Monna Margherita, moglie di Francesco di Marco Datini, era sterile. Fu così che il mercante, con il tacito consenso della moglie, per assicurarsi una discendenza, generò un figlio con la serva Ghirigora. Purtroppo morì di pochi giorni. Quattro anni dopo da un’altra serva del Datini, Lucia, nacque Ginevra, che Margherita allevò come fosse figlia propria.Il medioevo insomma, come la vita del nostro concittadino illustre ricorda, praticava frequentamente la fecondazione eterologa, ovviamente con i metodi di allora, ovvero per via del tutto naturale.Appare quindi fuori luogo l’uso dell’aggettivo «medievale» con cui molti detrattori qualificano la legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita, che tra i suoi punti qualificanti ha il divieto dell’eterologa. Anche Linda Pieragnoli, coordinatrice delle donne Ds di Prato, non si è sottratta a questa «moda»: nell’appello che ha lanciato di recente si legge infatti: «Le donne dei Democratici di Sinistra si impegneranno per raccogliere le firme per i referendum sulla procreazione assistita, per cancellare norme medievali e disumane della legge 40. Si tratta di una doverosa battaglia di libertà, un impegno nato in Parlamento e nel paese già prima che la legge venisse approvata, già prima che si facessero enormi passi indietro. È una battaglia di civiltà e saggezza». E giù giù con aggettivi roboanti fino «all’appello a tutte le donne e gli uomini pratesi perché diano il loro contributo ad una battaglia di civiltà, di laicità, di parità», perché «è una legge iniqua e sbagliata» e perché «da uno Stato laico ci si aspettano leggi laiche». Toni, insomma, da crociata, questa sì, davvero medievale.Non che i referendum siano sostenuti soltanto dalla sinistra; anzi, la proposta trova molti consensi anche nel centrodestra sia a livello locale che nazionale. È che assistiamo, a Prato come in tutta Italia, ad uno sbrigativo appiattimento dei Ds su posizioni pannelliane di radicalismo e liberismo etico-politico. Ci sia permessa soltanto questa osservazione. Su temi così fondamentali, che attengono all’origine stessa della vita, ci aspetteremmo un coraggioso e onesto confronto sui valori in gioco. Di tutto questo nell’appello non c’è traccia: le donne Ds – secondo un vizio comune a molte loro «antenate» – preferiscono affidarsi a facili slogan ad effetto. Ma tutto questo stride in modo sostanziale con quel principio di laicità tanto invocato. Se per laicità, infatti, si intende il rifiuto di ogni dogmatismo e l’assunzione della ragione come metodo di conoscenza delle cose, ebbene questo appello tradisce il senso genuino del concetto stesso di laicità. Sinceramente ci pare che la Pieragnoli, senza accorgersene, finisca per sostituire alla laicità il laicismo, che come tutti gli «ismi» è nient’altro che un’ideologia. La laicità, prima di predicarla, bisogna saperla incarnare. Altrimenti la facile scorciatoia della crociata è sempre dietro l’angolo. Anche per le donne diessine.