la Chiesa non ha mai cessato lungo i secoli di accogliere i più piccoli per aprire loro i tesori della parola di Dio e condurli al Signore, attraverso l’educazione religiosa, la progressiva accoglienza nell’assemblea liturgica e l’ammissione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana.

Ma l’iniziazione cristiana dei ragazzi necessita da sempre dell’educazione alla fede svolta dalla famiglia, essa non può essere supplita se non eccezionalmente e pertanto non si può accettare come normalità di questi tempi che la stragrande maggioranza delle famiglie che si dicono e vogliono essere cristiane, non dia un’educazione cristiana ai figli e si limiti a concedere che vengano al catechismo parrocchiale e raramente alla Messa domenicale.

I primi secoliNella Chiesa apostolica non si incontrano affermazioni esplicite sul Battesimo dei bambini. La prima conversione di un pagano, narrata dal libro degli Atti, è quella di un centurione romano. L’apostolo Pietro, dopo avere annunciato la parola di salvezza a Cornelio e a tutta la sua famiglia, ordinò che «fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo» (At 10,48). Il carceriere di Paolo e Sila, accolta la parola del Signore insieme a «tutti quelli della sua casa…, si fece battezzare con tutti i suoi» (At 16,32-33). Anche Crispo, capo della sinagoga, «credette nel Signore insieme a tutta la sua famiglia» (At 18,8). Nella città di Filippi Paolo battezzò Lidia «insieme alla sua famiglia» (At 16,15) e a Corinto «la famiglia di Stefana» (1 Cor 1,16). Probabilmente nelle espressioni «casa» e «famiglia» sono inclusi anche i figli. Pure sull’educazione religiosa dei figli si conosce poco. Si può ritenere che essa fosse un impegno comune delle famiglie cristiane, secondo quanto esorta l’apostolo Paolo: «Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore… E voi, padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell’educazione e nella disciplina del Signore» (Ef 6,1.4). A imitazione di Cristo soprattutto i padri sono invitati ad ammonire, senza esasperare (Col 3,21) i figli, la cui educazione ha un riferimento privilegiato al quarto comandamento. Per questo viene richiesto ai figli di «praticare la pietà verso quelli della propria famiglia» (1 Tm 5,4) e di obbedire «ai genitori in tutto» (Col 3,20). L’iniziazione cristianaIn contesti culturali e religiosi differenti, con diverse esperienze di vita e organizzazioni sociali, sono sorte varie forme di introduzione alla vita cristiana sia degli adulti sia dei figli ancora minorenni.  Per questi ultimi, secondo le limitate testimonianze dei Padri, si possono identificare alcune forme fondamentali.

Una prima forma di iniziazione prevedeva un’educazione religiosa, soprattutto familiare, nell’infanzia e fino alla preadolescenza, rinviando la decisione per il Battesimo all’età più matura. Divenuto adulto o avendo raggiunto una sufficiente capacità di scelta responsabile, chi decideva di accedere al Battesimo doveva iscriversi al catecumenato e percorrere il cammino formativo previsto. I grandi Padri del IV secolo – quali Basilio di Cesarea, Ambrogio, Giovanni Crisostomo, Girolamo, Rufino di Aquileia, Paolino di Nola, Agostino, Gregorio di Nazianzo -, benché nati in famiglie cristiane e riconoscenti per l’educazione religiosa ricevuta, decisero di accedere al Battesimo solo in età adulta.

Un’altra forma di iniziazione cristiana prevedeva l’ammissione dei bambini di genitori cristiani ai sacramenti dell’iniziazione, a cui seguiva una educazione religiosa a carico soprattutto della famiglia. Il Battesimo degli infanti, presente con ogni probabilità già nella Chiesa delle prime generazioni, è una pratica diffusa nel III secolo ed espressamente attestata a Roma, ad Alessandria, a Cartagine. Secondo la Tradizione apostolica, al termine della solenne Veglia battesimale, prima degli adulti venivano battezzati i bambini, alcuni capaci di rispondere e altri ancora infanti, per i quali rispondevano i genitori o qualcuno della famiglia.

Ordinariamente nei primi secoli non sembra che la Chiesa abbia rivolto una specifica e diretta attenzione all’educazione dei fanciulli perché essa era compito specifico dei genitori cristiani. I bambini dei genitori cristiani, eccetto quelli in pericolo di morte, quando venivano battezzati in tenera età erano associati alla fase conclusiva dell’iniziazione degli adulti, che culminava nella celebrazione unitaria di Battesimo, Confermazione ed Eucaristia durante la Veglia pasquale nella chiesa madre, sotto la presidenza del vescovo.

I genitori, primi educatoriI genitori cristiani erano gli unici educatori della fede dei loro figli. Nel loro compito educativo potevano contare sul sostegno e sull’incoraggiamento dei pastori. Questi esortavano a educare i figli nel timore di Dio e ad ammonirli nel Signore, a raccomandare loro di servire Dio nella verità e di fare ciò che a lui piace, a formarli a operare la giustizia, fare elemosine, pregare Dio, e, all’occorrenza, a frenarli con utili rimproveri. Non mancano Padri della Chiesa, come Girolamo, Origene, Basilio e Agostino, che invitano con insistenza alla lettura della Sacra Scrittura in famiglia. Particolarmente suggestiva è l’immagine scelta da Giovanni Crisostomo nel rivolgersi ai genitori cristiani: «Tornati a casa, prepariamo due tavole: una per il cibo del corpo, l’altra per il cibo della Sacra Scrittura». I genitori con la cura dei figli non solo assolvono a una funzione educativa cristiana, ma svolgono anche un’azione di intermediari nella loro santificazione. In febbraio un seminarioLa Commissione Regionale per la Dottrina della Fede e la Catechesi della Conferenza Episcopale della Toscana ha avviato una rilevazione delle esperienze di «catechesi familiari» in atto in Toscana. Esse saranno analizzate in un prossimo Seminario di Studio nei giorni 1-2 febbraio alla casa Faci di Marina di Massa al fine di indicare alle comunità parrocchiali toscane, percorsi pastorali sempre più idonei per la responsabilizzazione educativa dei genitori cristiani e il loro conseguente protagonismo educativo nell’Iniziazione Cristiana. E a Firenze il catechismo  si fa in «quattro tempi»La parrocchia come luogo di ricerca, di cammini da sperimentare con umiltà e coraggio, cercando di cogliere il cambiamento come un’opportunità di crescita per tutta la comunità. La parrocchia dell’Isolotto, a Firenze, può considerarsi in questo capofila di una bella esperienza iniziata nel 2004 e ora diventata esempio da seguire per altre 20 parrocchie della diocesi fiorentina. Questo nuovo metodo di catechesi chiamata «a quattro tempi» parte da Verona dopo un percorso di riflessione per «riformulare l’iniziazione cristiana dei piccoli, uscendo dallo schema scolastico, coinvolgendo i genitori e valorizzando la domenica». Un percorso che ha degli obiettivi specifici come si evince dal programma molto dettagliato: «recuperare il ruolo centrale della famiglia nella comunicazione della fede, aiutando i genitori a riscoprire una fede adulta in vista della testimonianza ai loro figli; valorizzare meglio il Giorno del Signore e l’Anno Liturgico all’interno del cammino di iniziazione; favorire il passaggio del catechista “single” ad una “squadra” e far interagire maggiormente la comunità cristiana; offrire ai bambini un’esperienza (non una lezione!) di catechismo vivibile per tempi e modi, uscendo dall’impossibile costrizione dell’oretta dopo il doposcuola».

All’Isolotto abbiamo incontrato una catechista-mamma e un genitore, entrambi coinvolte in questo cammino. Elisabetta Guerrieri, da molto tempo impegnata in questo progetto ci ha raccontato come tutto è nato circa 3 anni fa in collaborazione con l’Ufficio Catechistico Diocesano e in particolare con Serena Noceti, che ebbe l’idea di proporre l’esperienza di Verona a questa parrocchia: «è molto importante come tutto l’impianto si fondi sullo studio della Parola, su un itinerario biblico studiato con l’Ufficio Catechistico che ha pensato anche a tutto il materiale di supporto. Al centro c’è sempre la famiglia: i bambini, ma anche i genitori nel loro importante ruolo di primi e più importanti educatori; questo metodo li aiuta a recuperare la loro maturità e responsabilità di fede». Il metodo «a quattro tempi» consiste in questo: ogni mese ci sono quattro incontri, il primo con i genitori ai quali viene spiegato il brano biblico sul quale, a loro volta, dovranno riflettere con i loro bambini; il secondo incontro prevede proprio una lezione di catechismo, tra le proprie mura domestiche, dei genitori ai loro figli su quanto appreso, il terzo incontro di circa 2 ore, è tra i catechisti e i bambini; questa è un’esperienza forte di accoglienza, è un giocare insieme, ed insieme parlare di Gesù facendo gustare ai bambini la bellezza di questi momenti che resteranno poi nel tempo ricordi significativi. «In questo incontro con i bambini – spiega Elisabetta – partiamo sempre dall’esperienza fatta con i genitori a casa perché è molto importante il senso di continuità che loro devono vivere». Il quarto incontro è dopo la Celebrazione Eucaristica della domenica, quella delle 10 dedicata ai bambini: «dopo la Messa ci riuniamo per scrivere e riflettere su un “diario di bordo” del mese trascorso ed insieme si fanno anche alcune riflessioni su determinati momenti della liturgia».

Qual è la grande novità di questo nuovo metodo? «Questo progetto non solo coinvolge le famiglie, ma le rende protagoniste ed inoltre in quei rari casi in cui una famiglia non può fare questo tipo di percorso con il proprio figlio, è previsto una specie di “tutoraggio”, cioè un’altra famiglia si occupa di quel bambino il quale così ha comunque la possibilità di vivere questa esperienza». Quindi nessun problema? «Per noi genitori – risponde la signora Sabrina Failli – questa esperienza è bella, ma anche molto impegnativa per il tempo da dedicarci, per lo studio per la riflessione personale che sei chiamato a fare e anche perché sei direttamente coinvolto nella formazione di tuo figlio; a volte poi possono nascere delle incomprensioni con l’altro genitore che magari non è d’accordo e quindi è difficile conciliare poi il tutto». «Per noi catechisti – sottolinea Elisabetta Guerrieri – la fatica sta nel fatto che sei coinvolta non solo con i bambini, ma anche con gli adulti e questo comporta un maggiore impegno sul fronte dello studio e della formazione».

Nicoletta Benini